martedì 31 gennaio 2012

scrittori senza opere e convegnetti cimiteriali

"In questo paese di giovani senza opere gli unici aneddoti edificanti ce li danno i vecchi, purtroppo ancora intellettualmente troppo moderni per essere compresi dai giovani e non fraintesi dagli altri vecchi mai stati giovani. Alberto Arbasino, che esordì appena trentenne con Fratelli d'Italia, mica con La ballata delle prugne secche, si chiederebbe banalmente come fa a insegnare architettura chi non è stato capace di costruire nemmeno una capanna."

convegnetto cimiteriale
finite di leggere l'ameno articolo di massimiliano parente, qui. a me mi fa ridere assai.

questa mattina sono stata dalla mia nail artist

e le ho commissionato la perfetta manicure dell'editor femmina.

il rabbino koppelbaum

Il rabbino Koppelbaum scopre sua moglie a letto con un altro. "Cara la mia Frumele, non va bene. Lo sai anche tu che si comincia così e si finisce per fumare di shabbat..."

Elena Loewenthal, Un'aringa in paradiso - Enciclopedia della risata ebraica, Milano 1997
Courtesy kimlephotography.com

martedì 24 gennaio 2012

felicità domestica. anche un po' ossimorica

eduardo "eddie" osorio, eccentrico informatico guatemalteco-newyorkese nonché caro amico mio, mi dice spesso, in segno di ironica ammirazione, "i wanna be like you when i grow up". ogni tanto penso ai miei idoli, e mi rendo conto che periodicamente da grande voglio essere anch'io come questo o quello. a dieci anni volevo essere come robert kennedy. in casa mia era capitata, non so più come, una biografia illustrata della famiglia kennedy in inglese, con la storia del patriarca joseph, la matriarca rose, e tutta la pletora di figli, nipoti, discendenti svariati; c'erano immagini di pranzi in famiglia, di corse con il cane sulla spiaggia e di bambini pasciuti con vestitini di lino. poi volevo essere come marlon brando, di cui ammiravo la bellezza inconsueta, anche un po' esotica. fu poi la volta di andré breton; poi, al liceo, della mia professoressa di francese silvana fallucca, una bionda solida friulana che ci raccontava come, pur di studiare il francese a parigi e in assenza di denaro, si sostentava con una caramella al giorno; di flaubert, di manganelli, di raymond carver, di carlo fruttero, di walt whitman, di louisa may alcott.

poi arrivò il tempo del lavoro a ritmo serrato; più la mia esperienza editoriale cresceva più avevo bisogno di idoli leggeri, e arrivò il tempo dell'identificazione con eddie "la raza" guerrero (lui non l'ho mai dimenticato, anche se è morto nel 2005 in un albergo, prima di un incontro, con chissà cosa in corpo).

di recente ho affrontato un lungo periodo, che ha compreso anche la pausa natalizia, in cui ho condotto un paio di lavori assai impegnativi, che mi hanno concesso pochissime possibilità di svago. allora una delle cose che alleggerivano la pressione, verso sera, era preparare la cena. da circa quaranta giorni ho scoperto che sulla 7d, alle 19:40, trasmettono la replica di un programma che si chiama "i menù di benedetta": dal lunedì al venerdì  un'avvenente signora della media borghesia alessandrina (nel senso di alessandria nel piemonte), giornalista sposata con un giornalista, di fecondità superiore, forse doppia, rispetto alla media nazionale (tre figli, con nomi come matilde eccetera), spiega come cucinare una quantità stupefacente di manicaretti, che prepara davanti a te in un'attrezzatissima cucina.
io penso che benedetta incarni la donna ideale: ubertosa al punto giusto, sempre benvestita e dotata di tacchi elevatissimi che rendono estremamente sexy il suo caracollare dalla cucina al lavandino, dove scola da enormi pentole fumanti chili di pasta ogni giorno (e ogni giorno io temo per la sua incolumità: cosa accadrebbe se facesse cadere la pentola con tutta quell'acqua bollente, in mezzo alla cucina, senza una maniglia cui appigliarsi, e l'amido rendesse il pavimento scivoloso?). benedetta non ha paura di mettere le mani in pasta: schiaccia l'aglio con il palmo della mano, prende il parmigiano grattugiato con le mani e lo sparge disinvoltamente sulle sue preparazioni, senza ricorrere a un cucchiaino, impasta trita affetta monta come il dispositivo kenwood per il food processing, gigantesco product placement troneggiante sul suo piano di lavoro. operazioni per le quali indosserei senz'altro un guanto di gomma sterile la vedono apertamente partecipativa: sotto le sue mani esperte prendono forma crostate, focacce e panzerotti di ogni risma.
è dall'altra parte un'autentica iena, come si comprende nonostante i tentitivi di giocosa dissimulazione quando, ogni giorno diverso, c'è un ospite che cucina qualcosa con lei: in quei frangenti la nostra cuoca elegante lascia trapelare una competitività e un ego fuori misura. mai mostrati apertamente, però, e in questo benedetta si riconferma ideale: capace di cucinare, misurata, madre capace, donna pratica, di quelle che se ci cucini insieme e rompi maldestramente un uovo ti biasimano e il messaggio sottinteso è "lascia che faccio io". però graziosa, e domesticamente sessuale.
e allora io ho deciso che voglio essere come lei. e per essere come lei devo diventare longilinea, e allora, dato che sono un'affezionata dei supermercati lidl, e sono iscritta pure alla newsletter, sabato scorso ho comprato al suddetto supermercato una fitness board da usare nei miei momenti di pausa.

e siccome i miei momenti di pausa li trascorro cercando di essere come benedetta parodi, mentre imparo a cucinare pietanze ingrassantissime davanti alla tele, da qualche giorno mi esercito con la mia fiammante tavoletta fitness.
e siccome l'adolescentina si è accorta che da qualche tempo a questa parte sua madre è strana, nel tentativo di assecondarla come si fa con tutti gli spostati ieri si è presentata (dichiarando che per comprarlo ha risparmiato sulla sua paghetta) con il libro di benedetta, segnalibro di seta e tutto, che mi ha messo in mano con un certo imbarazzo.

ce lo avete, me lo vendete, me lo regalate?

Dario Biagi, Il dio di carta. Vita di Erich Linder, Avagliano, 2007. Lo sto cercando.
Il dio di carta

sempre di editor, editing, aspiranti scrittori e agenzie letterarie

il parere molto interessante e ben documentato dell'autrice rita charbonnier, qui. leggete anche la seconda parte.

immagine courtesy wlwritersagency.com

sulla via della seta_nostalgia di cary grant


il "corriere della sera" online ospita nel suo sito "la ventisettesima ora", un improbabile blog di femmine dove si discute della maniera di conciliare lavoro e famiglia, oppure se si può giustificare l'atteggiamento di una colf filippina che improvvisamente abbandona la bambina milanese sveva perché ha trovato un lavoro più remunerativo e non fa più la babysitter, oppure parte per le filippine e torna dopo tre mesi perché è andata a trovare i suoi, di bambini, che stanno con la nonna e studiano per merito della madre che ha cambiato i pannolini alla bambina milanese sveva, e allora le signore si accalorano e dicono che insomma la colf filippina è una mamma pure lei e avrà pur diritto, di tanto in tanto, di vedere i suoi figli, sì però, risponde qualcuna, non pensavo si potesse essere così insensibili, in fondo sveva la conosce fin dalla nascita, epperò signore, dico io, il lavoro, un certo tipo di lavoro, è un puro scambio prestazione-soldi, e la signora filippina nella maggioranza dei casi di sveva se ne frega e si interessa dei suoi, di bambini, che mi sembra una cosa ovvia, o forse il vostro modello di domestica è la mamie di "via col vento", umile, materna e fedele fino alla morte, più realista del re, più bianca dei bianchi?

e insomma l'altro giorno ho letto su questo blog un post sulla moda maschile contrapposta a quella femminile, su abiti e potere, con annessa marchettina di miuccia prada, e tra i pareri espressi dai lettori mi ha fatto molto ridere quello di gattamatta 75, una signora che afferma: "A me l'uomo col completo piace sempre. Certo, deve essere un completo fatto bene, e soprattutto l’uomo che sta dentro al completo deve indossarlo con disinvoltura (chi non è abituato a portare la giacca e la cravatta si vede subito…).
Se il diavolo è nei dettagli, preferisco una bella grisaglia e delle scarpe con mascherina ad uno che mi arriva col pantalone molle, le scarpe slacciate e la giacca destrutturata, avvolto in un mega-foulard di Etro, tipo viaggiatore della Via della Seta…"

lunedì 23 gennaio 2012

dopo la morte di carlo fruttero,

tutti questi video e questi slideshow con la scritta "ciao carlo". guardate che è morto, non è appena entrato nella vostra stanzetta.

quel che resta dell'editing

Gordon "Captain Fiction" Lish, l'editor di Raymond Carver
 “Facendo seguito a […], premesso che
[…] c) L’Editor è un revisore letterario, libero professionista, lavoratore autonomo ed è in possesso della competenza, formazione letteraria, capacità e obiettività di valutazione, esperienza e sensibilità creativa necessarie per la prestazione dell’attività di revisione editoriale e di editing dell’opera sotto indicata.

Dall’articolo 1
Oggetto del contratto
1.1. Il Committente conferisce all’Editor l’incarico di eseguire la revisione editoriale e l’editing dell’Opera TITOLO. […] L’incarico di revisione editoriale e di editing dovrà intendersi comprensivo delle seguenti attività:

[…]
- revisione e adattamento della trama, valutando la struttura, i dialoghi, l’ambientazione, il linguaggio, lo sviluppo narrativo, individuando e intervenendo sulle parti prive di coerenza, sull’ordine delle sequenze, sulla caratterizzazione e tenuta dei personaggi, sulla motivazione delle azioni, operando direttamente quegli interventi di modifica, soppressione e riscrittura di brani e pagine, nel rispetto degli accordi convenuti con il committente.

Dall’articolo 2
Modalità di svolgimento dell’incarico
2.1. L’Editing dovrà essere eseguito nel rispetto del pensiero dell’autore dell’Opera, in sintonia creativa con il testo letto e con accortezza nei suggerimenti e negli interventi di adattamento e di modifica da apportare per aumentare la fluidità e la qualità stilistica e strutturale dell’Opera.
[…]
2.3. L’Editing dovrà essere svolto dall’Editor personalmente e in piena autonomia, al di fuori di qualsiasi vincolo di subordinazione con il committente o coordinamento con la sua organizzazione, conservando autonomia di decisione riguardo all’esecuzione dell’attività […]

Dall’articolo 6
Citazione del nome dell’Editor
Le parti concordano che il nome dell’Editor non figurerà nelle pagine interne dell’Opera Revisionata."
                                                                 
                                                                    °°°°°°°°°°

chi scrive ha estrapolato quello che si legge sopra dall'ultimo contratto firmato per un incarico di editing su un manoscritto da parte di un'agenzia letteraria milanese. la parte sottolineata spiega molto bene in cosa consista il lavoro di un editor (quello che lavora sui testi, non l'editor/scout che i testi valuta, sceglie e propone) e quali siano le possibilità e i limiti concessi quando si opera sul testo di un autore. 

e così riccardo e suzie (nomi di fantasia – mia), i personaggi principali  del protoromanzo di cui mi sono occupata negli ultimi due mesi, sono usciti dalla mia vita, nella quale erano rimasti così intensamente per oltre sessanta giorni. e pazienza se riccardo era un nobile smidollato e suzie, l'oggetto del suo desiderio imperituro, una slavata ragazzotta della pennsylvania. per tutti quei giorni ho riempito seicentonovantadue fogli di appunti, note, cancellature, ho riscritto interi paragrafi e immaginato soluzioni nuove cercando di capire cosa volesse dire l'autore, come si sentisse il personaggio e come fargli esprimere al meglio, senza tradirne la personalità, ciò che voleva esprimere. è stato appassionante doversi mettere nella condizione di pensare, agire, reagire come il tale o il talaltro. e passi se ho dovuto tagliare quasi la metà del manoscritto, se ho dovuto cercare un'unica frase in grado di sintetizzare pagine e pagine di ripetizioni alla ricerca delle tre o quattro parole nuove che avrebbero aggiunto qualcosa all'economia complessiva del testo.
riccardo, dopo che suzie l'ha lasciato per un panamense, ha navigato per i mari del globo terracqueo senza mai potersela togliere dalla testa; suzie ha fattto due o tre bambini, tutti dopo gravidanze difficili, la stolta. riccardo è dovuto finire in un ashram in india, per cercare di capire il senso della vita, e un po' pensa di averlo trovato nelle parole di un vecchio saggio; di suzie non si sa più nulla, forse fa marmellate a beneficio del comitato locale per i giovani orfani. in ogni caso suzie, ricky, ragazzi, mi mancherete.

domenica 22 gennaio 2012

in cerca di una piacevole conversazione

c'è la crisi, e naturalmente tutte le compagnie come groupon, groupalia e i loro cugini prosperano, con le loro offerte speciali di parrucchieri a 9 euro, ablazioni del tartaro a 19, cene etniche a 7 euro.
e in effetti, a consultare questi siti, si vede che le proposte abbracciano praticamente tutte le necessità degli esseri umani, dal dopobarba al tablet superscontato.
men che meno sfuggono le necessità imprescindibili, quelle che hanno la assoluta priorità rispetto, diciamo, a un soggiorno in agriturismo con cocktail di benvenuto a cinquantanoveeuroenovanta, che pure ha la sua utilità.
così kgb, che non è quello che si può pensare bensì un sito fondato sui medesimi principi di groupon, propone finalmente un articolo per signore davvero di estrema utilità: il Ciondolo Vibratore Touché Majesty a 36.90 euro invece che 84, consegnato a casa (non si specifica se in confezione anonima).



nel sito ci spiegano cosa è: "una collana lusso con un potente vibratore integrato", e perché dovremmo comprarlo: "Extra lusso e massimo piacere oggi si incontrano in un oggetto unico…", e quali sono le sue caratteristiche: "Oggi per te una collana lusso, disponibile in color oro, argento e nero, con un potente vibratore integrato. Potrai scegliere dal piccolo al più grande per centrare i tuoi bisogni.
Il più piccolo vibra solo, mentre il più grande nasconde un segreto, un piccolo alloggiamento all’interno dove poter inserire del lubrificante. Troverai una piccola bustina di lubrificante all’interno per l’inizio",

e anche come possiamo declinarlo: "La cosa più divertente è la possibilità di decorare il vibratore con degli anelli colorati in silicone intercambiabili. Alcuni colori possono significare qualcosa nella sfera sessuale.  Da ora in poi Touché decorerà il tuo corpo, ma con la soddisfazione sempre in testa.
Rosso: Single in cerca di sesso.
Bianco: Occupato, ma disponibile al tradimento
Nero: Fedele, ma in cerca di una piacevole conversazione".

i bravi signori kgb, tuttavia, sanno che la personalità di una signora è composita e vibra, è il caso di dirlo, di mille sfaccettature. e così nell'ambito della stessa offerta di genere ci propongono, nell'ordine:

- 11 oppure 15 chilogrammi di dash in versione professionale consegnati direttamente a casa nostra (perché si sa, non è che si può vibrare tutto il giorno, a un certo punto bisogna pure un po' occuparsi del bucato);
- una piastra per crêpes;
- due sedie modello "cosmo";
- una crema viso antiage al veleno di vipera;
- un apparecchio tesmed te 780 plus, per un fisico tonificato;
- una scopa a vapore;
- un termometro per alimenti.

c'è di buono che il ciondolo vibratore è pubblicato al primo posto, prima del dash.

scuola di scrittura 3: aspiranti scrittori si chiedono se per fare lo scrittore è meglio seguire un percorso scolastico prestabilito

Scrittori senza laurea. Courtesy wikisource
più leggo le domande e le risposte su yahoo answers, più mi convinco che è uno degli osservatorî più affidabili per comprendere i comportamenti e i pensieri di coloro i quali un giorno, se non lo stanno già facendo, scriveranno qualcosa e lo manderanno a uno scrittore o a un editor per chiederne la valutazione. chiede rocco:

"Secondo voi ci sono scrittori anche famosi che hanno un semplice diploma di maturità? ne conoscete qualcuno?"

 e gli answeriani rispondono:

lisa: Certamente, ce ne sono anche che non hanno titolo di studio...o che hanno dei percorsi di studi particolari. Prova a leggere i primi due libri di Frank McCourt -Le ceneri di Angela -Che paese l'America

gio' di: Un esempio famoso è Hemingway aveva solo fatto le scuole superiori a Oak Park, mentre gli altri suoi amici scrittori come Faulkner, e Fitzgerald provenivano dalle università prestigiose.

huxley "wildchild" tan: Fabio Volo.

martedì 17 gennaio 2012

uno stabile sentimento della letteratura

e siccome non riesco a scrivere niente perché sto leggendo cose altrui, vi direi di non perdere un bell'articolo di elisabetta rasy sull'edizione online del "sole 24 ore" online, in cui si parla della "paris review" e ci si chiede se una serie di interviste ad autori possa concorrere a una storia della letteratura. a presto

venerdì 13 gennaio 2012

nel caso passaste da milano o quivi risiedeste

Nota di Ezra Pound a Giovanni Scheiwiller, 1937. Courtesy flaminiogualdoni.com
(però potete ordinare anche per posta), segnalo l'uscita di Vanni Scheiwiller editore europeo, a cura di Carlo Pulsoni, e rimando alla recensione di Arturo Colombo sul "Corriere della Sera" online. La citata libreria Pecorini si trova a Milano, in Foro Buonaparte 48; l'ottima Lalla Pecorini non vi deluderà. Se non volete comprare il libro di Pulsoni andate lo stesso in quella libreria: è bellissima.

martedì 10 gennaio 2012

solo per anglofoni whitmaniani

altri giochi di parole letterari del cane intellettuale qui.

bookfast (writers for breakfast)_h.g. wells

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“Così finalmente abbiamo il nostro vangelo”, disse lo studente biondo. “È tutta un’illusione, vero? Tutte le nostre aspirazioni a condurre una vita migliore di quella dei cani, tutto il nostro lavoro per qualcosa di là da noi. Ma guarda come sei incoerente. Il tuo socialismo, per esempio. Perché ti preoccupi degli interessi della specie? Perché ti preoccupi del mendicante nella strada? Perché ti dai da fare per prestare quel libro” –  indicò William Morris con un movimento del capo – “a tutti nel laboratorio?”
“Una ragazza”, disse il gobbo indistintamente, e guardò furtivo sopra la spalla.
La ragazza in marrone, con gli occhi bruni, era entrata nel laboratorio, e stava sull’altro lato della tavola dietro di lui, con il grembiule arrotolato in mano, guardando sopra la spalla e ascoltando la discussione. Non notò il gobbo, perché osservava Hill e il suo interlocutore. Il fatto che Hill fosse consapevole della sua presenza le fu rivelato dal suo deliberato ignorare la cosa; ma ella lo capì, e questo le fece piacere. “Non vedo la ragione”, disse, “per cui un uomo dovrebbe vivere come un bruto perché non conosce nulla di là dalla materia, e non si aspetta di vivere altri cento anni.
“Perché non dovrebbe?”, chiese lo studente biondo.
“Perché dovrebbe?”, disse Hill. “Quale incentivo ha?”
“Voi religiosi vi comportate tutti così. È sempre una questione di incentivi. Un uomo non può cercare la giustizia per amore di giustizia?”
Ci fu una pausa. L’uomo biondo rispose, in modo un po’ verboso, per guadagnare tempo: “Ma vedi, l’incentivo, e quando dico incentivo...” E allora il gobbo intervenne in suo aiuto e fece una domanda. Era un individuo terribile nei dibattiti, ed essi invariabilmente assumevano una sola forma: la richiesta di una definizione. “Qual è la tua definizione di giustizia?” chiese a questo punto il gobbo.
Hill, a questa domanda, provò un’improvvisa perdita di sicurezza, ma appena venne formulata, l’aiuto giunse nella persona di Brooks, l’assistente di laboratorio che era entrato dalla porta della stanza di preparazione, portando un certo numero di porcellini d’India appena uccisi, tenendoli per le zampe posteriori. “È l’ultimo gruppo di materiale per questa sessione”, disse il giovane che prima non aveva parlato. Brooks avanzò nel laboratorio, lasciando cadere due porcellini su ogni tavola. Il resto della classe, odorando la preda da lontano, entrò a frotte dalla porta dell’aula di lezione, e la discussione ebbe bruscamente termine, perché gli studenti che non erano già ai loro posti vi si affrettarono per assicurarsi la scelta di un esemplare. Ci fu un rumore di chiavi che tintinnavano sugli anelli portachiavi mentre le serrature venivano aperte e gli strumenti per la dissezione estratti. Hill era già in piedi accanto alla propria tavola, e la scatola del bisturi gli usciva dalla tasca. La ragazza in marrone fece un passo verso lui e, chinandosi sulla sua tavola, disse piano: “Ha visto che ho restituito il suo libro, signor Hill?”
Durante l’intera scena sia lei sia il libro erano stati vividamente presenti alla sua coscienza; ma non senza goffaggine egli finse di guardare il libro e di vederlo per la prima volta. “Oh sì, disse prendendolo. “Vedo. Le è piaciuto?”
“Voglio farle qualche domanda in proposito, un giorno o l’altro.”
“Certo”, disse Hill. “Ne sarò lieto. “Si fermò imbarazzato.
“Le è piaciuto?”, chiese.
 “È un libro meraviglioso, ma ci sono delle cose che non capisco.”

lunedì 9 gennaio 2012

esercizi di traduzione_vegetarian nightmare

Breve panegirico
Mark Strand

Adesso che l’incubo vegetariano è finito
e siamo tornati alla nostra dieta di carne
di nuovo profondamente influenzati dalle nostre oscure, bellissime abitudini
e possiamo parlare con calma dell’essere sopravvissuti,
che l’alito del futuro tocchi e tocchi ancora i nostri ampi corpi affamati.
Rechiamoci svelti al mercato, ad abbracciare il macellaio;
mettiamoci alle spalle l’anno della carota, il mese della cipolla,
onoriamo l’arrosto o lo stufato che ancora una volta prendono posto
nel sacro centro del tavolo da pranzo.

l'originale è questo:

A Short Panegyric
Now that the vegetarian nightmare is over 
and we are back to our diet of meat 
and deep in the sway of our dark and beautiful habits 
and able to speak with calm of having survived, 
let the breeze of the future touch and retouch our large and hungering bodies. 
Let us march to market to embrace the butcher and put the year of the carrot, the month of the onion behind us, let us worship the roast or the stew that takes its place once again 
at the sacred center of the dining room table.

la traduzione è di chi scrive. notizie su mark strand qui

sciagura

non so cosa sia successo ai titoli in maiuscolo di questo blog. capisco solo che una font maligna si è inserita a mia insaputa. che dio ci protegga, questa è macumba.

cerca la risposta nel libro, forse

l'ubertosa signora legge Tra moglie e marito - Quaranta brevi storie di vita familiare, di Stefano Guarinelli*, al capolinea del tram numero trentatré. è evidentemente interessatissima, porta enormi cerchi argentati agli orecchi e sfoggia eyeliner e mascara coordinati, di un celeste chiaro, in nuance con la copertina del libro.

* stefano guarinelli è un prete, psicologo clinico, consulente presso il seminario arcivescovile di milano, con cattedra a salamanca. somiglia vagamente ad alberto di monaco. 
courtesy seminario.milano.it

sabato 7 gennaio 2012

cercare sempre l'uovo

gallina senza uovo

gallina con uovo, dopo l'approfondimento
in casa di chi scrive la befana passa anche per gli adolescentini che appendono la calza, e siccome anche quest'anno l'adolescentina la sua calza storica, in mancanza di un caminetto, l'aveva attaccata alla maniglia di camera sua, la buona vecchina l'ha riempita di ogni ben di dio, mettendoci pure un portachiavi di vil gomma a forma di gallina.
noi ieri avevamo considerato la gallina con divertimento, dedicandoci primariamente ai dolci, poi oggi, ridottasi la calza di metà, abbiamo scartato indolentemente la gallina per scoprire che da un foro sul posteriore della suddetta, opportunamente strizzata, fuoriesce un globo di materia trasparente che contiene un uovo. allora mi sono detta che è sempre il caso di trovare un momento di indolenza, di pausa, di vacatio, perché quello è il luogo in cui poi le uova si manifestano, e vale la pena di cercarle.

vagabondi, giuntatori, paltonieri, guidoni, pitocchi

courtesy lookandlearn.com
il centenario dalla morte di Lodovico Coiro (2011) è appena trascorso. vale la pena di leggere questi brani dal suo Milano in ombra, inquietanti nel loro rimando al presente. in caso di curiosità antropologiche, si può avere un assaggio dell’attuale milano dickensiana accedendo all’ingresso della stazione centrale dall’uscita principale della metropolitana verde.

Milano ha del pari che tutte l’altre città la sua feccia, la quale, come ripeto, ha nulla di comune coll’ottimo popolo operaio, che massime in questi ultimi tempi, è diventato massaio e previdente ed ama l’istruzione ed il lavoro. Né si creda che questa genia sia composta di soli Milanesi; questi anzi vi sono in minor numero di quel che non si creda, giacché a formarla concorrono tutte le città minori e i villaggi di Lombardia, che mandano a noi tutti i loro rifiuti. Cosa questa non nuova, ché la plebe di Roma era pur essa composta di gente venuta dal di fuori della città. E Tacito, nauseato dalla corruzione della Roma de’ suoi tempi, ne svela la cagione dicendo che in Roma “omnia turpia atque scelesta confluunt celebranturque” il che può ripetersi a buon diritto per la nostra Milano.
In Parigi eziandio, la plebe è formata non solo dei déclassés della grande metropoli, ma per la maggior parte, dei provinciali, il qual fatto era già stato accennato da Jacques Sanguin, prevosto dei mercanti nel 1592 sotto Enrico IV. “La bonne ville de Paris renferme deux populations bien dissemblables et d’esprit et de coeur. Le vrai populaire, né et élevé à Paris, est le plus laborieux du monde, voire le plus intelligent;  mais l’autre est le rebut de toute la France. Chaque ville des provinces a so égout, qui amène ses impuretés a Paris”.

[…]

Fisionomia della plebe di Milano
Milano è il gran mondezzaio della Lombardia, la sua feccia che in sostanza è eguale a quella d’ogni altra città, ha però note caratteristiche del tutto speciali, le quali ci possono rendere più agevole il modo di definirla, purché, ottimo lettore, tu non cerchi nella definizione che ti verrà posta innanzi né il genere prossimo, né l’ultima differenza. Dev’essere una bella definizione davvero!
Vagabondi, giuntatori, paltonieri, guidoni, pitocchi, si mescolano insieme a comporre la falange plebea.
Il plebeo non vive in famiglia; esso ne trova o ne improvvisa una dovunque, sulla piazza come nell’ospitale, nel postribolo come nel carcere. Non curante del domani, non ha una stabile ed onesta occupazione; dalla colpa trae miseramente i mezzi di sussistenza; il caso gli fornisce il vestito, e perciò quando la feccia sbuca in folla da’ suoi covili la si vede vestita delle foggie più svariate e bizzarre. Berretti e cappelli, abiti di panno logori e smunti, fusciacche di frustagno,  calzoni d’ogni taglio e d’ogni colore, scarpe e brodequins si vedono appaiati in istrana mostra,  offrendo anche al più superficiale osservatore tutti gli elementi per tessere una storia delle foggie d’abiti in uso da dieci anni in poi presso la cittadinanza, di cui quella moltitudine è parte ed alla quale essa in modo onesto od inonesto li ebbe.
Piccole stelle o buccolette azzurrine agli orecchi, anelli in dito, al collo foulards dai colori smaglianti, ecco gli ornamenti ricercati dagli uomini del nostro volgo. Le donne vestono pur troppo con apparente lusso; ma i lembi sfilacciati delle loro seriche gonnelle segnano la distinzione tra queste miserabili e le vere signore.
Gli uomini sono magri e snelli, piuttosto sparuti; la loro pelle ha un colorito terreo; hanno gli occhi lustri, mobilissimi ed investigatori, ossa zigomatiche assai sporgenti, bocca atteggiata al sarcasmo ed all’insulto, ritengono nel sembiante un non so che di provocante e insieme di spaurito, che rivela la condizione loro di dover sempre camminare per quell’angusto e pericoloso sentiero che separa il delitto dalla punizione. Dove abitano, come vivono e come parlano questi miserabili vedremo in seguito. Osserviamo finalmente, che se per il suo sudiciume la plebaglia è brutta a vedersi, per la sua selvaggia rozzezza è altrettanto disgustosa a trattarsi. Costituisce una società nella società, con alcune consuetudini dagli interessati riconosciute per leggi, con lingua propria, con mestieri speciali, e con una certa gerarchia, di cui quelli che occupano gradi superiori, sono almeno temuti se non rispettati od amati. Questi miserabili non hanno religione, sono schiavi di molte superstizioni ed hanno di tali loro stolte credenze, non sacerdoti ma sacerdotesse; essi hanno infine una importante caratteristica,  già notata dal Machiavelli, ed è che presi singolarmente fanno schifo e ribrezzo e veduti raccolti in massa incutono spavento.
Chi si mostra sfegatato idolatra della feccia, non l’ha neppure vista da lunge.

[…]

In Milano vi è maggior movimento letterario che in qualsiasi città d’Italia, tant’è che ben 4000 persone campan la vita coi frutti del loro ingegno, come vivano poi ve lo dicano i molti figli della bohème, che discutono ogni giorno, seriamente se debbano sopprimere la colazione o il pranzo, e che vanno torturandosi il cervello per satollarsi con esempi di abnegazione e di sobrietà,  non potendo nutrire il loro corpaccio con qualcosa di più concreto e di più sostanzioso. Vita poetica è quella della bohème! Ma come potrebbe avvenire altrimenti in una città nella quale vi sono 286 mentecatti, 314 imbecilli, 453 ciechi, migliaia e migliaia d’affaristi, che non leggono altro che il loro libro mastro e 45,613 individui che non sanno leggere né scrivere? Inoltre i 5799 individui che hanno dichiarato nella scheda di censimento di saper soltanto leggere è certo che altro non leggono tranne il lunario e la cabala del lotto e questi per vero dire aumenteranno di ben poco il commercio librario, il che può dirsi ancora di moltissimi indefessi lettori di opere prese a prestito dagli amici e dai conoscenti.
Ma la feccia?... È difficile l’affermare il numero preciso delle persone che la compongono. Dalle statistiche ufficiali questo non si può rilevare1.
1 In questi studi mi sono giovato di statistiche affatto private redatte diligentemente e con finissimo criterio dal signor Angelo Candiani, già comandante delle guardie di pubblica sicurezza al quale rendo le più vive grazie. Tributo pure cordiali ringraziamenti al già questore cav. Edoardo Cossa e al signor cav. Pietro Fassa, già direttore delle carceri di Milano che mi procurarono modo di vedere da presso alcune precipue fasi della vita plebea.

Lodovico Corio, Milano in ombra - abissi plebei, Stabilimento G. Civelli, Milano 1885

bookfast (writers for breakfast)_nathaniel hawthorne

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La pagina di vita spiegata sotto i miei occhi mi sembrava ottusa e banale, soltanto perché non avevo scandagliato il suo significato profondo. C’era là un libro più bello di quanti riuscirò mai a scrivere, che si dispiegava sotto i miei occhi pagina dopo pagina, dettato dalla realtà dell’attimo fuggente, pronto a dileguarsi non appena scritto, soltanto perché il mio cervello era privo di introspezione e la mia mano non aveva la capacità di metterlo sul foglio. Un giorno, nel futuro, forse rammentando alcuni frammenti sparsi e paragrafi spezzati, scoprirò trascrivendoli che le lettere si trasformano in oro. Queste percezioni sono giunte troppo tardi. Al momento ero consapevole soltanto che quanto, un tempo, sarebbe stato un piacere, era ormai una fatica disperata. Non era il caso di gemere per quello stato di cose. Avevo smesso di essere uno scrittore di racconti e saggi tollerabilmente mediocri per diventare un sovrintendente di dogana tollerabilmente capace. Ecco tutto. Non è tuttavia affatto gradevole essere perseguitato dal sospetto che il proprio intelletto si stia dileguando e inconsapevolmente evaporando come l’etere da una fiala, sicché, a ogni occhiata, si scopre un residuo ridotto e meno volatile. Su questo non c’erano dubbi e, valutando me stesso e gli altri in relazione all’effetto che aveva sul carattere un ufficio pubblico, ero portato a trarre conclusioni poco propizie. Forse in seguito svilupperò in altra forma queste notazioni. Basti qui dire che ben difficilmente un funzionario di dogana, in servizio da tempo, sarà un personaggio rispettabile o degno di lode, per molte ragioni, una delle quali è la titolarità stessa dell’incarico, un’altra è la natura del lavoro che – pur essendo onesto, ne sono convinto – è di tale genere che il funzionario non partecipa allo sforzo comune dell’umanità.

io concordo con norman, oh quanto

Jan Maurits Quinckhardt (1688-1772), Gentiluomo che legge alla luce di una candela, XVIII secolo
 
 
Lo sforzo principale nell’organizzare la propria vita dovrebbe consistere nel ridurre progressivamente la quantità di tempo necessaria per mantenersi decorosamente, in modo da poter avere tutto il tempo che si vuole per leggere.

lettori milanesi 2012, itineranti e ostinati

metropolitana rossa: Jonathan Coe, La Banda dei brocchi, in beata solitudo

metropolitana gialla: sul kindle, la dispettosa

metropolitana gialla: spensieratamente sovrappeso, incurante del treno che arriva. chi scrive il treno lo doveva prendere, pertanto ha potuto appurare soltanto che si trattava di un titolo di Stephen King

venerdì 6 gennaio 2012

tempesta in una tazza di tè

non è il mio compleanno e natale è appena passato, ma perfavoreperfavoreperfavore, qualcuno potrebbe regalarmi questa teiera, per favore?

se per caso passaste da pavia (o quivi risiedeste)

 
Quella nella foto è la lapide di Enrica Malcovati, nata a Pavia nel 1894. Qui si può leggere la biografia di questa insigne latinista. In questa sede aggiungerò che la lapide è collocata  presso l’Università degli Studi di Pavia, corso di Strada Nuova, cortile delle Statue, primo piano, portico settentrionale, seconda da sinistra; sotto l’iscrizione si vedono dei libri fatti di pietre diverse, recanti incisi sulla costa nomi di opere e autori latini. Cliccate sulla foto per vedere quanto sono belli.

bookfast (writers for breakfast)_ray bradbury

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 E Timothy, da dove viene?
“E io, Grandmère?”, chiese Timothy. “Sono arrivato dalla finestra nella soffitta?”
“Tu non sei arrivato, figlio mio. Sei stato trovato. Eri in una cesta, davanti alla porta, con un tomo di Shakespeare per poggiapiedi e La casa Usher di Poe per cuscino. Con un biglietto attaccato alla camicia: STORICO. Sei stato mandato, piccolo, per scrivere di noi, metterci nella lista, certificare la nostra ansia di sfuggire al sole e il nostro amore per la luna. Ma la Casa, in un certo senso, ti ha chiamato, e i tuoi piccoli pugni morivano dalla voglia di scrivere.”
“Cosa, Grandmère, cosa?”
L'antica bocca impastata biascicò qualcosa.
“Tanto per cominciare, la storia della Casa stessa...”

epifanie

"Abbiamo avuto tutti i nostri 'aha moments'", scrive lo scrittore scientifico Robert Lee Hotz in recente articolo sul "Wall Street Journal", citando la definizione dello psicologo John Kounios: "Un 'aha moment' è qualunque improvvisa consapevolezza che ci permette di vedere qualcosa in una luce diversa. Potrebbe essere la soluzione di un problema, oppure capire una barzelletta o riconoscere improvvisamente una faccia. Oppure rendersi conto che un amico non è veramente un amico".*

Praticamente un'epifania.


*William Safire, On Aha and Senior Moments, in "The New York Times", 5 luglio 2009.

giovedì 5 gennaio 2012

di vanity press, da livio romano

mi è piaciuto, oltre al contenuto, anche il tono rilassato di queste note di livio romano, che risponde a michela murgia dopo un intervento di quest'ultima a tutela degli autori "veri".

immagine courtesy write-strong.com

nel caso passaste da londra da qui al 4 marzo o quivi risiedeste

presso la british library, nell'ambito delle manifestazioni per il bicentenario dalla nascita di charles dickens, è aperta la mostra su dickens e il suo rapporto con il soprannaturale.

il presidente ha una certa allure

roberto calderoli accusa mario monti di aver organizzato un megaparty di capodanno a palazzo chigi, a spese dei contribuenti, e per questo ne chiede le dimissioni. mario monti risponde con una nota che è un gioiellino di umorismo à la wodehouse. enjoy.

la palude di manganelli

desidero segnalare un video su giorgio manganelli girato da nicolas tripet e pubblicato sul sito del centro studi giorgio manganelli, qui. è un microviaggio di ricerca, un micropellegrinaggio tra persone e cose girato dall'autore con senso della sintesi e una pertinente asciuttezza. è in realtà anche l'esposizione della difficoltà di essere figlia di un padre grande e virtuale, del grande dolore di trovarsi cucita addosso la missione di scovare brandelli di affetto e di cura nelle carte, invece che nel ricordo di un pranzo domenicale o di un'uscita alle giostre. ché lietta manganelli, figlia di giorgio, cerca allo scopo di riparare: ripara mancanze, vite animali e vegetali, cercando di mettere le cose al loro posto cerca di riparare ciò che è stato. potrebbe forse cercare di estraniarsi, fare altro, ma come è detto nella frase di manganelli riportata nel video da una delle donne che lo scrittore amò, "la famiglia è come un serpente, la tagli e si riforma".

mercoledì 4 gennaio 2012

non aprite quella porta

uno

due
cose che bisogna sapere quando si accompagnano le figlie adolescenti a comprarsi un capo di abbigliamento al negozio brandy di via cesare beccaria 5 a milano:

uno. il negozio brandy è popolato di feticisti che spogliano manichini.

due. nel negozio brandy si nascondono pericolosi assassini e, forse, cadaveri dietro le porte.

oscarwildismi_non è una città per urningi

il bravo oscar, sul finire dell’ottocento, non avrebbe avuto una vita molto felice a milano, che all’epoca non era, evidentemente, un paese per urningi (attendo comunicazioni di eventuali neourningi per sapere se ai giorni nostri milano è più accogliente).

"In Milano l’oscarwildismo è penetrato da un pezzo. Coloro che fanno o frequentano la vita mondana sanno tutto quello che si svolge nelle alcove maschili. L’estetismo ha sedotto molti e molti non lo considerano nemmeno come vizio ributtante. Nei ritrovi pubblici si dà del vecchio a chi ha orrore dell’inversione sessuale. Come ci sono le Satin della vita che odiano l’uomo e non si dànno che alla donna, così ci devono essere gli Oscar Wilde e gli Eulenburg. Il la della moltiplicazione degli urningi me lo ha dato non è molto un lenone di una casa Hammond di Milano, mettendosi a singhiozzare davanti al presidente del tribunale che lo aveva condannato a tre anni.
— Perché piangete? — gli domandai.
— Caro signore, io sono rovinato completamente. Avevo una casa così bene avviata...—
Gli altri due pederasti passivi hanno detto al loro avvocato:
— Noi non possiamo parlare perché l’onore professionale ce lo impedisce. Ma se gli dicessimo i nomi della nostra clientela non ci crederebbe. Noi stessi ne siamo spaventati.
Io ho degli amici che hanno proprio voluto farmi vedere che sul lastricato milanese c’erano più prostituti che prostitute. E una sera dopo l’altra ho dovuto convincermi che semplicemente tra l’imbocco della Galleria Vittorio Emanuele e le adiacenze intorno al Duomo c’era una legione di giovanotti e giovanottoni che mettevano in mostra le eminenze del loro corpo, che vestivano con cura femminile, che occhiavano e dominavano chi li desiderava, che parlavano con la voce effeminizzata,  che si chiamavano Ernestina, Adalgisa, Edvige, Cleofe, e che avevano i loro domicili liberi come le donne del mestiere. Tra i miei amici c’era pure un delegato di P.S., sconosciuto agli invertiti di professione. Ciascuno dei miei amici lavorava a trascinare i passivi nei tranelli per proprio conto. Ma quanto lo spudorato era nella propria stanza avveniva l’invasione e lo si caricava di pugni.
Uno dei massacratori di quella feccia che involava la clientela alle biches del selciato milanese è stato eletto deputato a Novara.
Il fattaccio dei pompieri licenziati anni sono non ha punto sorpreso. Si sapeva che la loro vita non era quella dei poveri cristi che accorrono a spegnere gli incendi. Indossavano pellicce da signori,  avevano alle dita anelli con brillanti, mangiavano come persone dal palato ducale e scarrozzavano e spendevano e si davano a tutti i lussi. Quattro di loro furono confessi. Tra i lenoni che ospitavano le coppie maschili era un sarto. Il processo degli invertiti non so se sia avvenuto il perché una delle orge stomachevoli se era svolta in un luogo pubblico, senza essere avvenuta, per questo,  all’aperto o sul Duomo, come aveva detto un giornale e senza importanza. Il passivo del bagordo carnale non era un gentiluomo, ma un giovane calzolaio.
La Commissione d’inchiesta incaricata di verificare se le dicerie erano delle diffamazioni o dei fatti veri era composta dell’assessore Candiani, dell’assessore Morpurgo e dell’assessore Sironi.  Il loro metodo era spicciativo. Pareva che avessero paura di inzaccherarsi a penetrare nei labirinti delle inversioni sessuali.  Ai sospetti, citati davanti a loro, domandavano su per giù queste cose:
— Conosce lei il sarto tale?
— Non è mai andato nella casa di via A., di via R., di via M., del corso B. A.? —.
Essi si sono accontentati di un’inchiesta superficiale, limitata ai loro dipendenti. Di nomi estranei non hanno voluto saperne. È molto se ne è giunto uno al loro orecchio, uscito spontaneamente dalla bocca degli accusati.
Mi duole solo che i tribunali italiani siano rimasti alla tradizione di chiudere le porte tutte le volte che si giudica la porcaggine libidinosa degli uomini e delle donne. Si ha paura. Si ha paura che la diffusione dei misfatti carnali contamini i costumi e infiacchisca e instupidisca le generazioni. Sciocchezze! Il segreto, la scena ributtante avvolta nella garza giudiziaria, i nomi dei malviventi dalle perversioni carnali protetti dalla morale, tanto immorale da impedirne la circolazione e l’affissione pubblica, non sono più del popolo sano, forte, capace di guardare in faccia alla produzione delittuosa dei suoi simili. Tappare in casa l’immondizia, fare di tutto perché coloro che vi passano non odorino gli odori pestiferi, vuol dire essere sudicioni. La società non è affidata ai magistrati. La società, presa nel suo insieme, ha diritto di sapere con chi vive e come la Giustizia giudichi i suoi accusati.
Nel paese del bric-à-brac monarchico, nel paese eminentemente teologico le porte chiuse di una Corte farebbero impazzire gli inglesi. Le porte chiuse sono dei vili. Se io sono un mostro della specie lo devono sapere tutti. I miei errori matrimoniali devono essere uditi da chi vuole udirli e descritti in tutti i giornali. In Francia impera lo stesso sistema. Non c’è delitto, per quanto sconcio, che si svolga nell’atmosfera degli ambienti chiusi. Aria! Aprite le porte! Insegnate a noi stessi la vita che si vive."

Paolo Valera, Milano sconosciuta, 1879