ieri sera, mentre attendevo al foraggiamento delle bestie, ascoltavo una nota emittente progressista milanese. l’argomento era il costume da bagno integrale da indossare in piscina se sei una signora musulmana. il conduttore aveva costruito la trasmissione proprio per dimostrare che le ragazze che indossano l’indumento si sentono libere di farlo e all’uopo aveva invitato in collegamento telefonico una ventenne con velo a rivendicare la modernità della propria famiglia, che nel suo seno ospitava: la ragazza in questione; una sorella senza velo con autentico bikini; un padre che aveva garantito libertà di scelta (ma il padre era vedovo? perché non è stata citata la madre?). il conduttore aveva specificato all’inizio che erano più gradite telefonate femminili perché, insomma, quella cose di femmine era (ma lui allora cosa c’entrava, non ce l’avevano una collega femmina?). alcune donne di buona volontà hanno telefonato per dire che ognuno è libero di mettersi quello che vuole e che quindi l’oscena muta poteva indossarsi senza nocumento alcuno per il libero pensiero e il libero uso del proprio corpo. uno sparuto gruppetto di signore, non dico mal tollerate ma si capiva che non erano funzionali alla tesi della trasmissione, ha dichiarato che a loro veli e sciammeriche non sembravano proprio frutto di libera scelta. e come si potrebbe pensare il contrario quando si vedono certe malcapitate, con quaranta gradi di caldo, avvolte in metri di tessuto? e certe velate bambine, come quella che ho visto sui pattini giorni fa in via melchiorre gioia? a me non è sembrata libera, ma, a una dozzina d’anni se non meno, priva del diritto di asciugarsi in santa pace il sudore, di mettere la testa sotto una fontana e già obbligata a dichiarare, muta, il peccato di possedere un corpo vivo per sé. dirò grezzamente: ma lasciatele giocare, ‘ste bambine. mi chiederò grezzamente: perché non è stato invitato a parlare il padre di qualcuna di loro? aggiungerò grezzamente: non mi piace, proprio non mi piace la repressione del libero pensiero, non mi piacciono i costumi integrali e non mi piacciono le scollature abissali. mi piacciono le ragazze felici e utopicamente libere dall’obbligo di piacere a chicchessia: questo non mi impedisce di andare dal parrucchiere e di occuparmi della mia (non comune) avvenenza. terminerò grezzamente: signori democratici, vi ficcate o no in testa che è comunque paternalismo ritenere o non ritenere giuste certe istanze di costume (è il caso di dirlo), di cultura? noi, qui, ed è la nostra caratteristica precipua, possiamo dibattere e discettare quanto ci pare. ci sono popoli che per storia, struttura sociale, religione ancora non ci sono arrivati, e non saremo certo noi con i nostri patetici dibattiti giustificazionisti a esportare la democrazia dove questa non è gradita.
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