domenica 26 febbraio 2012

tutti a colazione da john

oggi è il compleanno di john harvey kellogg: vagamente sessuofobo, ma molto utile all'umanità*.

*il link a wikipedia per anglofoni, che potranno leggere una voce sul dottore molto più completa rispetto alla riduzione italiana, si trova qui.

sabato 25 febbraio 2012

niente scuse, si può leggere*

Desidero iperlodare l'editore Newton Compton per il suo catalogo di classici in vendita a quattro punto novanta euro. Vi si possono trovare, in ordine sparso, Svevo, Tasso, Shakespeare, Platone, Pirandello, Pirenne, Nietzsche, Defoe (Moll Flanders con l'introduzione di Agostino Lombardo, mica pizza e fichi), il mio adorato Pattini d'argento di Mary Mapes Dodge. Mi piacciono le edizioni di pregio, ma ancor più le edizioni pop, cartaccia a prezzi bassi da cacciare in borsa e leggere sottolineando. Da questo punto di vista Newton ha spesso primeggiato, pertanto lodi e lodi a loro, nonostante le copertine orripilanti che contraddistinguono i titoli di questo editore (ai cui libri, tutto sommato, ci siamo affezionati come a una cosa bruttina ma tollerabile perché utile e piacevole).

*suona un po' carveriano, questo titolo, no?

bookfast (writers for breakfast)_giovanni verga

CLICK ON THE PIC
Per tutto il paese non si vedeva altro che della gente colle reti in collo, e donne sedute sulla soglia a pestare i mattoni; e davanti a ogni porta c’era una fila di barilotti, che un cristiano si ricreava il naso a passare per la strada, e un miglio prima di arrivare in paese si sentiva che san Francesco ci aveva mandata la provvidenza; non si parlava d’altro che di sardelle e di salamoia, perfino nella spezieria dove aggiustavano il mondo a modo loro; e don Franco voleva insegnare una maniera nuova di salare le acciughe, che l’aveva letta nei libri. Come gli ridevano in faccia, si metteva a gridare: “Bestie che siete! e volete il progresso! e volete la repubblica!” La gente gli voltava le spalle, e lo piantava lì a strepitare come un pazzo. Da che il mondo è mondo le acciughe si son fatte col sale e coi mattoni pesti.
“Il solito discorso! Così faceva mio nonno!”, seguitava a gridare loro dietro lo speziale. “Siete asini che vi manca soltanto la coda! Con gente come questa cosa volete fare? e si contentano di mastro Croce Giufà, perché il sindaco è stato sempre lui; e sarebbero capaci di dirci che non vogliono la repubblica perché non l’hanno mai vista!” 


saluti isterici in vista dell'aldilà

Adesso, per favore, nel caso Mandela non dovesse farcela, ci si astenga dal salutarlo con "ciao" e dal proclamarsi affranti per la sua dipartita. A meno che non lo si conosca sul serio. Ma anche in quel caso, astenersi dal "ciao". E, nel caso si partecipasse al suo funerale, dagli applausi alla comparsa del feretro.

leggere e scrivere in compagnia, con un rumor di cascatella

la scrivania portatile di virginia woolf
c'è un luogo, al secondo piano della libreria feltrinelli alla stazione centrale di milano. dopo i corridoi dei libri, sul fondo, c'è un tavolo tondo. oltre il tavolo, molte poltroncine nere e una fontana che gorgoglia. così, il viandante* che volesse sostare in questo scenario delizioso non deve fare altro (se è inverno, o poco prima della primavera) che togliersi il cappotto e accomodarsi: su una poltroncina, nel caso volesse leggere, o presso il tavolo, se volesse scrivere. e siccome io volevo scrivere, ieri mi sono accomodata al tavolo per un paio d'ore. in compagnia di studenti e lettori/studiatori di ogni risma. sul tavolo c'erano libri, quaderni, penne, computer, bottigliette d'acqua, persino un sacchettino con la pizza, che non disturbava. ciascuno aveva una sua porzione di tavolo, dove ricostruiva una sua trasparente intimità, badando di lasciare spazio al proprio vicino. la società civile.

*in caso di viandanti fortemente individualisti desiderosi di rimanere nella propria cameretta, c'è sempre lo scrittoietto itinerante di virginia woolf.

venerdì 24 febbraio 2012

venghino, siori, venghino


ieri sera sono andata a fare la spesa all'esselunga. finiti gli acquisti, sono andata al banco fidaty e ho detto alla signora "vorrei donare cinquecento punti al memoriale della shoah". "lo show di milano?", mi ha chiesto lei, irreprensibile nel suo camice blu. ci ho pensato un attimo, poi le ho risposto "sì, lo show di milano".

mercoledì 22 febbraio 2012

i giorni del grande amore

poi ci sono anche i giorni del grande amore, quelli inconsueti in cui tutto si tiene e la mattina dopo, componendo il quadro in un elenco puntato vedi che

. un artista di santa rosa, california, ti ha spedito l'originale dell'opera che compare a intestazione del tuo blog, e il timbro postale sul pacchetto porta la data del 14 febbraio, e allora capisci il motivo per il quale questo artista un paio di settimane prima ti aveva scritto chiedendoti l'indirizzo di casa.

. un amico che è tuo amico da trent'anni ti ha mandato una canzone che si intitola you are my friend e una strofa di questa canzone fa 

The thought of you helps me carry on
When I feel all hope is gone
I see the world with brand new eyes
Your love has made me realize
My future looks bright to me,
Oh because you are my friend,

una cosa che potrebbe parere orrendamente sentimentale ma considerato il contesto, le persone coinvolte, l'assiduità della frequentazione, considerati i mille chilometri di distanza capisci che quella canzone è utile, anzi necessaria, proprio in quella forma là. poi scopri che di quella canzone c'è un video su youtube in cui patti labelle è sul palco con un vestito luccicante e un dissonante asciugamano tergisudore su una spalla.

. hai ricevuto un manoscritto in formato word. l'hai convertito in formato pdf e l'hai portato alla tua copisteria di fiducia per farlo stampare, quella dove la proprietaria romena, nonostante ci si sia ripromesse da tempo di darci del tu, ti chiama sempre "signora anna". una piccola frustata ogni volta, ogni volta quella sensazione di incolmabile cortesissima distanza. ti fai stampare il manoscritto, trecentoquarantasette pagine. decidi che ne hai abbastanza di fogli che si disperdono in giro, l'ultima volta erano seicentonovantadue. allora chiedi alla signora un'operazione che istantaneamente nobilita qualunque mazzetto di carte prive di identità, la rilegatura. a spirale, che è quella che ami anche nei quaderni. così quella massa di fogli stampati si fa oggetto compatto, un solido parallelepipedo dal dorso nero tondeggiante. sei uno studente per sempre e quella copisteria di quartiere priva di pretese ti ricorda il bugigattolo delle fotocopie dell'università, le dispense, quella piccola frenesia delle cose intonse. come quando compri un libro nuovo, che vorresti e non vorresti, ti coglie il desiderio di tenerlo chiuso, di non violarne le pagine, di volerlo eternamente giovane e intatto, un po' sterile. dopo, quando quel libro riemerge un po' sciupato da qualche seduta di lettura, solcato dai tuoi segni di matita e oh quanto utile e pieno, ti dici che hai fatto bene a superare quell'istinto estetico di conservare l'oggetto così come era uscito dalla legatoria. il manoscritto è in formato A4, calza perfettamente nella tua borsa da lavoro. pensi che avrai bisogno di due penne di diversi colori, di foglietti adesivi per attaccare ai fogli gli appunti più lunghi, di un evidenziatore. scegli le penne più affilate, quelle che ti pare potranno aiutarti nella ricerca del mot juste, quello che esprimerà al meglio le parole dell'autore. oggi lavori fuori. occuperai una poltrona che ti accolga, in una libreria o biblioteca, e lavorerai al tuo manoscritto. hai un ufficetto portatile marca blackberry, volendo sei rintracciabile. ti auguri che non ci sia nulla di urgente, che l'importuna lucetta rossa segnalatrice di messaggi non si metta a pulsare mai. che nulla ti distolga dalla vicenda del libro che sarà. mentre lavori sei consapevole che quello che metti in quello che fai è la somma di chi sei, cosa hai fatto, cosa hai letto e chi conosci. devi vestirti per uscire, ma prima ci tieni a ricordare una poesia di raymond carver che piacerebbe tanto anche al tuo amico di patti labelle:

Late Fragment 
 
And did you get what
you wanted from this life, even so?
I did.
And what did you want?
To call myself beloved, to feel myself
beloved on the earth.*
 
* E hai avuto da questa vita quello che volevi?
Sì.
E cosa volevi?
Dirmi amato, sentirmi amato sulla Terra. 
 

lunedì 20 febbraio 2012

vaglielo a dire, a quello del darfur, che deve decrescere felicemente

http://lettura.corriere.it/debates/gli-egoisti-della-decrescita/

coglionate e puttanate

chi scrive sta conducendo l'editing di un manoscritto la cui vicenda si svolge nel meridione d'italia intorno al 1820, tra carbonari e borbonici. nel testo compaiono a un certo punto le espressioni "coglione" e "porca puttana". mi chiedo se al tempo fossero invalse. sono quasi certa per "coglione", ma brancolo nel buio per "porca puttana". allora scrivo a un collega molto competente, il quale mi conferma ciò che mi aspettavo a proposito di "coglione", citandomi (dato che è uno storico dell'arte) il caso di Caravaggio e Baglione: "[Caravaggio] Lo riteneva, e lo diceva fuori dai denti, un coglione e non aspettava che l'occasione giusta per diffondere questa sacrosanta verità. Lo irritava, di Baglione, la capacità di sapersi ingraziare i potenti, a forza di inchini, smancerie, baciamani quando c'era di mezzo una tonaca cardinalizia. 'Leccate di culo' le bollava al solito senza peli sulla lingua". Giuliano Capecelatro, Tutti i miei peccati sono mortali. Vita e amori di Caravaggio, Il Saggiatore, Milano 2003.
Per quanto concerne il "porca puttana", il collega fa riferimento alla seguente ottava dell'Orlando innamorato:

La damigella ch' ivi era guardiana,
Incontro sopra 'l ponte loro è gita;
E con vista piacevole ed umana
A ber del fiume tutti tre gì' invita.
Astolfo le gridò: porca, puttana,
La malvagia arte tua pur è finita:
Morir convienti, renditene certa:
Ch' ormai la fraude vostra s' è scoperta.


precisando "tra il porca e la puttana però in effetti c'è una virgola... perplessità". è una perplessità che condivido, perciò il dubbio rimane.
qualche lettore all'ascolto può contribuire a scioglierlo?




immagine courtesy hscc.carr.org
 

che domenica bestiale

starsene sdraiati sul divano leggendo l'avventurosa biografia* di erich linder, interrompendosi di tanto in tanto per contemplare le evoluzioni del duca orsino, il tartarughino d'acqua di famiglia. con qualche pausa per sandwich con grana padano e maionese alle erbe, e un paio di giganteschi nescafé.

* e qui devo narrare l'altrettanto avventurosa storia di questo libro, a proposito del quale feci un appello anche su cosedalibri poiché non riuscivo a trovarlo, nonostante lo avessi ordinato al libraccio, che dopo mesi di attesa mi aveva dato picche (ma lo avevate cercato bene, amici miei?).

fatto si è che l'ho cercato anche presso l'autore Dario Biagi, che è stato così cortese da darmi preziose indicazioni per il suo reperimento. e insomma, l'ho ordinato per la seconda volta, questa volta con soddisfazione, e mi è arrivato lo stesso giorno in cui rhino, una lettrice di questo blog nonché amica diletta, ha rivelato di averlo e di essere disposta a regalarmelo. Il dio di carta è una lettura talmente soddisfacente, ricca di informazioni, restituisce così bene il contesto in cui linder cominciò a operare, ci regala un ritratto talmente vivido (ma mai agiografico) di quel ragazzo che a diciassette anni era già un traduttore provetto che io voglio invitare chi mi legge a leggerlo, e allo scopo fornisco il numero di telefono da comporre per ordinarlo (è quello di Milonga, magazzino cui fa capo Avagliano editore): 06 54 21 06 24

sabato 18 febbraio 2012

cultura agli africani

se penso a tutto il potenziale umano sprecato in anni di frustrazione, di vorrei-ma-non-posso-perciò-ve-la-faccio pagare, se penso che quest'uomo ha sprecato tredici anni della propria vita a caricarsi di rabbia, tredici anni di libri non letti e di di film non visti, mi dico altro che latte in polvere e avanzi della nostra mensa all'africa, gli africani e il terzo mondo in genere hanno un gran bisogno di cultura, un gran bisogno di pace nelle loro terre.

giovedì 16 febbraio 2012

preoccupazioni essenziali

bisogna sapere che l'adolescentina si è convertita al cibo naturale (sì: è la pena del contrappasso per i genitori cinici) e, poiché sta vivendo la sua fase di fondamentalismo acuto, ha eletto a supermercato preferito il naturasì. si tratta di un covo di gente variamente alternativa, una gamma di individui vestiti in prevalenza di straccetti colorati, dalla madre con la fissa dell'allattamento in pubblico ai single con mire salutistiche alle signore, di cui già si è detto su queste pagine, con bicicletta dotata di cestino adorno di fiori finti. riporto a titolo di esempio un dialogo che avuto luogo ieri sera al naturasì tra una signora dell'apparente età di trent'anni, con la pelle solcata dai postumi di un'acne guarita male, e un amico altrettanto trentenne incontrato casualmente al banco dei vegetali: "ciao", fa lui. "compri verdure a chilometro zero?" "eh", risponde lei con un'aria un po' depressa. "speriamo". e insomma chi scrive è stata invitata ieri dall'adolescentina per una piccola spesa in detto supermercato. a una rapida occhiata si può constatare l'esistenza negli scaffali di pacchetti di biscotti al mais da 350 grammi che costano poco meno di cinque euro, che un succo di frutta ne può costare tre, che insomma gli aspiranti alla salute e a una vita naturale possono essere 1. assai benestanti; 2. talmente scemi da devolvere tre quarti dei loro guadagni ai profeti del chilometri zero. ci siamo recate al banco del pane, dove un gentile addetto ce ne ha sciorinati gli innumerevoli tipi: integrale, con semi di lino, con chicchi di grano cotto, di segale, di mais, di kamut e via dicendo. per ciascun tipo il gentile addetto specificava il tipo di cottura, se il forno era a legna o elettrico. quando presentava un tipo di pane cotto nel forno elettrico nella sua voce emergeva un desiderio di scusarsi. ma perché, gli ho chiesto, la gente chiede se il pane è cotto a legna o nel forno elettrico e se ne preoccupa? sì, dice l'avvenente ragazzone biondo. ma davvero?, chiedo io. sì, dice lui, e ci facciamo insieme una franca risata.

autopsie di buonora

alle 7:45 della mattina, al capolinea del tram numero trentatré, si legge roba forte:


Cornwell
Patricia Cornwell, Autopsia virtuale. è nelle mani di una signora con la pelle bianchissima e un piccolo naso lievemente suino. indossa una giacca a vento marrone con cappuccio orlato di pelliccia, pantaloni gessati in nuance e un paio di comodi stivali con la zeppa di gomma. non stacca gli occhi dal libro neppure per un attimo, il che deve voler dire che l'autopsia di patricia è particolarmente avvincente. e da qui parte l'itinerario di chi scrive. dopo il tram, la metroplitana per andare al duomo; e alla discesa nel mezzanino c'è un Dostoevskij che viaggia sotto il braccio di un gentiluomo un po' arruffato, che lo aveva letto avidamente fino al momento di scendere. chi scrive, nonostante tentativi indecorosi, non ne ha potuto individuare il titolo: ci sono lettori attenti che riconoscono l'edizione?
Dostoevskij
dal duomo il percorso di chi scrive deve proseguire con un tram che percorra via torino: e sul numero quattordici c'è una signora con cappellino multicolore che legge attentamente un'edizione annotata dei Dieci comandamenti. a giudicare dai suoi lineamenti, questa lettrice deve essere una discendente di qualche popolazione evangelizzata da Girolamo di Loyasa, primo arcivescovo di Lima. desidero eccepire sul fatto che la devota scrive appunti sui Dieci comandamenti con una bic nera. intanto le bic possono essere solo blu, se si esclude la special edition viola che fino a pochi anni fa si trovava esclusivamente in francia, e poi i libri si annotano a matita. 
I dieci comandamenti
e questo ho potuto osservare sul tram numero trentatré che mi riportava a casa: un'altra signora amante di roba forte, con Un giorno ti vedrò, di Mary Higgins Clark
Mary Higgins Clark
e un'altra, dispettosissima, che la copertina del suo libro proprio non me l'ha fatta vedere.
Ahi, la cacadispetti

martedì 14 febbraio 2012

my funny valentine

cominciavo già a preoccuparmi per non avere ricevuto ancora neanche una valentina, quando nella mia vita, attraverso la mail, è entrata prepotentemente elena, che mi scrive così:

"Oggetto: Spigliata, e sicura di me, cerco un compagno di vita

Ciao!
Mi chiamo Elena. Scometto che la mia e-mail sia inattesa, ma spero che ti faccia piacere. E’ possibile che non potrai capire dove ho trovato il tuo recapito elettronico. Ho trovato una compagnia di incontri dove mi hanno domandato degli uomini che mi piacciono, poi mi hanno consigliato di scrivere a te tramite posta elettronica. Mi hanno detto che la tua e-mail e' stata trovata sul loro sito di incontri online. Come ho detto sono Elena e sono una ragazza in ricerca di anima gemella. La data di mia nascita e' 5 marzo 1982. Non ho figli, pero' i bambini mi piacciono moltissimo. Adoro leggere e sono contenta di aver lavoro collega to con bambini e libri. Credo che se ci conosciamo meglio riusciamo ad avere una storia. Sto cercando le relazioni onesti. Questa e’ una piccola storia di me, ho aggiunto anche un paio di fotografie. Spero di averti piaciuta.
Attendo tua email.
La mia e-mail e’.........
Arrivederci!"

a me elena è piaciuta, ma cosa direbbe il senatore giovanardi in caso di improvvise effusioni di cui dovessimo sentire l'irreprimibile bisogno sulla pubblica via?



luciano simonelli, l'antimorandi

Allora: l'editore Luciano Simonelli è l'assoluto pioniere, in italia, dell'e-book (perciò le discussioni e-book sì, e-book no, che schifo l'e-book, viva l'e-book non lo tangono per nulla, dato che per lui sono roba vecchia e assodata). Simonelli editore ha creato un catalogo a partecipazione mista carta-elettronica dove trova posto, tra le altre meraviglie, una preziosa minilista di prime edizioni del Novecento (colgo a caso I racconti di Nick Adams di Hemingway, Mondadori, 1973, e Diario d'Algeria di Vittorio Sereni, Mondadori, 1965). Tra le iniziative di questo effervescente gentiluomo ce n'è una, curiosa ma non del tutto peregrina, che si intitola "I riassunti di Farfadette" (pay off: "in ebook tutto quello che DEVI sapere sui libri che DOVRESTI conoscere"): riduzioni di una serie di libri, per ora un centinaio, a beneficio di gente che non ha molto tempo. Leggiamo, ad esempio, la Farfadette di Quo vadis?: vi troveremo "Una riduzione del famoso romanzo di Sienkiewicz, divisa in quattro parti e corredata da un grande apparato di note e schede tematiche sulla storia di Roma ai tempi di Nerone" (cito dal sito*). 
Simonelli pubblica anche una rubrica giornaliera in video, Cinquanta secondi, in cui lui in persona dice ciò che pensa su disparati argomenti, quando è il caso sostenuto da una irreprimibile vis polemica. Oggi simonelli invita a praticare attività alternative all'imminente festival di sanremo, qui. Vale proprio la pena di fare un giro nel sito di questo editore un po' sui generis, che conduce da anni un caparbio, interessantissimo controlavoro editoriale. per quello che mi riguarda, tra le meraviglie del catalogo desidero con tutta me stessa la serie completa dei gialli di Maria Santini: ha colpito la mia immaginazione i Pascoli del mistero, sulla cui scheda leggiamo così: "Messina 1901: una bella e un po' sonnolenta cittadina nella quale Giovanni Pascoli, docente di letteratura latina all'università, e l'inseparabile sorella Maria vivono a loro agio nonostante il loro carattere poco socievole e le loro abitudini così diverse da quelle locali. Ad un certo punto il timido professore romagnolo stringe un'amicizia tanto inaspettata quanto gratificante con una delle prime famiglie della città, quella dei principi di Monteferrante. Timorosa, come sempre, che degli estranei possano anche involontariamente ferire il suo troppo sensibile fratello, Maria assiste in disparte, un po' corrucciata. Sembra avere ragione quando un terribile fatto di sangue getta nel lutto i Monferrante, turbando profondamente il suo Giovannino. Un mistero che il poeta e anche Maria, finalmente schierata al suo fianco, contribuiranno a risolvere e che potrà dirsi concluso solo in quel dicembre 1908, il dicembre del terremoto... Un romanzo ma con protagonisti reali: Giovanni Pascoli e sua sorella Mariù."



* cito dal sito non è l'incipit di un rap – "cito / dal sito / lo so, non è pulito / ma non so che fare / dovevo pur citare" –, bensì l'azione che ho compiuto. però se fabri fibra o marracash hanno bisogno di un autore, sono qua.

venerdì 10 febbraio 2012

oh, cantieri!

l'altro giorno ho ricevuto un pacchetto da key west, florida. conteneva un libro, un cd, un profumo con la pompetta per spruzzare, una confezione da dodici di matite "little scholar" (gialle, grosse e con il gommino), due confezioni di "primula tea". non sono bustine, ma fiori che rinvengono nell'acqua bollente e restituiscono un tè delizioso. e la mia felicità oggi consiste nel fatto che pregusto il momento in cui, finito di lavorare, mi preparerò un tè, diciamo un "camellia joy", mi siederò sul divano e leggerò da cima a fondo l'ultimo numero di "cantieri", una delle riviste sui libri che preferisco. di certo non posso condividere il mio tè, però "cantieri", se volete, potete prelevarla qui.

una vita buona, bella e colta

Corey L.M. Keyes
Chi scrive ha lavorato sui testi ricavati dalla trascrizione del simposio internazionale Stili di vita, salute e cultura: per un nuovo welfare, organizzato dalla Fondazione Bracco e tenutosi il 2 dicembre 2011 presso il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci” di Milano. È stato un avvenimento bellissimo e degno del massimo interesse, la cui tesi di fondo era la seguente: quanto più si sta a contatto con la cultura tanto più si sta bene, anche fisicamente, e quanto più si pratica la partecipazione culturale tanto più ci si sente parte del contesto in cui si vive.
Del concetto di benessere* come risultato dell’integrazione sociale sommata al flourishing (vale a dire la valorizzazione di tutto ciò che ci porta a crescere come individui) ha parlato Corey Keyes, un adorabile sociologo della Emory University in Georgia, che ha detto tra l’altro: “Il concetto di flourishing nasce da due antiche tradizione di pensiero filosofico. Uno, l’edonismo, è attribuito a Epicuro, che diceva ‘La vita è piena di momenti di piacere’. In altre parole, avere una buona vita è avere emozioni positive. Sentirsi bene, felici, soddisfatti, interessati alle cose. Aristotele la pensava molto diversamente. Diceva che senz’altro il piacere è parte di una buona vita, ma certamente non ne è lo scopo. Che va di pari passo con il perseguire l’eccellenza, il vivere virtuosamente, il funzionare bene, e lui chiamava tutto questo ‘eudaimonia’. Io l’ho tradotto con ‘funzionare bene’. Perciò nell’ambito della tradizione eudaimonica del funzionare bene troviamo sia il benessere psicologico sia quello sociale. Dal punto di vista psicologico, noi tutti ci sforziamo di accettarci come persone, nel bene e nel male. Ti accetti, come persona? Riesci a sviluppare relazioni di fiducia con gli altri, hai un rapporto positivo con gli altri? Sei stimolato quotidianamente a diventare una persona migliore, stai crescendo dal punto di vista personale?”**
E dice nel suo intervento Luca Francesco Ticini del Max Planck Institute: “Ci sono degli esperimenti che mostrano come l’attività dei centri cerebrali che ci fanno sentire il bello venga attivata dalla conoscenza ottenuta, per esempio, attraverso una scritta. Nel senso: abbiamo uno stesso quadro, o un disegno generato dal computer, se c’è scritto sotto ‘Questo è esposto alla Tate Gallery’, allora si attivano i centri della bellezza, se c’è scritto ‘Questo è stato generato dal computer’ non si attiva niente. Ecco come la nostra percezione può essere veramente influenzata da fattori contingenti”.
E Luca Cavalli Sforza: “Però uno può essere qualche volta costretto a trovarsi a contatto con altre popolazioni o con altri strati sociali, per ragioni anche magari di lavoro, e penso che bisogna trovare il modo di riuscire ad affrontare queste difficoltà cercando di essere il più ottimisti possibile; in fondo il modo migliore per fare una bella vita è di essere ottimisti”.

* Segnalo l’esistenza, che mi è stata rivelata da questo convegno, del “Journal of Happiness Studies”, nelle parole del suo chief editor Antonella Delle Fave “la prima rivista che a livello internazionale si è occupata di mettere assieme i contributi interdisciplinari negli studi sul benessere, e noi abbiamo visto come in questi ultimi due o tre anni l’interesse di studiosi di varie discipline, per questo tipo di concetti, sia aumentato esponenzialmente. Tanto è vero che oggi la rivista riceve manoscritti al ritmo di un manoscritto al giorno dalle discipline più varie, quindi dalla sociologia, dall’economia, dall’ambito educativo, dall’ambito medico e dall’ambito psicologico. Questo ci dice a maggior ragione che così come nella valutazione e nello studio delle variabili che determinano il benessere non ci possiamo più basare semplicemente sulla statistica tradizionale, ma abbiamo bisogno di modelli che abbiano una complessità minimamente rispecchiante la complessità della vita reale”.
** Queste domande, estrapolate dal contesto dell’intera relazione, potrebbero sembrare un poco ingenue, da psicologia positiva spicciola. Metto a disposizione di chi fosse interessato ampi stralci delle relazioni di tutti, da leggere un po’ in clandestinità perché gli atti non sono ancora stati pubblicati. Però assicuro che vale la pena di sfidare la sorte. Chiedeteli pure a chi scrive.

giovedì 9 febbraio 2012

ma prima di andare

non posso esimermi dal far notare che il collega lorenzo franzetti delle Cronache del topo (nonché autore del consigliabilissimo Dove finisce Milano, ha pubblicato una microintervista alla sottoscritta, qui.

esercizi di traduzione_february ground

solo la conclusione di February ground di Marge Piercy, perché poi devo andare. dopo una nevicata epica, la voce narrante si guarda intorno.


....
Tutto ciò che si rivela è magico,
magnifico nel suo risplendere ordinario.
Il sole dà alla luce cespugli di rose,
il mirto, una pala da neve caduta,
vinta sul campo di battaglia.

da Marge Piercy, The Crooked Inheritance, Alfred A. Knopf, New York 2006.
questo è l'originale:

...
Everything revealed is magical,
splendid in its ordinary shining.
The sun gives birth to rosebushes,
the myrtle, a snow shovel fallen,
overcome on the field of battle.

il mio dubbio è: "snow shovel" in italiano si dice davvero "pala da neve"? c'è un termine più corretto?


martedì 7 febbraio 2012

da dove sto leggendo

12. Un classico è un libro che viene  prima di altri classici; ma chi ha letto prima gli altri e poi legge quello, riconosce subito il suo posto nella genealogia.

A questo punto non posso più rimandare il problema decisivo di come mettere in rapporto la lettura dei classici con tutte le altre letture che classici non sono. Problema che si connette con domande come: "Perché leggere i classici anziché concentrarci su letture che ci facciano capire più a fondo il nostro tempo?" e "Dove trovare il tempo e l'agio della mente per leggere dei classici, soverchiati come siamo dalla valanga di carta stampata dell'attualità?". Certo si può ipotizzare una persona beata che dedichi il "tempo-lettura" delle sue giornate esclusivamente a leggere Lucrezio, Luciano, Montaigne, Erasmo, Quevedo, Marlowe, il Discours de la Méthode, il Wilhelm Meister, Coleridge, Ruskin, Proust e Valéry, con qualche divagazione verso Murasaki e le saghe islandesi. Tutto questo senza aver da fare recensioni dell'ultima ristampa, né pubblicazioni per il concorso della cattedra, né lavori editoriali con contratto a scadenza ravvicinata. Questa persona beata per mantenere la sua dieta senza nessuna contaminazione dovrebbe astenersi dal leggere i giornali, non lasciarsi mai tentare dall'ultimo romanzo  o dall'ultima inchiesta sociologica. Resta da vedere quanto un simile rigorismo sarebbe giusto e proficuo. L'attualità può essere banale e mortificante, ma è pur sempre un punto in cui situarci per guardare in avanti o indietro. Per poter leggere i classici si deve pur stabilire "da dove" li stai leggendo, altrimenti sia il libro che il lettore si perdono in una nuvola senza tempo. Ecco dunque che il massimo rendimento della lettura dei classici si ha da parte di chi ad essa sa alternare con sapiente dosaggio la lettura d'attualità. E questo non presume necessariamente una equilibrata calma interiore: può essere anche il frutto d'un nervosismo impaziente, d'una insoddisfazione sbuffante.

Italo Calvino, Perché leggere i classici, Mondadori*, Milano 1995.

*scusate, Mondadori e Palomar srl, per la lunga citazione.

non deve mancare nello scaffale di chi vuole scrivere

Food processor
ed è bene ribadirlo: il Ricettario di scrittura creativa di Stefano Brugnolo e Giulio Mozzi va acquistato e usato come si fa con i libri di cucina più comodi da usare, quelli che tieni sempre a portata di mano e sai che ti saranno utili per sempre.
Word processor
perché poi, nel turbinio di consigli e trucchi attinenti allo scrivere che a ogni pie' sospinto si incontrano in libreria e nel web, si rischia di dimenticare l'esistenza di questo solido volume, anche bello perché rilegato in brossura olandese, per inseguire le sirene dei parvenus. no, signori, quello da comprare per primo è ancora questo.

contiene:

- Le scritture dell'intimità
- Descrivere e spiegare
- Dibattiti, invettive, paradossi, invenzioni assurde ed altro
- Antimondi, terre fantastiche, isole non trovate
- Parodie e riscritture
- Straniamenti
- Monologhi, dialoghi, chiacchiere, sproloqui
- Le forme del narrare
- Versi, strofe, rime, accenti, ritmi
- Le forme della poesia
- Collage, manomissioni, variazioni sul tema, manipolazioni
- Dizionari, cataloghi, classificazioni, inventari
- Giochi, divertimenti, passatempi, tenzoni verbali

nigra sum sed formosa

E in effetti la bruna protagonista dello spot della Lancia Ypsilon e Musa Ecochic è una specie di Sulammita dall'occhio ceruleo, che nelle intenzioni del creativo che ha scritto lo spot è raffinata, poiché indossa vesti raffinate, e intelligente, poiché mentre aspetta che Salomone torni a casa legge il Cantico dei Cantici, non mancando, tuttavia, di percorrere il giardino a piedi nudi.

Venga il mio diletto nel suo giardino
e ne mangi i frutti squisiti. 


La voce fuori campo dice che Ecochic è prendersi tutta la libertà con più di millecinquecento chilometri di autonomia; intanto le pagine del Cantico si girano da sole, mosse dalla brezza.

Dov'è andato il tuo diletto,
o bella fra le donne?
Dove si è recato il tuo diletto,
perché noi lo possiamo cercare con te? 


Qui si ha la sensazione che Salomone ritardi perché, oltre alle grazie di Sulammita, lo inebriano anche i  millecinquecento chilometri che può percorrere con un pieno. E millecinquecento chilometri, si sa, non si percorrono in quindici minuti.

Il mio diletto era sceso nel suo giardino
fra le aiuole del balsamo
a pascolare il gregge nei giardini
e a cogliere gigli. 

Io sono per il mio diletto e il mio diletto è per me;
egli pascola il gregge tra i gigli. 


Io temo, Sulammita, che il tuo diletto stia pascolando la sua Ecochic.
E insomma, aspetta, aspetta, ma Salomone di arrivare proprio non ne vuole sapere.

Vieni, mio diletto, andiamo nei campi,
passiamo la notte nei villaggi. 


Ma Salomone pare avere inclinazioni decisamente metropolitane. E in effetti non lo vediamo mai, il cialtroncello, sino alla fine dello spot, tanto che Sulammita, invece che cercare consolazione nel libro, lo fa a pezzi e tutto intorno alla sua figura, al centro di una terrazza, ne cadono scenograficamente le pagine. E siccome, seguendo l'invito della voce fuori campo, evidentemente il suo diletto se ne è andato a vivere senza limiti sulla Ecochic, a Sulammita non rimane che distendersi incongruamente sul duro piano di una specie di mobile (ma non poteva andare a immalinconirsi su un giaciglio?), crocifissa in un'attesa che pare senza fine.

Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme,
non destate, non scuotete dal sonno l'amata,
finché non lo voglia. 


Così dice Salomone, e intanto prende tempo e ingrana la marcia per un altro bel giretto sulla Lancia.

mr. pickwick e il taccuino che vorrei

Oggi, si sa, ricorrono i duecento anni dalla nascita di Charles Dickens. Il primo centenario  fu celebrato, tra l'altro, con il francobollo che si vede qui sotto. Qui da noi oggi Radiotre dedicherà la sua intera programmazione proprio a Charlie.


Chi scrive è particolarmente affezionata al Circolo Pickwick, la cui esistenza scoprì in anni lontani, nel corso della lettura di Piccole donne della mai abbastanza lodata Louisa May Alcott.
Sentiamo prima di tutto cosa dice Riccardo Reim del metodo feuilleton dell'autore inglese nell'introduzione al volume pubblicato da Newton Compton nel 2006: "La pubblicazione a puntate determina inevitabilmente il metodo di lavoro di Dickens … Di solito, quando inizia la pubblicazione di un nuovo romanzo, lo scrittore (come anche tutti i suoi colleghi) non ha pronto che il contenuto delle prime cinque o sei puntate, e verso la metà della pubblicazione a volte neppure quello della puntata seguente. Per procedere speditamente e con ordine nel lavoro, si organizza adottando una specie di partita doppia: non solo riassume brevemente ogni puntata per non perdere il filo degli avvenimenti, ma di volta in volta, a lato del foglio, appunta laconicamente il piano dello svolgimento futuro, autentiche ‘chiamate in scena dei vari personaggi’, come giustamente osserva Mario Praz".
A parte i margini del foglio, avrà avuto Charles Dickens un quadernetto su cui appuntare personaggi e vicende delle puntate dei suoi romanzi? Nel Circolo Pickwick il taccuino del bravo samuel è menzionato tre volte. Io, questa notte, ho sognato il prossimo taccuino che vorrei, ed era proprio una copia di quello del signor Pickwick, ed era fatto così:

Si faccia clic sulle pagine del taccuino per leggere bene il testo tratto dal Circolo Pickwick



E con questo l'immortale signor Pickwick saluta tutti e torna alle sue balzane avventure.


Tutte le illustrazioni sono tratte da Joseph Grego (a cura di), Pictorial Pickwickiana - Charles Dickens and his illustrators, Chapman and Hall, London 1899. Chi volesse prelevare un ameno Index to Pickwick può recarsi qui. enjoy.

lunedì 6 febbraio 2012

poesia serissima

Ode al lettore itinerante milanese

Lettore che ti aggiri per Milano,
un libro eternamente nella mano,
dai mezzi sali e scendi imperturbato,
cuore leggero e spirto deliziato.
Ti rechi in ogni dove, qui e poi là;
misuri col tuo libro la città.
Per continuare a leggere un romanzo
talvolta tu rinunci pure al pranzo;
ti vedo in primavera, dentro al parco
tra i jogger ti ritagli sempre un varco.
Tu punti alla panchina, benedetto;
la ripulisci con un fazzoletto
e poi ti siedi, apri il libro e lo degusti
se sei lettor tra quelli più robusti.
Sarà per la gran messe di editori:
Milano è piena zeppa di lettori.
Però tra parchi e bar, che cosa strana,
la scelta va alla metropolitana
e al tram, trenino avito d’atmosfera
dove tu leggeresti mane e sera,
o lettore.
Viandanti temporanei
dai gusti variegati
ricercano in un rosa l’evasione,
tremano con le storie di vampiri
o leggono serissimi elzeviri.

giovedì 2 febbraio 2012

lidl rules

courtesy bangsandabun.com
la smerigliatrice eccentrica non è una signora abbigliata in maniera stravagante che viene a casa vostra a levigare vetri o altre superfici che ne avessero bisogno. è invece una macchina rotante che esegue lavori di smerigliatura proposta dalla odierna newsletter del lidl, per soli 24,99 euro. dio, quanto li adoro.

una modesta proposta: scrittori, curatevi le unghie

la proposta è istituire il 2 febbraio la giornata del silenzio degli scrittori e e scrittorelli. che cessi per ventiquattr'ore il cicaleccio, la patetica autopromozione, il livore contro gli agenti che non li tengono in considerazione e gli editori che non li pubblicano, le conventicole, i blog aperti per pubblicizzarsi un libro che dopo un poco rimangono lì, abbandonati e malinconici come un temporary shop appena sgomberato. che si taccia, dunque, che ci si limiti a scrutare il cielo, ogni anno, il 2 febbraio, ricordando un po' di novecento, nel giorno del compleanno di james joyce: "L'artista, come il dio della creazione,  rimane dentro o dietro o al di là o al disopra dell'opera sua, invisibile, sottilizzato sino a sparire, indifferente, occupato a curarsi le unghie".
James Joyce, Dedalus. Ritratto dell'artista da giovane, trad. it Cesare Pavese, Milano 1970

lasciate perdere trenta-quarantenni, scrittori senza opere,

occupazioni veterorivoluzionarie: oggi, a milano, è un giorno perfetto per celebrare il compleanno di james joyce.


"Era venuto il momento di mettersi in viaggio verso l'ovest. I giornali dicevano il vero: c'era neve dappertutto in Irlanda. Neve che cadeva su ogni punto dell'oscura pianura centrale, sulle colline senz'alberi; cadeva piana sulle paludi di Allen e più a occidente sulle fosche onde rabbiose dello Shannon. E anche là, sul cimitero deserto in cima alla collina dov'era sepolto Michael Furey. S'ammucchiava alta sulle croci contorte, sulle tombe, sulle punte del cancello e sui roveti spogli. E l'anima lenta gli svanì nel sonno mentre udiva la neve cadere lieve su tutto l'universo, lieve come la discesa della loro ultima fine su tutti i vivi, su tutti i morti."

James Joyce, I morti