mercoledì 26 settembre 2012

dove luciano cerca una definizione per l'intellettuale ma alla fine lascia perdere

Che cosa significa, per cominciare, la parola “intellettuale”? Un autore che in questo dopoguerra ebbe particolare e meritata fortuna fra i lettori di sinistra affermò che per intellettuale deve intendersi chiunque non eserciti un lavoro manuale. Una definizione generosa, abbondante e perciò poco attillata, che andava larga: dal prete al portalettere, su su fino a Benedetto Croce, tutti quanti cadevano nel cestone della intellettualità. Rinunciamo subito a questa definizione e rivolgiamoci al dizionario. Ne esistono molti a buon prezzo, e del resto li possiamo consultare gratuitamente nelle biblioteche.
È intellettuale, dice l’uno, chi vive nel mondo degli studi e dell’intelligenza. Vive, d’accordo, ma cosa ci fa, in quel mondo? Uomo, dice l’altro, di cultura e giudizio elevato. Oppure: persona colta, con l’animo aperto ai godimenti dello spirito. Una definizione, come si vede, molto vaga e anche viziosa, perché si morde la coda: persona colta è un modo di dire molto approssimativo, riferibile anche a chi abbia terminato la scuola dell’obbligo; anima e spirito sono pressappoco la stessa cosa, sicché dovremmo concludere che l’anima dell’intellettuale si apre al godimento di se medesima, e cioè a una forma di vizio solitario, sconsigliato dai medici del passato, e non raccomandato mai da nessuno. E allora?
Sarà meglio lasciare tutto nel vago, non tentare neanche una definizione precisa.

Luciano Bianciardi, Non leggete i libri, fateveli raccontare, Stampa Alternativa, Roma 2008, pp. 9-10

2 commenti:

kalz ha detto...

Lo rivedo sempre volentieri. C'è anche la Maria Jatosti http://www.youtube.com/watch?v=-87vk5fMFGM

paolo f ha detto...

Essere un intellettuale è sempre stata la mia ambizione. Ma gli accidenti, gli inganni e le necessità della vita mi hanno portato per strade impervie e m'hanno allontanato dalla via: ora mi ritrovo né carne né pesce, un cane sciolto, in pratica un anarchico.