mercoledì 30 marzo 2011

per la ricerca della cultura alta

La previsione di Marx di un futuro socialista si fondava sul presupposto che la scienza e la tecnologia industriale avrebbero reso finalmente possibile per la società produrre beni materiali con tale abbondanza da rendere le differenze sociali non necessarie, e mettere alla portata di tutti il dignitoso tempo libero richiesto per la ricerca della cultura alta.
Clemen Greenberg, 1953

passo brevemente per dire una cosa pop

e ricordare al gentile pubblico che stasera all'alcatraz di milano c'è adele. che cosedalibri idolatra ed elegge a cosedalibri girl of the year. la colonna sonora dell'aprile incipiente, il mese più crudele, è senz'altro rolling in the deep.

lunedì 28 marzo 2011

Mr. D e Mr. B. Per non parlar del cane

La libreria che vorrei, a Milano, esiste. Si chiama Gogol& Company, e pazienza se non è la Shakespeare & Company. 
Il giovane libraio si chiama Danilo Dajelli, e dico che è giovane per un motivo preciso: tra le vecchie e le vecchissime librerie della città non ne ho ancora trovata nessuna che mi dicesse “Entra”. La Gogol & C., invece te lo dice forte, amichevolmente, a cominciare dalla ariosa piazzetta su cui si affaccia: una piazza ancora senza nome, su cui governa per ora un condominio, in attesa che diventi affare del Comune. Collocata tra lo storico quartiere Giambellino, via Savona (ma non la parte fighettina) e, appena dietro, i Navigli, la Gogol è una libreria dal respiro europeo: fuori ci sono i tavolini e le seggiole in ferro battuto, come nei bistrot a Parigi; appena dentro, a sinistra, un angolo bar molto funzionale, con altri tavolini e poi, soprattutto, come si conviene a un luogo dove si legge, poltrone in pelle un po’ consunte, ampie, marroni. 
E qui sembra invece di essere in Inghilterra, per la precisione a Bath, da Mr. B. (che sta per Bottomley), il libraio che vende delizie da leggere, un signore che ha fatto del servizio a tutto tondo ai clienti la sua filosofia permanente – che evidentemente paga, se ogni santo anno, da quando ha aperto, riceve un premio dalla British Book Industry Awards. La Gogol è un posto confortevole, dove si può leggere mangiare bere – tra questi piaceri supremi manca solo il sesso, ma quello ognuno può praticarlo a casa propria: non si può pretendere troppo, da una libreria – e, volendo, anche parlare. Sabato scorso chi scrive ha visitato la libreria intorno all’ora di pranzo, ed entrando ha respirato aria di quartiere: famigliole con bambini pranzavano, ragazzi più grandi giocavano al pallone nella piazza e prima di andare entravano per un saluto al proprietario. 

Due altre meraviglie della Gogol sono 1. le persone che vi lavorano a vario titolo: può parere straordinario riportarlo, ma esse salutano e sorridono, e genuinamente – un atteggiamento che induce a ritornare; e 2. il bagno: non solo è assolutamente immacolato, ma al suo interno si trova una libreria con i libri, diciamo così, più commerciali – una giocosa dichiarazione di intenti che sabato scorso annoverava tra le sue vittime Federico Moccia con L’uomo che non voleva amare e Nora Roberts con L’amore ritrovato. Gogol compare nel titolo del negozio, in una vetrina completamente a lui dedicata e sulla porta del suddetto bagno, colto in bianco e nero durante un elegante momento scatologico. In giro, poi, si trovano novità selezionate, poesia e bellissimi libri per bambini selezionati da Tosca, la moglie di Dajelli. Al piano di sopra, ancora tavolini, un divano e una sezione di libri che attendono un ordinamento definitivo. Cosa si vende alla Gogol? Al 25 marzo primo in classifica era Senza passare per Baghdad, di Luigi Farrauto, secondo Francesco Piccolo con Momenti di trascurabile felicità e terzo Tutta colpa dell’innocenza di Fulvio Fiori; ma la sorpresa vera sono i Sillabari di Parise, amati dal libraio Dajelli che li consiglia, al tredicesimo posto.

Per concludere, chi scrive assegna a Gogol & Company il Cosedalibri Best Bookstore in Town Award 2011: auguriamoci che il pluritatuato, in apparenza sciamannato Dajelli faccia scuola, che tolga un po’ di polvere dagli scaffali dei suoi colleghi milanesi, senz’altro più antichi ma forse un po’ vecchi.

P.s.: tanto per non lasciare esoterismi nel titolo: alla Gogol c’è pure un cane, proprio come da Mr. B.


sabato 26 marzo 2011

del perché sarebbe bene cercare di non essere poveri

Il massimo che si può dire con certezza è che il gusto migliore, il gusto colto,  non è qualcosa alla portata dei poveri o di persone senza un minimo di comodità e agio (cosa che sembra valere in generale anche per i frutti più preziosi della civiltà, senza che ciò cambi la natura di quei frutti, per quanto ci si possa lamentare del loro costo umano, o per quanto si riconosca chiaramente che l'arte e la cultura non sono valori supremi).
Clement Greenberg, 1972

venerdì 25 marzo 2011

ascoltare, toccare, annusare, meditare

Mi sembra povera la vita di chi non si ritaglia regolarmente del tempo per fermarsi a osservare, o sedersi ad ascoltare, toccare, annusare o meditare, senza nessun'altra finalità in mente, semplicemente per la soddisfazione che si ottiene da quanto è osservato, ascoltato, toccato, annusato o su cui si medita.
Clement Greenberg, 1959

Qualora lo ritenesse meritevole

[…] la vostra personale osservazione del modo in cui accadono le cose nel mondo – il modo in cui si rivela il carattere – può trasformare una scena spenta in una scena piena di vita. Un buon consiglio preliminare potrebbe essere: scrivete come se foste una macchina da presa. Riprendete esattamente quello che c’è sul posto. Tutti gli esseri umani vedono con sorprendente precisione, ma non è detto che sappiano mettere quello che vedono sulla carta. […] Mettere giù le cose in modo esatto è tutto ciò che s’intende per “precisione dell’occhio dello scrittore”. […] La maggior parte degli individui non ha ancora sviluppato quello che Hemingway chiamava “rivelatore incorporato di stronzate a prova d’urto”. Ma lo scrittore che mette per iscritto esattamente ciò che vede e prova, revisionando accuratamente di volta in volta, fino a che non ci crede completamente, facendo caso ai momenti in cui ciò che sta dicendo è mera retorica o visione derivativa, facendo caso ai momenti in cui ciò che ha detto non è nobile o d’effetto ma sciocco – quello scrittore, se c’è giustizia nel mondo, sopravvivrà alla rocca di Gibilterra.
John Gardner, Il mestiere dello scrittore, Marietti, Genova 1989


Nato, cresciuto e invecchiato al Musocco, a quel quartiere attaccato come una concrezione a uno scoglio, Nebbia si prende d’amore per una trapezista e nel giorno di San Valentino lascia Milano per una nuova vita. È il paradigma di una città che cambia; nel caso di Dove finisce Milano – Nebbia, pendolari e altre storie, uscito per i tipi di Pietro Macchione Editore, cambia sotto gli occhi di un non milanese che a Milano arriva dalla provincia e da Milano riparte tutti i giorni.
“Qualora lo ritenesse meritevole”: così si conclude, a proposito di una eventuale recensione di chi scrive al suo libro, la lettera dell’autore Lorenzo Franzetti (qui, sul suo blog, una minibiografia).
E chi scrive ha trovato il libro molto meritevole. Sono trentuno racconti dalla periferia (“tra il Cimitero Maggiore e l’inceneritore di Pero”) che si aprono su un autobus e si concludono su un treno, in maggioranza brevi come sketch, in cui si mostra in azione l’hemingwayano rivelatore incorporato di stronzate in dotazione a Franzetti.
Il racconto che apre il volume restituisce con grande competenza scatologica l’aria greve del “lunedì del pendolare”: autobus impregnati della Grande puzza (il titolo del racconto), sintesi maleolente di “uomini e mezzi, bestie di ogni razza, ognuno con il proprio odore”. Il medesimo filo scatologico percorre molti dei racconti, in cui alcuni personaggi ricorrono: come il già citato Nebbia, anarchico scalcagnato e “terrorista delle piccole cose”; lettore di free press e di libri mandati al macero dalle biblioteche milanesi che preleva da un misterioso deposito nei pressi del cimitero; produttore in proprio di pomodori, che coltiva in un orto abusivo e concima con i suoi stessi escrementi (“Nebbia l’ha presa così seriamente che, di questi tempi, cura la propria alimentazione in modo equilibrato, vuole produrre roba di salute”).
Sotto lo sguardo dell’autore, lieve ma non ingenuo, sfilano nel quartiere e nei suoi dintorni tabaccaie meridionali prossime alla pensione, il trattore Pio, fiero baluardo contro l’avanzata dei fast food, preti e leghisti dal cuore d’oro, impiegati cornuti e partigiani ossessionati dalla crisi che tentano di portare i propri spiccioli in Svizzera. È un libro, questo di Franzetti, pieno di umori, di odori – dall’escremento al risotto –, di parole in dialetto milanese, in cui si vede il nuovo che avanza dal punto di vista di un quartiere ai margini paradossalmente immobile. Il disagio di una città in pieno processo di adattamento all’ingresso degli “altri” è parzialmente redento dall’empatia dell’autore che aleggia pietosamente sull’ignoranza, la piccineria, la congenita eccentricità di certe figure metropolitane, sugli abitanti antichi e sui nuovi venuti, su venditori di rose bengalesi, vedove con penchant sadomaso e parroci in leggera malafede.
Ho cominciato a leggere Dove finisce Milano in metropolitana, e ho capito che era un buon libro perché quasi sbagliavo fermata.
Buon viaggio, Franzetti. Da un’altra ostinata viaggiatrice.
Milano, Cimitero Maggiore, Campo della Gloria. Courtesy aned.it


E adesso qualche appunto squisitamente tecnico
Pietro Macchione è un piccolo editore che non conosco. Posso però intuire, da certi aspetti di mancata cura del testo, che come quasi tutti i piccoli sia piccolo pure nel numero dei collaboratori pagati, e che pertanto, come fanno in molti, per quello che attiene alla ricerca dei refusi si affidi solo alla buona volontà dell’autore. Si affidano alla fortuna, poiché ci sono autori che producono una gran quantità di imprecisioni, dato che si concentrano su altri aspetti. Oltre al correttore di bozze è mancato anche un editor che consigliasse all’autore come far risaltare certe parti ed eliminarne altre – piccole cose, beninteso – a beneficio di una maggiore efficacia, di una maggiore incisività. Editori, risparmiate sulla qualità della carta, piuttosto, ma abbiate più cura di quel che vi si affida. Finis


natura viva con banana

Una delle mensole della libreria di chi scrive, con testi miscellanei in attesa di riordinamento

Nostre signore dei libri: un master in editoria

Oggi desidero parlare di un collegio universitario, di una rettrice, di un Master di primo livello in professioni e prodotti dell’editoria e di una piccola casa editrice. Il collegio è quello universitario di Santa Caterina, a Pavia, la rettrice è Maria Pia Sacchi – ricercatore di letteratura italiana del Rinascimento all’università di Pavia, responsabile organizzativa del master e docente, all’interno dello stesso, di cultura letteraria. Di seguito il programma cultura letteraria dell’edizione del master 2010-2011, da leccarsi i baffi:

L’attività di Aldo Manuzio, editore
Sue lettere prefatorie alle edizioni (soprattutto all’opera omnia di Poliziano, alle lettere di santa Caterina, alle poesie di Petrarca)
Sue innovazioni (carattere, piccolo formato, classici senza commento)
Sue scelte editoriali innovative

Censura libraria e indice
Conseguenze sull’attività letteraria e soprattutto sull’editoria



Collaborano al master, tra gli altri, Gian Arturo Ferrari, Benedetta Centovalli, Roberto Denti, Roberto Santachiara, Massimo Bocchiola.
Roberto Cicala, direttore editoriale di Interlinea e docente di editoria presso l’Università Cattolica a Milano, è un forte punto di riferimento per i corsi. Riporto un brano di quello che Cicala scriveva nel Forum della piccola editoria quattro anni fa (Forum della piccola editoria, in “Libri e riviste d'Italia”, n.s., 12, 2007, pp. 11-14): “Senza citare L’editore ideale di Gobetti, la regola aurea è l’equilibrio tra rigore nella gestione economica e coerenza nella qualità culturale delle scelte: saper sognare con i piedi per terra ma senza seguire troppo e soltanto i gusti personali; occorre leggere e ascoltare molto, frequentare librerie e biblioteche, non disdegnare l’eclettismo senza farsi prendere da quell’autostima o meglio quella passione interiore che pure spesso può compensare la molto bassa renumerazione di chi fa questo mestiere. Ma editoria è fatta soprattutto di testi e bisogna curarli con fedeltà e attenzione, prima di tutto. […] Al di là delle lamentazioni, che però possono lasciare il tempo che trovano, è fondamentale una legge di promozione alla lettura e al libro in Italia, anche per la piccola editoria. […] Ci vorrebbero incontri con l’autore, feste senza noia, acquisti di libri per le biblioteche scolastiche, coinvolgimento dei genitori, mettendo in campo pubblicità, testimonial e creatività come in altri campi. Ricordando ciò che amava dire Gianni Rodari: che il verbo leggere non dovrebbe conoscere l’imperativo. Forse bisogna ripartire da lì.” Già, feste senza noia. E questo, credo, vale anche nell’epoca delle magnifiche sorti dell’e-book.

Sono stata in visita al collegio Santa Caterina, pochi giorni fa, invitata da una cara amica che vi teneva una lezione. Ho visto una classe di frequentanti molto motivati (il master ha un suo costo), cinque femmine e tre maschi, postadolescenti attentissimi e desiderosi di entrare in un mondo, quello editoriale, il cui fascino evidentemente non accenna a diminuire. 
Terminata la lezione, siamo andati a mangiare nella mensa interna, con Maria Pia Sacchi e il vicerettore Giovanna Torre: un luogo dall’afflato assai domestico, il cui sovrano è un cuoco dall’aspetto piuttosto balzacchiano, ampio, socievole, piacevolmente sudato. Sacchi e Torre animano il master e il collegio con una genuina passione che traspare vivamente: due signore dei libri circondate da un alone di understatement, che lavorano sodo, non impazzano su Facebook e producono risultati assai concreti, come i libri degli allievi del master alla fine del corso, che hanno dato luogo alle Edizioni Santa Caterina – libri molto ben fatti, copertina compresa, che meriterebbero una diffusione oltre i confini del collegio (si possono comunque richiedere). I titoli dei “Quaderni del Master di editoria”:

Scrivere per l’editoria: viaggio attorno a libro in dieci tappe, Pavia 2008.

Una collana tira l'altra: dodici esperienze editoriali, Pavia 2009.

La copertina del secondo volume dei "Quaderni del Master di Editoria"
Pellicole di carta: da Gogol’ a Tim Burton: quindici romanzi al cinema, Pavia 2010.

Mi è molto piaciuto, infine, il logo della casa editrice, un particolare da una xilografia contenuta nell’incunabolo aldino, stampato a Venezia per i tipi di Aldo Manuzio il 15 settembre 1500, delle Epistole devotissime de Sancta Catharina da Siena: un libro che riporta scritta in corsivo (qui usato per la prima volta da Aldo, che in seguito lo userà regolarmente per i classici) un’invocazione della santa: iesu dolce iesu amore

Il logo delle Edizioni Santa Caterina

Xilografia contenuta nell'incunabolo aldino Epistole devotissime de Sancta Catharina da Siena, 1500  



giovedì 24 marzo 2011

il vero facebook_campagna per la settimana del libro in olanda

con le facce scritte, qui.

le mamme verdi possono aspettare

per chi scrive sono giorni di chiusura di grandi libri, anche in vista dell'imminente salone internazionale del mobile, in programma a milano dal 12 al 17 aprile. a casa si sta pochino, pertanto con l'adolescentina si è convenuto che stasera si cenerà con il gustoso risotto alla parmigiana del dottor scotti. con buona pace delle signore e dei signori che sostano sulla soglia di casa in attesa che un buon selvaggio a bordo di un camioncino marchiato bio rechi loro la provvista settimanale di grana padano e verdure stenterelle, cibi primariamente destinati a nutrire una correttissima coscienza ecologica. provate voi a lavorar.

piccola chiosa

e a proposito di mondo anglosassone, di diritti che si consolidano e di processi per sodomia (vedi post precedente), rimando a un post sul blog di matteo b. bianchi, la conferma che l'occidente è l'unico posto nel quale, nonostante tutto, si può vivere.

sammy il coraggioso pensa

a un'attenta analisi della top list delle icone gay nel mondo, meritoriamente pubblicata qui, mi dolgo assai di non trovare la menzione di samuel butler, che pure intrattenne, in un tempo assai duro per le libertà sessuali, almeno un paio di relazioni con gentiluomini, tenute nascoste per scampare ai processi per sodomia così in voga in epoca vittoriana. e che così scrisse in merito all'esercizio del pensiero:

Pensare
Tutto il pensiero è disturbo, movimento, uno stato di irrequietezza che tende all'equilibrio. E' tutto un modo di classificare e di praticare l'esercizio della critica sapendo se questo ci dà o potrà verosimilmente darci piacere.
Samuel Butler, The Note-book of Samuel Butler, The Echo Library, Teddington (Middlesex) 2006

martedì 22 marzo 2011

la culla delle buone idee_non tutti i cataloghi commerciali sono aride presentazioni di oggetti

Osvaldo Borsani, P40, poltrona a inclinazioni variabili, 1956
Uscirà a giorni, per i tipi di Skira editore e a cura di Giampiero Bosoni, L'eleganza discreta della tecnica, un volume che rende conto della storia della Tecno, un'azienda di cui si può dire riduttivamente che produce mobili per uffici. Quella nell'immagine qui sopra è un loro classico, così descritto nientepopodimeno che da Orio Vergani, nel primo catalogo commerciale del prodotto: “La P40 è una poltrona veloce, essenziale, elementare come la prima addizione: uno più uno, due. Figlia della ‘sdraia’, ha corretto tutti i difetti di sua madre, della sua vecchia madre di tela e legno, di vimini o di giunco. Ha eliminato i vizi della solennità e della presunzione delle sue antenate. Si piega in se stessa come un ventaglio. Accoglie con amabilità carezzevole l’Amica, e con comodità anche l’Amico più ingombrante. Può sparire per cancellare subito dalla casa il segno di una momentanea pigrizia. Offre la sua curva alla navigazione dei sogni, alle delizie e al ristoro del rilassamento. Per uno scrittore è la culla delle buone idee.”

lunedì 21 marzo 2011

doppiozero, tanto tanto

Amici all'ascolto, chi scrive raccomanda la lettura, che senza dubbio si rivelerà amena, della rivista online doppiozero, nelle parole di  Micaela Acquistapace, una delle socie fondatrici, "un sito, un luogo di confronto e di dibattito che propone dossier dedicati a temi attuali; rubriche tenute da scrittori, saggisti, poeti, artisti, che condividono l’esigenza di interpretare l’attualità italiana e internazionale; antologie tematiche, video interviste a figure del nostro panorama culturale, segnalazioni, commenti. Un punto di incontro per chi ha voglia di vivere e contribuire". C'è uno speciale sui centocinquant'anni d'Italia a tratti anche molto divertente. E comunque, signori, questa è roba seria, pertanto iscrivetevi alla newsletter e continuate a seguire questo gioiellino, tra l'altro graficamente molto accattivante e chiaro. Enjoy!

io l'avevo detto_almanacco dei giorni migliori

è con molto piacere che annuncio l'uscita dell'Almanacco dei giorni migliori di Fabio Rizzoli, per i tipi di Fernandel, di cui avevo fornito un'anticipazione in un post del 23 maggio 2010, che riporto integralmente qui sotto.


in quel di bologna risiede fabio rizzoli, un amico editor che sta lavorando a un ambizioso ciclo di scritti miscellanei srotolantisi al trascorrere delle stagioni, uno per ogni giorno, di cui è stato dato pubblico assaggio nell'edizione di marzo di "linus", dove l'antipasto di fabio è stato servito nella rubrica dedicata agli esordienti curata da matteo b. bianchi. non credo che fabio mi biasimerà se pubblico un frammento dell'imponente corpus-to-be, che mi ha molto divertita:

"3 marzo
Mi fregio di essere un alfiere di una professione emergente, che sono convinto avrà una diffusione sempre maggiore. Il mio lavoro è quello del demotivatore. Dopo il boom degli anni Ottanta e Novanta, il periodo in cui non solo ogni manager ma persino qualsiasi casalinga doveva rafforzare l’autostima per essere pronta a tutto, dal camminare sui tizzoni ardenti a gestire una fusione di compagnie multinazionali, siamo finalmente entrati in un periodo di riflusso, in cui il low profile è sempre più apprezzato dalla società.
Le aziende mi chiamano per azioni di coaching specifiche, mirate ad abbassare il livello di motivazione dei membri del quadro dirigenziale. Mi trovo quasi sempre davanti a cocainomani che lavorano come invasati, si pongono obiettivi che trascendono la sana ambizione e mirano piuttosto all’onnipotenza.  Hanno alle spalle famiglie allo sfascio, una salute minata dallo stress, una vita personale che si riduce al momento in cui dicono 'Il pieno, grazie' al benzinaio. E qui intervengo io." 


rizzoli ha letto perec e sicuramente non ignora l'oulipo, né l'ottimo max aub. dico questo perché, oltre alla saga stagionale che ha in grembo, fabio ha pubblicato, con un pugno di amici, qualche numero di "adodo", una rivista che presto diverrà rarissima sul mercato antiquario, nella quale gli scarsi redattori facevano tutto, all'insegna del falso, dell'invenzione, del pastiche, del grottesco. non solo alle avanguardie del novecento sembra debitore "adodo" (che un po', mi pare, è parente di dada), ma anche del più puro marenco anni settanta: nell'Epopea di Shazzir, labrano di Guandar, risuonano irresistibili gli echi di Alto gradimento: "Ugnolando, alzando la sbagarda in capo al suo esercito, Shazzir si getta con fredore e ardimento nella mischia". e marenco: "Chi si sveglia di mattina con un'inguercibile sgatoscio che gli ingromma il cardio, siede stroncamente sul burlo del giaculo, orando e occhia il Metrotempo" (da Lo scarafo nella brodazza). 
e dallo Zagabriale del numero 3: "... Ci teniamo a sottolineare che pubblichiamo esclusivamente ciò che riteniamo di alto livello ... Cataloghi di penne stilografiche, manuali di prefazione, lettere minatorie, sceneggiature di reality show: non ci sarà limite alla voracità di 'Adodo'. In questo numero vi presentiamo la lettera di dimissioni, un genere relativamente recente (nasce con la burocrazia), ma con una storia ben delineata e un ventaglio di sottogeneri. Non dimentichiamo che, anche per la lettera di dimissioni, ci troviamo in una fase per così dire postmoderna". 
tutto, in "Adodo", è inventato di sana pianta, gli autori, le loro biografie, i loro scritti, proprio come di sana pianta il già citato max aub inventò biografia, scritti e opere dell'immaginario artista contemporaneo di picasso jusep torres campalans. adodo è un bambino che somiglia al piccolo principe, epperò tristo, malmostoso e stralunato. "Adodo" è una pubblicazione di Raz Morieau e LaDonna Smith, presentata da Suki-ho-Rizomi. non so dove se ne possa reperirne un numero (non chiedetemi i miei), ma se fossi in voi mi metterei alla ricerca.

mercoledì 16 marzo 2011

un attimo, neh

cosedalibri tornerà presto. non appena il trapano e i chiodi di fiorenzo saranno stati riposti e sulle mie mensole nuove campeggeranno altri libri.

venerdì 11 marzo 2011

oggi l'ho scampata bella

io l'avevo detto, fotografare lettori in metropolitana non è come fotografare lettori in tram. è decisamente più pericoloso. come dimostrano gli sguardi inferociti della ragazza più giovane, che leggeva, di Henry James, Daisy Miller in lingua originale, e di quella più anziana, che se avesse potuto mi avrebbe fulminata. nel frattempo, il signore cappellino di lana e barba ficcava liberamente il naso nel libro della milleriana passeggera.

perché letizia no?

Nel vedere lo striscione teso da lato a lato di corso Buenos Aires, tra piazza Lima e piazza Argentina, che recita così: "Il vicesindaco Riccardo De Corato augura buon compleanno agli italiani", uno potrebbe anche chiedersi "Perché il sindaco no?".

mercoledì 9 marzo 2011

comunicazione di servizio_libreria centofiori

Il 15 marzo alle 18:30, presso la libreria Centofiori, a Milano in piazzale Dateo, Bruno Osimo presenta, con Marina Morpurgo e Bruno Segre, il suo Dizionario affettivo della lingua ebraica, uscito per i tipi di Marcos y Marcos.

albanacco_vita sackville-west

Vita Sackville-West a Milano, nel 1927. Courtesy allyoutouch.wordpress.com
Centodiciannove anni fa nasceva Vita Sackville-West, inglese appassionata di giardini e di Virginia Woolf, nonché autrice di Ogni passione spenta, da cui cito questo pezzetto  sulla maniera di fissare i pensieri:

"Una riunione di famiglia abbastanza formidabile: vecchi corvi neri, pensava Edith, la più giovane, che cascava sempre dalle nuvole e si affannava costantemente a costringere le cose entro la forma d'una frase, come se versasse acqua in una brocca, salvo che poi, invariabilmente, grossi goccioloni di significato e di sottointeso traboccavano, si rovesciavano per ogni dove e si perdevano. Tentare di ricuperarli dopo averli versati era inutile come cercare di tenere dell'acqua in mano. Forse, se uno avesse avuto un taccuino e una matita sempre pronti... ma allora il pensiero sarebbe andato perso mentre si cercava la parola esatta ...".
 Vita Sackville West, Ogni passione spenta, Il Saggiatore, Milano 2008

martedì 8 marzo 2011

La versione di Booklin_Non si può restare soli

Prima di tutto, la colonna sonora, qui.
Il collega Giulio Passerini (titolare, tra l'altro, del blog Who's the reader, bellissimo, ma in questo caso ufficio stampa dell'iniziativa) mi segnala la prossima attivazione (dal 10 marzo) di Bookliners (il comunicato stampa, qui), nell'idea della fondatrice Clelia Caldesi Valeri una nuova community di lettori che condividono gusti, segnalazioni, studi in una forma di lettura aperta, fondata sull'accessibilità a pagamento – tramite collegamento internet e senza bisogno di e-reader – a testi online sulle pagine dei quali si può intervenire direttamente, altrettanto direttamente comunicando con gli editori. Il nuovo formato digitale che consente questa possibilità si chiama Booklin, "una copia del testo, fruibile in streaming, che i lettori possono visualizzare ed utilizzare interattivamente inserendo commenti testuali o multimediali sul formato elettronico", e costa al massimo un terzo del prezzo di copertina. Così si conclude il paragrafo Dove vogliamo andare del comunicato: "Nel futuro dell’editoria il social reading è già presente: Bookliners apre uno spazio comune e di sperimentazione per editori e lettori, ma soprattutto offre una piattaforma dove la lettura trova, nell’incontro e nella condivisione delle idee, la sua nuova dimensione." L'auspicio di chi scrive è che contestualmente si consolidi e cresca la dimensione vecchia, a ben vedere, nella nostra nazione di lettori debolucci, piuttosto disastrata. Mazal tov.

ti ucciderò, mia capitale: manga rules!

Giorgio "Manga" Manganelli con la figlia Lietta, che sicuramente mi perdonerà per questa microviolazione di copyright, vero, Lietta?
È in libreria, per i tipi della Adelphi, Ti ucciderò mia capitale, ultimo (per ora, come dice sua figlia Lietta) libro di Giorgio Manganelli. Il volume sarà presentato il 31 marzo, alle 18:00, alla Pinacoteca Ambrosiana, dove ne parleranno il curatore Salvatore Silvano Nigro ed Ermanno Paccagnini.
Colgo l'occasione per segnalare il sito del Centro studi Giorgio Manganelli, qui, la pagina facebook dedicata all'Immortale, qui, nonché l'infaticabile opera della figlia Amelia detta Lietta Manganelli, qui.

sex and the limericks_solo per anglofili

Per signore che amano signori

There was a young lady of Glasgow,
And fondly her lover did ask, "Oh,
Pray allow me a fuck,"
But she said, "No, my duck,
But you may, if you please, up my arse go."

Per signore che amano signore

Said a lesbian lady, "It's sad;
Of all the girls that I've had,
None gave me the thrill
Of real rapture, until
I learned how to be a tribade."

Per signori che amano signori

Well buggered was a boy named Depasse
By all of the lads in his class;
He said, with a yawn:
"When the novelty's gone,
It's only a pain in the ass."

Per signore intellettuali la cui professione è compiacere signori, che siano intellettuali o meno

An intelligent whore from Albania
Read books and grew steadily brainier.
Yet it wasn't her science
That brought her male clients
But her quite uncontrolled nymphomania.

Linda Marsh (a cura di), The Wordsworth Book of Limericks, Wordsworth Editions Limited, Ware, Hertfordshire, 1997.

spoon river de noantri, centocinque anni prima

Epitaffio 2
Qui giace la moderna Bradamante,
Che un cor vantò di smalto,
Eppur l'avea di vetro.
Non stimò degno alcun di starle innante
E tutti l'ebber dietro.

Epitaffio 4
Sepolte in questo loco
Son due sorelle in un medesmo fosso;
L'una perché mangiava a più non posso,
L'altra perché mangiava o nulla o poco.

Epitaffio 8
Giace una Donna qui misera e folle,
Che per troppo voler fu alfin costretta
Fatalmente a voler quel che non volle.

Epitaffio 14
Qui giace la famosa Stillacori
Gran Dottoressa in specular d'amori,
Che sol ciascuno amante
Nell'incostanza sua trovò costante.

  
Il mausoleo capriccioso - Lunario per le Dame, 1809

lunedì 7 marzo 2011

calunnie di perfide adolescenti

Commento dell'adolescentina mentre chi scrive si prepara a uscire, abbigliata con una sobria blusa grigia su sobri pantaloni neri: "Anche la madre di Jane Austen si vestiva più scollata di te". Certo, lei legge Jane, possiede tutti i suoi romanzi, che conserva religiosamente allineati accanto all'opera omnia di J.K. Rowling, ma come avrà fatto a dedurre l'ampiezza della scollatura di Mrs. Austen?

addendum piccolo teatro_caffè letterario

Sempre nel chiostro del Piccolo Teatro, dove ieri si è svolto il Bookswap di cui si diceva nel post precedente, trovano posto una libreria un po' triste e, a essa collegato, un caffè letterario. Il punto è che questo caffè di letterario, a parte alcuni pannelli scritti attaccati al muro, non ha proprio nulla. Gli asettici arredi bianchi e la disposizione dei cibi a metà tra il trito-rito dell'happy hour e una festa di matrimonio non invitano né alla meditazione né alla convivialità; non c'è traccia di carta stampata da consultazione, giornali o libri, da nessuna parte, nessuna idea di quel calore e di quella cosiness indispensabili per creare un'atmosfera da lettura (come si fa a leggere a proprio agio con il derrière poggiato in precario equilibrio su un sedile di tamburato laccato bianco?). È senz'altro assai gradevole la vetrata che corre lungo tutto lo spazio, ma da qui a chiamare caffè letterario un luogo che di fatto replica una certa idea di glamour à la milanaise ce ne corre davvero. Un'altra occasione sprecata, un altro arredatore pagato per un risultato talmente asettico che quel bianco ospedaliero e igienizzante ha indotto la signora della terza fotografia dall'alto a pensare di potere infliggere agli astanti l'imbarazzante scena del suo allattamento.

scambio di libri e una certa taccagneria dei milanesi

Banchetto-tipo
Lo scrittore-padre Gianni Biondillo
Lo scrittore Matteo B. Bianchi
Tra le 17 e le 21 di ieri, al Piccolo Teatro di via Rovello a Milano, c'è stata Bookswap, una manifestazione di scambio di libri nel chiostro del teatro: chiunque poteva portare da due a dieci libri e scambiarli con altri libri in pari numero. Nello spazio un po' angusto c'era un discreto numero di persone, ma i milanesi non sono stati molto generosi: i titoli erano piuttosto modesti, del tenore che si può vedere nell'ottava foto dall'alto, con un Moby Dick in lingua orginale a fare da eccezione. Perciò, nonostante il fermento leggermente provinciale che informava gli umori della sala, dal punto di vista della qualità dei volumi scambiati resta ancora molto da fare: pareva proprio che gli intervenuti avessero colto l'occasione per disfarsi di ciofeche polverose e liberare così gli scaffali. Una iniziativa comunque meritoria, cui è mancato il propellente giusto. Ma tant'è, come mi diceva Matteo B. Bianchi (del quale, per inciso, segnalo il blog sull'"Unità": una delle cose che mi piacciono di Matteo è l'assoluta mancanza di pomposità, il costante understatement, e quel minimo di malinconia che rivela il suo volto, nelle pose fotografiche spesso inclinato, come fosse a lato e non al centro delle cose), è naturale che la gente tenga per sé i libri più cari e apprezzati: lui, in effetti, aveva portato solo doppioni. Per quello che riguarda chi scrive, dopo l'iniziale delusione ci sono state due belle sorprese: lo sfrenato entusiasmo che mi ha colta quando di fronte a me si è parato Paul Burrell, Al servizio della mia regina: un libro scritto dal maggiordomo di Lady Diana che per chi, come me, possiede la biografia della principessa del Galles scritta da Andrew Morton e anche la videocassetta con la storia di Diana Mountbatten-Windsor dal matrimonio ai funerali, rappresenta una delle più alte vette libresche a cui si possa aspirare; e poi, un po' isolate su un banchetto, perfettamente refilate, così da parere fatte apposta e non staccate dal loro volume di pertinenza, sei pagine, dalla 51 alla 56, del libro di Piero Chiara Il piatto piange, contenenti, tra l'altro, la descrizione di Mamma Rosa: "La Mamma Rosa, o Mamarosa come si diceva a Luino in una parola sola, era una milanesona che dopo la prima guerra si era stabilita a Luino, dalla città dove aveva passato la sua gioventù e fatto la sua pratica. Se fosse stata anche lei del mestiere nessuno poteva dirlo; certa era tenutaria nata e si capiva dal comportamento sicuro, sfrontato e a volte violento. Ma era buona di cuore, generosa e materna al punto di essere chiamata con quel nome affettuoso, ancora vivo nella memoria dei luinesi, che se non fossero state chiuse le case continuerebbero a dire 'andiamo a Mamarosa'; benché da tanti anni la donna, il cui solo nome era già una promessa di piacere, è morta e dimenticata".
Devo confessare una cosa: senza dire niente a nessuno, e con la massima naturalezza, chi scrive quelle pagine le ha rubate, sarà grave?