lunedì 31 gennaio 2011

fascismi, nazismi, esotismi

Sabato scorso, sulla 7, ho assistito alla replica di Ausmerzen, di Marco Paolini, in cui l'autore-attore descrive, carte alla mano, la nascita in Germania dell'eugenetica – il sogno della purificazione del sangue di una nazione intera concretamente sostenuto dalla nozione dell'inutilità di sfamare le bocche di gente inutile al progresso del paese. I prodromi del nazismo, ha spiegato, cominciano a manifestarsi mentre le città d'Europa prendono a scintillare di belle époque, al tempo in cui, tra l'altro, si costruisce la Tour Eiffel e nei pressi dell'Esposizione Universale si allestiscono recinti nei quali sono rinchiusi, per la curiosità dei convenuti, umani di paesi lontani. E siccome tutto si tiene, mentre domenica pomeriggio sfogliavo il Diario di Jules Renard (meglio conosciuto come l'autore di Pel di carota), mi sono imbattuta nella seguente nota, datata 19 settembre 1895: "Ieri, all'Esposizione, siamo andati a veder i negri del Sudan. Un odore di insetti schiacciati. Donne che portano sulle spalle i loro bambini con la testa ciondolante. Qualche donna macina un pugno di miglio dentro una ciotola. Una, bella, pulisce il suo bambino, e mostra intanto le sue belle cosce brune, piacevoli, tentatrici. Un bambino si tuffa, in un laghetto verdastro che farebbe schifo anche alle anatre, raccoglie il soldo che gli è stato gettato e se lo mette in bocca.
Cuciono senza ditale, usando le spine invece degli aghi.
Qualcuno ha la testa intelligente, ma la maggior parte ha una espressione infantile. Appena sono arrivato, sento nella folla qualcuno che mi fa solletico alla pancia: è un bambino negro che bacia il mio gilè e dice: "Soldo! Soldo!". Gli do un soldo, e lui lo bacia. Alcune donne giovani buttano baci con la punta delle dita in cambio di un soldo. Vengono a toccarci con curiosità le barbe, e le loro mani ci passano davanti al viso come ali di pipistrelli. Le loro case sono uguali a quelle che noi facevamo da bambini. I seni delle donne hanno la forma di grossi soffietti per la polvere insetticida".
Jules Renard, Per non scrivere un romanzo - Diario 1887-1910, Serra e Riva Editori, Milano 1980

Fin qui nazismi ed esotismi. Di fascismi, invece, parla la storia che Guido Vergani narra nell'aletta di copertina del libro, raccontandoci che suo padre Orio, licenziato nel 1943 dal "Corriere della Sera" per non aver voluto aderire alla Repubblica di Salò, intraprende la traduzione dei diari di Renard per ricominciare a lavorare e a vivere. Il volume sarà pubblicato poco dopo la Liberazione, nel giugno del 1945.

Bonus
Il 1895 è anche l'anno del primo processo a Oscar Wilde, del quale Renard scrive:

13 aprile
Nel processo di Oscar Wilde una cosa ancor più comica che l'indignazione di tutta l'Inghilterra è l'atteggiamento di pudore offeso di certi francesi che noi conosciamo molto bene.

6 dicembre
Firmerò anch'io la domanda di grazia per Oscar Wilde, a condizione che egli dia la sua parola d'onore di non scrivere più.

Leggere il diario di Renard, se ne trovate una copia in giro, sarà senz'altro cosa dilettosa. Si può leggere in ordine cronologico o a balzi, secondo il gusto dell'autore, maestro della phrase courte: "E' più bello scrivere a piccoli scatti, su cento soggetti che sorgono all'improvviso, sbriciolando, per così dire, il proprio pensiero. Così, nulla è sforzato, e tutto conserva il fascino delle cose non premeditate  e naturali. Non è necessario provocare. Basta attendere".
Un autentico blogger nato nel 1864.




immagine courtesy simonamaggiorelli.wordpress

sabato 29 gennaio 2011

florilegi contemporanei_educazione della prole


RAGAZZE DOTATE DI SENSO PRATICO
Do ut des, cioè
Iris: Un cliente, però, cioè, ci vuole anche in un rapporto come il nostro cioè, è un dare e avere, qua io do la figa e non ho un cazzo, cioè
Iris Berardi, nata il 29.12.1991, abile al lavoro
Conversazione telefonica del 14 ottobre 2010 con Roberto, un cliente che si crede un fidanzato

GENITORI DOTATI DI SENSO PRATICO
Cuore di mamma
Iris: Tra un po’ dovevo mettermi a piangere per avere quello che ho avuto oggi.
Madre: Cosa ti ha dato? Cinque?
Iris: Sette
Iris Berardi, nata il 29.12.1991, abile al lavoro
Conversazione telefonica del 20 settembre 2010 con sua madre

GENITORI UOMINI DI MONDO
Cuore di papà
T.M.: Sì ma quello che mi ha, diciamo fatto pensare è che un conto che le cose avvengano in disparte no, un conto
Padre: Davanti a tutti??
T.M.: Sì sì ma te la dico in una parola per essere fini... un puttanaio
Padre: Ma ho già capito... un’orgia.
T.M.: No, no, no, no, no, non no alt no però cioè hai capito diciamo che gli approcci erano quelli però non è che c’è niente di...
Padre: Ah gli approcci erano quelli
T.M.: Però sì, sì, sì, sì
Padre: Tipo mani in mezzo alle gambe robe così?
T.M.: Sì quelle robe se dai
Padre: Anche lui?
T.M.: No no, no, no solo lui
Padre: Solo lui
T.M.: Verso le verso le 20 che c’erano
Padre: Solo lui mmhh
T.M.: C’era il suo amico (incomprensibile sembra lecchino)
Padre: Va bene va bene va bene ho capito
T.M., ex compagna di scuola di Nicole Minetti, invitata a una festa presso la casa di Silvio Berlusconi 
Conversazione telefonica del 20 settembre 2010 con suo padre

fonte: Invito per la presentazione di persona sottoposta ad indagini inoltrato dalla Procura della Repubblica di Milano a Silvio Berlusconi, 13 gennaio 2011.






venerdì 28 gennaio 2011

per favore non taggarmi

chi scrive usa facebook (poco profittevolmente, ché ancora non ha approfondito i modi per essere sempre presente, sul pezzo, aggiornante, ficcante e sollecitante, per far sì che il resto del mondo nulla si perda della sua ineludibile genialità) fondamentalmente per fare un poco di pubblicità alla sua aziendina editoriale a conduzione familiare. perciò  lo apre, invia qualche post, legge le cose altrui. ignora ancora molte cose sul mezzo, operazioni sofisticate che probabilmente un giorno le insegnerà sua figlia adolescente. spesso legge divieti e restrizioni, l'ultimo poco fa, da parte di una giornalista: "cari amici, per favore non mi taggate". altri dichiarano di odiare la chat, e che quindi non vogliono chattare e quindi per favore non rompete. per contro, qualche settimana fa mi sono imbattuta nell'agghiacciante dichiarazione al mondo di una professionista in congedo per maternità, da poco produttrice del fatidico "terzo figlio", del tenore "cosa sto facendo in questo momento? allatto, allatto, allatto". così come ci si imbatte in fotografie di neonati, relazioni su gite fuori porta, fotografie dell'ultima vacanza, réclames di agriturismi bio. riporto l'attenzione sulla questione dei divieti e mi chiedo: questa gente che vuole essere presente (perché ha scritto un libro, perché vuole che si leggano i suoi articoli, perché perché perché) non potrebbe essere un pochino più tollerante? se proprio si vuole selezionare a tutti costi il feedback relativo alle proprie attività, credo che facebook sia il posto meno idoneo.

giovedì 27 gennaio 2011

non scritti per la storia

Da sinistra, Michele Sarfatti, Marco Palmieri, Mario Avagliano

L'attore Renato Sarti legge alcuni brani dal libro
Lo storico Michele Sarfatti, direttore del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano e autore della prefazione del libro

Ieri sera, in un'anteprima della Giornata della memoria, presso la Feltrinelli Express della Stazione centrale di Milano si è tenuta la presentazione degli Ebrei sotto la persecuzione in Italia, di Mario Avagliano e Marco Palmieri. Nelle strette vicinanze del Binario 21, dove sorgerà il Museo della Shoah, nella bella sala allestita dalla Feltrinelli al terzo piano, Renato Sarti ha letto, in apertura e chiusura, alcuni brani dal libro: lettere e diari di persone che da un momento all'altro hanno visto la propria vita mutare radicalmente, che improvvisamente non sono stati più italiani ma solo ebrei. Nei loro scritti, più che l'angoscia, si registra uno stupito smarrimento; dato che sono redatti "in tempo reale", in essi non esiste la prospettiva della morte ma solo la restituzione del contesto. Avagliano e Palmieri ricostruiscono, attraverso le voci degli anonimi – meccanici, casalinghe, professori, studenti frastornati per l'improvviso divieto di frequentare la scuola  –, il percorso della persecuzione italiana degli ebrei dagli inizi della propaganda, nel 1937, alle leggi razziali del 1938, fino alla deportazione e ai pochi ritorni. Sono prevalentemente voci di persone comuni, di vittime non ancora pienamente consapevoli; i loro scritti non sono viziati né mediati, poiché non sono scritti per la storia.
Terminata la presentazione, mentre mi avviavo all'ascensore, una signora dall'aria un po' depressa, con strofinaccio arafatiano al collo, mi consegna un volantino dal titolo "Storie dal Medio Oriente - i conflitti e le loro radici", in cui mi si informa che da gennaio a giugno, presso Chiamamilano, si svolgerà una serie di incontri a cura di Parallelo Palestina. Per inciso, questa inquietante presenza all'uscita mi appare come la rappresentante di una sorta di controgiornata della memoria, il messaggio mi suona come "Sì, certo, abbiamo parlato degli ebrei, ma adesso pensiamo ai palestinesi" – come una sorta di arrogante memorandum. E insomma poi vado nel sito di questi adoratori del rap palestinese, della pita e dell'hummus – li propongono implacabilmente tutti e tre alla fine di ogni incontro da Chiamamilano, apprendo dal volantino –, clicco su "Chi siamo" e invece di leggere biografie e vedere volti trovo un asciutto indirizzo mail. Clicco su "Partecipa" e trovo "50 modi per agire". Incuriosita e desiderosa di partecipare, leggo e apprendo che PP, nel quadro della sua volontà di "parlare di diritti umani e di pace basandosi sul rispetto del diritto internazionale", propone, tra le altre cose, di "Educare se stessi, visitando la Palestina e scrivendone"; e poi: "Avvia un tuo gruppo o unisciti a un'organizzazione già esistente che funzilavora per la giustizia. Basta cercare su google la tua città con la parola Palestina per identificarne una" – "funzilavora"? ma non è Parallelo Palestina, è l'Oulipo; "Sviluppa stretti rapporti di lavoro con i partiti e i gruppi progressisti nel tuo paese" – questo mi dice che basta cercare un gruppo progressista e tutto va a posto da sé; "Collabora o avvia una campagna di boicottaggio culturale e accademico": massì, contestiamo qualche professore israeliano, o buttiamo dalla finestra i libri, non so, di Saul Bellow o di Allan Bloom; "Srotola uno striscione da un ponte stradale o da qualsiasi altro punto pubblicamente visibile" – qui riconosco la creatività ma non posso fare a meno di chiedermi: sullo striscione devo scrivere qualcosa o basta srotolarlo dal ponte stradale in un impeto suicida?; "Organizza una cena con cibo arabo e mostra alla gente il ricco patrimonio culturale tradizionale come gli abiti ricamati che risalgono all'epoca Cananitica" – anche qui apprezzo la valorizzazione delle arti applicate di Canaan e mi chiedo: l'abito ricamato che dovrei portare ad esempio del ricco patrimonio culturale, dove lo trovo?
E comunque i signori di Parallelo Palestina sono tutto sommato consapevoli dei loro limiti, se in testa ai cinquanta modi per agire ci dicono: "Shhh!...  Abbiamo bisogno di aiuto per tradurre testi  e video. Contattateci!". In effetti un buon traduttore professionista, al sito, servirebbe.

lunedì 24 gennaio 2011

museo delle parole 2

Nella conclusione dello straziante La cassierina di Carlo Dossi, la parola più che desueta, ma quanto vivida: calamarenti.

"Tu!", disse Alberto.
La ragazzetta alzò due occhioni neri e calamarenti*.
"Ti batteranno, eh?", domandò egli con una voce pietosa.
Ella bassò la testina e sospirò.
"Prendi", fe' Alberto, rovesciandole in grembo tutto che insaccocciava... e soldi di rame, e soldi di argento. Poi, fuggì via.
Due sguardi maravigliati e di riconoscenza lo accompagnarono. Ei non li vide; li sentì.


Carlo Dossi, La cassierina, in AA.VV., Racconti della Scapigliatura milanese, De Agostini, Novara 1968.


* con le occhiaie.

asini e confetti

in questi giorni di grande frenesia lavorativa, e col percorso del tram numero due irrimediabilmente cambiato,  mi fermo sul mio mezzo preferito giusto il tempo di abbracciare la platea con uno sguardo nostalgico e, quando va bene, di afferrare un datato free press abbandonato su un sedile.
ed ecco qualche risposta a un sondaggio sulla lettura, pubblicato il 21 gennaio 2011, che ho trovato sul "city". la domanda era "un italiano su due non legge mai un libro. cosa ne pensate?", le risposte sono giunte via sms.

1. progressista: "secondo me succede perché c'è internet che è una grande biblioteca". pejo

2. "forse perché un libro, per l'italianetto, non ha né le forme di un iphone, né quelle di un televisore. signori, non sono per gli asini i confetti". gillian

3. "nessuno legge libri perché la tecnologia ha avuto il sopravvento!". paolo e michele

4. "oggi interessa leggere più i link su facebook che un bel libro! si dovrebbero educare da piccoli i bambini a leggere e ad amare i libri!". cristi

5. "è una bella notizia. io ero molto più pessimista". vespino

6. sferzante: "chi l'avrebbe mai detto? quando sono in giro, soprattutto in auto, ho sempre l'impressione di essere circondato da letterati". orso 63

7. letterario: "'quando penso a tutti i libri che mi restano da leggere, ho la certezza di essere ancora felice' (jules renard)". fantalou

8. "aggiungerei che la metà di quelli che leggono, poi non capiscono quello che hanno letto!". ame

9. è tutta colpa del cavaliere: "con lo stile di vita e i valori che il berlusconismo ha contribuito a diffondere, leggere è considerato una inutile fatica e perdita di tempo. che ci possiamo aspettare". lisa

10. prolifica + italiani brava gente: "sono straniera, ho tre figli laureati, uno al liceo e un marito che non ha mai letto un libro. ma è una brava persona". anonima

11. sbrigativo lombardo: "un libro lo può leggere solo chi non ha niente da fare. un italiano su due ha ben altro da pensare". anonimo

immagine courtesy dailyfork.com

martedì 18 gennaio 2011

cose che accadono in televisione, che riguardano alcuni scrittori e che aldo grasso ha biasimato

qui

nel caso foste morti

qui

nel caso foste innamorati

qui


immagine courtesy wikimedia commons.

lunedì 17 gennaio 2011

la strada dell'eterno natale

E' quella sulla quale dà uno dei balconi di chi scrive. L'appartamento di fronte è popolato dalle Sorelle Materassi, una coppia di signore che sta tra Palazzeschi e Gozzano, tali e tante sono le buone cose di pessimo gusto che si vedono o si intuiscono attraverso le tendine. Le sorelle sono meravigliose: posseggono fiori veri e fiori finti, gatti veri con i loro alberi finti su cui farsi le unghie, gigantesche bandiere dell'Inter che non mancano di esporre quando la loro squadra le rende contente, mobili di fattura antiquata. Soprattutto, le Materassi sono le autentiche adoratrici del Natale, una festa che a casa loro dura ogni anno sino a febbraio inoltrato, luci esterne, babbi natale rampicanti, albero* e tutto.


*nella finestra a destra forse si riesce a intravedere un paio di lucine. scusate l'imperizia.

sabato 15 gennaio 2011

conseguenze natalizie_per sempre lontano

cose belle
Uno dei regali più belli ricevuti per natale è Per sempre lontano (qui se ne trova qualche cenno) di Amy Bloom, un libro che mi ha presa come non accadeva da tempo, del quale leggo sul sito Einaudi che è stato un bestseller dell'anno 2007. Mi sono immersa negli avventurosi viaggi di Lillian Leyb – di cui ho ammirato la determinazione nel perseguire il suo obiettivo d'amore e il suo abbandonarsi agli accadimenti in itinere e ai compromessi, perlopiù sessuali, cui deve sottostare –  senza badare ad altro che non fosse il libro. Una delle cose eccellenti che riguardano questo testo è la traduzione di Giovanna Granato, che scorre magnificamente in sé, nella lingua di destinazione, e neanche per un momento mi ha sollecitato un confronto con l'edizione originale. L'altra cosa che attrae è un alone di onestà che pervade tutta la narrazione: pur nell'artificio massimo del romanzo, l'autrice presenta le persone in tutta la loro candida schifezza morale, e alcuni memorabili buoni.
C'è una storia nella storia molto romantica: una ex compagna di detenzione di Lillian, una piccola truffatrice cinese di nome Cina Chang, che uscita dall'istituto di pena e diretta a Vancouver, sulla nave si innamora di Cleveland, un candido ragazzo mormone col quale condurrà un lungo matrimonio felice, così: "Quando Cleveland muore di vecchiaia, Cina si taglia le lunghe trecce grigie e le porta nella camera mortuaria affinché lui le abbia sul corpo quando lo seppelliscono.
Cina prende tutte le digitali purpuree dal giardino fiorito che ha allestito dietro la ferramenta, tagliuzza i fiori rosa, viola e azzurri ... tagliuzza anche gli steli e gli stami e li mangia a quattro palmenti, bagnandoli con il whisky. Il ragazzo inuit che le porta la spesa trova il cadavere seduto su un cuscino di seta cinese ricamato a mano, i petali azzurri, rosa e viola disseminati sulla camicia da notte".
E la formidabile descrizione del confronto con una zanzara: "Un istante prima che la zanzara le trafigga la pelle a Lillian pare di sentirsi esaminare da quell'intelligenza limitata, e intanto l'animale le piazza le zampe tra i peli sottili del collo o del polso predisponendosi a un affondo rapido e violento e a una lenta ritirata ...".
E due bellissime parole:

1. bozzima, secondo il Sabatini Coletti online "liquido colloso nel quale vengono immersi i filati prima della tessitura per renderli più resistenti, lisci e flessibili";
2. motriglia, secondo il Gabrielli online "fanghiglia".

cose meno belle
nel corso della lettura sono stata disturbata da una serie di refusi:
1. p. 54: dì con l'accento in luogo di di' con l'apostrofo per segnalare l'elisione;
2. p. 98: libricino in luogo di libriccino (pare si possa scrivere in entrambi i modi, ma io sono affezionata al secondo);
3. p. 103 le camice in luogo di le camicie;
4. p. 206, Dà in luogo di Da' con l'apostrofo per segnalare l'elisione;
5. p. 218, viene del nulla in luogo di viene dal nulla
6. quarta di copertina: la protagonista, di nome Lillian, viene indicata come Lilian, con una sola elle.

La collana è "Stile (troppo) libero". I refusi suscitano in chi scrive la nostalgia di tempi che non ha conosciuto, ma di cui ha letto una cronaca affettuosa: "[Oreste Molina, al tempo il direttore dell'ufficio tecnico Einaudi, n.d.r.] Governa i suoi uomini con pugno di ferro. ... Lui dei redattori non si fida. Per questo si fa consegnare le bozze dei lavori più delicati e nottetempo verifica, corregge, sistema. ... La qualità per cui la casa va famosa (almeno tre giri di bozze per ogni titolo, fino a trentacinque correttori regolarmente assunti, negli anni settanta) comporta anche sacrifici umani. ... I libri di Molina sono l'immagine della perfezione grafica. Dice di lui l'Editore: 'E' un orologiaio'. In fondo è Molina il vero capo della redazione".
Ernesto Ferrero, I migliori anni della nostra vita, Feltrinelli, Milano 2005.

martedì 11 gennaio 2011

albanacco_william james

Oggi nasceva, 169 anni fa, William James. Fratello di Henry, scrive che le narrazioni di quest'ultimo gli rimandano "un'impressione come quella che spesso riportiamo della gente  nella vita reale: le loro orbite escono dallo spazio e si adagiano per un breve tempo accanto alle nostre, per poi turbinare un'altra volta nell'ignoto, lasciandoci poco più di un'impressione della loro veridicità e una sensazione di curiosità frustrata quanto al mistero dell'inizio e della fine del loro essere".

lunedì 10 gennaio 2011

nelle pause delle vostre quotidiane occupazioni

Nel luglio del 1967 usciva, per i tipi delle Nuove Edizioni Milano, un agile volumetto dal titolo Tu donna: 164 pagine che coprono tutto lo scibile donnesco, secondo la partizione indicata dai capitoli: Per la tua casa, Per la tua bellezza, Per la tua salute, Per i tuoi figli, Per la tua cultura, Per il tuo lavoro, Per il tuo tempo libero. Gli autori si chiamavano Biki, Rosellina Archinto Marconi, Emilio Radius, Graziella De Florentiis. Quest'ultima, docente di letteratura italiana, è titolare del capitolo Per la tua cultura. Ecco cosa ha da dire la Graziella all'aspirante donna moderna degli anni a cavallo ta i sessanta e i settanta: "La donna, fatte le debite eccezioni per colei che fa parte del mondo stesso della cultura e che si dedica a un lavoro extra domestico, o perché presa da un'infinità di altre faccende – il marito, i figli, la casa, la moda, la cura della propria bellezza, le amiche –  o infine perché seriamente intimorita al cospetto di una 'cultura frutto di severi anni di studio', accademica e togata, rifugge in generale da tutto ciò che superficialmente definisce 'intellettuale', confondendo perlopiù la cultura con l'erudizione, la pratica scientifica con la conoscenza. ... Qual è il rimedio a questo stato di cose? Come evitare di sentirsi umiliate di fronte a certi 'pozzi di scienza' a volte così pieni di sé da suscitare antipatia a prima vista? ...
Il primo amico, in questo senso, è il libro. Oggi vi è una tale gamma di edizioni ... che la lettura diviene accessibile a tutti. ... Un consiglio: quando avete un minuto disponibile, durante l'uscita per le commissioni e per la passeggiata, soffermatevi sempre davanti a una libreria. Le innumerevoli 'novità' vi si offriranno allettanti e se non riuscirete a resistere all'invito e acquisterete un libro da leggere nelle pause delle vostre quotidiane occupazioni, siate certe di questo: avrete sostanzialmente contribuito con un minimo sacrificio e quasi senza accorgervene ad arricchire il vostro bagaglio culturale. ... E quale gradevole sorpresa per lui, per il 'padrone di casa', lo scoprire di poter conversare di tante cose con la propria compagna e, magari, scorrere insieme a lei le pagine di un quotidiano, seguire dal video il telegiornale o qualche interessante inchiesta per poi commentarne insieme le conclusioni!".

domenica 9 gennaio 2011

things i cannot live without

NON si può fare assolutamente a meno di guardare il video e la storia dei MACCABEATS.

sabato 8 gennaio 2011

warning: explicit content

Non credo, nella mia vita di lettrice, di aver incontrato un'erezione più delicata e scanzonata della seguente:

"... E poi potremmo imboccare il grande viale alberato costeggiando per un po' il piccolo parco giochi, con i bambini intenti a saltare su quelle molle, camminando sul marciapiede un po' attaccaticcio per via delle spore dei tigli, tutto un po' sollevato per le radici a fior d'asfalto, continuando sempre a tenerci per mano così, emozionati, molto molleggiati, lei con una nuova blusa a pois bianchi su fondo bianco, io coi capelli bagnati e ben pettinati, i calzoni tutti ben lievitati sul davanti, dove c'è la cerniera, perché in questi casi succede anche questo, bisogna pur dirlo... E tutte le persone che ci incontrerebbero farebbero tanto d'occhi, e una direbbe 'Accidenti, quella lì com'è profumata!' e un'altra direbbe 'Accidenti, com'è fortunato quello lì ad andare a spasso con una così profumata!'".
Antonio Moresco, Storia d'amore e di specchi

immagine courtesy fulloma.com

be inspired

Per completare alcuni lavori da consegnare ad alcuni editori:

1. alla mia sinistra, un bicchiere di Müller-Thurgau ghiacciato;


2. nel cd player del mio Macintosh: suonato da Jordi Savall, Ostinato.


Signori, sto filando come un treno.

giovedì 6 gennaio 2011

samuel johnson sul cambiamento

Dice Samuel Johnson al suo biografo James Boswell, in risposta a una lettera di quest'ultimo, il 22 luglio 1777: "... Avete fatto bene a prendere la casa di vostro zio. Qualche cambiamento nelle forme di vita dà di tanto in tanto una nuova epoca nell'esistenza. In un posto nuovo c'è qualcosa di nuovo da fare, così nella mente sorge un nuovo sistema di pensiero. Mi piacerebbe cogliere il ribes nel vostro giardino. Allestite dunque un piccolo studio, e tenete i vostri libri a portata di mano; non lesinate un po' di denaro per rendere l'abitazione gradevole a voi stesso".

James Boswell, The Life of Samuel Johnson, LL.D., 4 voll., vol. III, London 1820, p. 144.


La veloce traduzione di servizio è di chi scrive; sono mesi che cerco senza successo la biografia di Boswell tradotta in italiano in un volume pubblicato da Rizzoli, fuori catalogo. Qualcuno all'ascolto ce l'ha? Vuole vendermela a caro prezzo? Vuole almeno farmela annusare?

parlare e scrivere bene

In alcuni siti di signore, quando si deve scrivere "tutti" per intendere tutti e tutte, si preferisce scrivere "tutt*". Quell'esoterico segno mi ha tratta in inganno più di una volta, poi mi sono detta che tutti quegli asterischi non potevano essere un refuso, e finalmente ho compreso. La cosa mi ha provocato lo stesso sconcerto di cui caddi preda la prima volta che, giovanissima, vidi scritta in un testo la parola alterata "D -o". In entrambi i casi l'effetto più comico si raggiunge trasferendo lo scritto nel pronunciato. Provate a profferire "tutt" senza sembrare Paperino incazzato e mantenendovi seri. Pardon, "ser*".

mercoledì 5 gennaio 2011

c'è libreria e libreria (meno male)

Stanza della biblioterapia presso la libreria Mr B's Emporium of Reading Delights, a Bath: caffè gratuito, comode poltrone e caminetto acceso nelle giornate fredde
È un rarissimo giorno in cui posso disporre come credo di tutto il mio tempo, pertanto il mio felice programma, confezionato da ieri sera, è il seguente: vado a comprarmi una maglietta, poi pranzo e scrivo la mia breve introduzione a un progetto per un editore alla Feltrinelli di corso Buenos Aires. Un programma del genere (esclusa la maglietta: a meno che uno non si voglia trovare a indossare qualche orrenda t-shirt contro il razzismo o con qualche citazione di Nietzsche sulle stelle danzanti), si può ovviamente concepire e svolgere solo in una Feltrinelli dotata di bar e poltrone da consultazione/pennichella (oppure alla strepitosa Biblioteca della Frera di Tradate, ma quella è un’altra storia), e non in una piccola libreria sguarnita (peggio ancora se è anche guarnita, come a volte accade, di libraio maleducato, depresso o umorale). Avrei potuto pensare, poniamo, alla Mondadori di piazza Duomo, che tuttavia è un luogo assai cheap, con un bar altrettanto cheap che propone cibi e bevande cheap – e questo nonostante sia l’importante libreria di una delle più importanti case editrici d’Italia, collocata in una delle piazze più importanti d’Italia, trasformatasi, hélas, anch’essa in un posto tremendamente cheap senza aver nulla di gradevolmente pop –, e che in ragione di ciò è un luogo nel quale non si sosta volentieri, in cui l’avventore non si sente mai completamente a proprio agio. Condivide senz’altro con la Feltrinelli la generale natura di grande magazzino, ma la Feltrinelli conserva tuttora una grazia di fondo, non fosse che per le poltrone accoglienti e il jazz o l'easy listening di buon livello che fanno da sfondo alle consultazioni e agli acquisti. Io dico, allora, che le librerie servono tutte, grandi e piccole, indipendenti o schiave in catene che siano. Servono quelle dotate di libraio amico o amichevole con cui scambiare due parole e confrontare gusti, inclinazioni libresche della vita o del momento; servono quelle come la Feltrinelli, dove si può sostare seduti da mane a sera, dove si può andare se non si ha voglia, in qualche particolare momento, di essere importunati con il temuto “Posso aiutarla?”, dove si può stare in mezzo ai libri senza confrontarsi con i librai, e se si è proprio di cattivo umore o non si desidera deconcentrarsi si può anche evitare di dire “Buongiorno”. Tutto serve, si diceva, e purtuttavia io credo che ai librai indipendenti non farebbe male riflettere sul sovente invidiato successo delle librerie più grosse e ricche o di catena, al di là delle ovvie considerazioni sugli sconti concessi ai grandi ed esiziali per i più piccoli. Il fatto è che le librerie di catena, e le Feltrinelli più di tutte, propongono un concetto di comfort, sia pure neutro, che evidentemente incontra le inclinazioni del pubblico. Non si pretende, naturalmente, che il proprietario di una libreria di 40 metri quadri allestisca un angolo con sauna finlandese per compiacere eventuali clienti con penchants epicurei; credo tuttavia che il momento richieda uno sforzo di creatività e di messa in comune dei progetti che travalichi i confini del proprio negozio, alla ricerca di iniziative congiunte vantaggiose per tutte le parti coinvolte. Penso, ad esempio, a una libreria che abbia accanto una panetteria con un dehors: il pane e le rose potrebbero convivere una volta alla settimana, con reciproco beneficio. Si potrebbe continuare per molto: do a questo punto la parola al mio amico Nic Bottomley, l’inventore, a Bath, della pluripremiata libreria Mr B’s Emporium of Reading Delights (che titolo, ragazzi), intervistato da chi scrive nonché latore di un messaggio alieno dalle consuete lagne da librai poveri e sfortunati, qui e qui

seconde generazioni leggono

milano, libreria feltrinelli, corso buenos aires. il ragazzino a destra è accompagnato dalla signora con foulard a sinistra. sono in coda per pagare, di Charles Dickens, i Racconti di Natale, un grasso oscar mondadori. avanti così.

manganelli rules

milano, nei pressi della stazione centrale, mattina del 5 gennaio 2011. il signore nella fotografia parla concitatamente al telefono e a un certo punto dichiara al suo interlocutore: "questo è un avvocato, non un manutengolo qualunque". il sabatini coletti online ci dice che il termine "manutengolo" – sa di giorgio manganelli a un chilometro di distanza, questa parola – indica chi protegge qualcuno in azioni illecite ed è nato nel 1848.

lavoratori indisciplinati

sono coloro i quali, come il signore a destra, leggono, del veterinario tardoscrittore inglese James Herriot, Cose sagge e meravigliose. invece di fare i controllori del traffico atm nella stazione duomo della metropolitana tre. come non stare dalla sua parte?

domenica 2 gennaio 2011

una cosa che ho imparato

dalla Maschera dell'Africa, di V.S. Naipaul, p. 224. Nel Gabon, quando un anziano muore, si dice che è bruciata una biblioteca.


nell'immagine, l'immortale bill cosby.

sabato 1 gennaio 2011

senza sublime

"Per una cultura non gastronomica, non sublime, non legata all'intrattenimento, auguri da Bruna Miorelli e da Sabato libri": è l'auspicio appena trasmesso dalla giornalista culturale di radio pop. io dico che la bruna almeno un po' di sublime poteva lasciarcelo, no?