le riflessioni sugli impossibili tacchi adottati dalle signore passivo-fetish nel post del 28 maggio scorso (vuoi mettere l’impossibilità di darsi a una comoda fuga quando arriva il lupo cattivo, l’inevitabilità di soggiacere alle sue voglie, avendo lasciato le sneaker a casa: trattasi forse di bisogno inespresso di perdere il controllo, di abbandonarsi un pochino a una supposta originaria ferinità) mi hanno richiamato alla mente un brano dagli Elementi di architettura lodoliana ossia l’arte del fabbricare con solidità scientifica e con eleganza non capricciosa, un volume sul pensiero architettonico di Carlo Lodoli pubblicato da Andrea Memmo nel 1786. Diceva Lodoli – padre francescano nonché architetto in polemica contro il barocco e pugnace assertore di un, diremmo oggi, design che privilegiasse la funzione opposta all’ornamento –, a proposito di oggetti per sedersi, che “spettava alle spalle di dar la forma alle spalliere delle sedie, ed al deretano la forma del sedere”. E ci racconta ancora Memmo (o il Memmo, come lo chiamerebbe qualche paludato storico dell’arte di mia conoscenza): “Collocò un giorno quella sua sedia da lui inventata presso uno di que’ gran seggioloni foderati di bulgaro, quadrati, pesanti, carichi di bollettoni di metallo e d’intagli, appunto nei poggi ove non si potevano più mettere i gomiti senza sentirsi offendere, e sopra i quali volendo sedersi conveniva scagliarsi per sdrucciolare poi giù, attesa l’altezza inconveniente, ed il rialzo quasi acuminato e duro del sedere […]. Intagliate pure, inverniciate, indorate quanto volete per servire al necessario vostro lusso; ma senza scordarvi del comodo, diceva, e della resistenza opportuna”.
mi viene in mente che una delle camminate più sexy che io conosca è quella di un’eccentrica signora lombarda, che non a caso ha sempre raccolto grandi successi presso gli aspiranti fidanzati, indefessa indossatrice di ballerine pure con la neve.
deretano courtesy www.candyapplecostumes.com
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