l’avvicinarsi dell’estate mi richiama alla mente le ostriche di ostenda (città nella quale peraltro non sono mai stata e rispetto all’esistenza della quale non ho alcuna certezza).
e dunque nell’icaro involato di raymond queneau, un romanzo in cui i personaggi dei romanzi assumono vita autonoma e fuggono dalle dette, ancora incompiute opere, il personaggio chamissac-piéplu, otto-novecentescamente, lievemente nevrastenico, a cena al café des anglais, protesta con il maître a causa di un rumore che gli riesce insopportabile.
c.-p.: “Non potrebbe fare smettere questo rumore?”
m.: “Quale, signore? […] Non sento niente, signore, se non le conversazioni briose e tintinnanti, i coltelli che rimano con le scodelle e, per soprammercato, gli zigani che sviolinano il motivetto di moda.”
c.-p.: “Idiota di un maître, intendo parlare del rumore che fanno quei due con le loro ostriche di Ostenda.”
[…]
c.-p. (rivolto a Icaro): “Signore, la prego di far cessare il baccano di quelle ostriche nelle loro conchiglie, è un frastuono che non posso sopportare.”
posologia: leggere le 188 pagine di icaro in non più di due giorni.
effetti benefici: dispone l’animo alla giocosità.
raymond queneau, icaro involato, einaudi, torino 1969.
1 commento:
Da non credere: questo è, oggi, il terzo post che leggo che parla di Queneau. Che sia un segno celeste?
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