domenica 8 giugno 2008

sono preso


capita, talvolta, di telefonare a qualcuno – dovendo fare a questo qualcuno una richiesta lavorativa, o energetica (gas, luce), o addirittura questo qualcuno è, poniamo, genitore di un compagno di classe dei tuoi figli. oppure capita che uno rivolga una domanda a un altro che lavora nella stessa stanza. insomma, capita spesso di chiedere un’informazione o di manifestare una necessità, non per forza, né l’una né l’altra, impegnative per il destinatario. e altrettanto spesso capita di sentirsi rispondere – da un impiegato, da un parigrado, da un conoscente purchessia – “scusa, ma adesso sono preso” (variante: “scusa, ma adesso sono un po’ preso”). questo participio passato, nella sua qualità tentacolare, ha un notevole potere di umiliazione. la sua rappresentazione grafica potrebbe essere una mano aperta, con la palma rivolta in direzione del domandante, che allo stesso tempo separa e ferma: che tiene l’interlocutore a debita distanza rispetto a chi deve erogare l’informazione. è un gesto verbale di grande freddezza e arroganza, un piccolo modo di esercitare un piccolo potere. si veda la nobile abnegazione, invece, nell’invito di athos al compagno moschettiere: "'Sono preso”, gridò Athos con tutta la forza dei suoi polmoni, 'al largo, d’Artagnan! Sprona, sprona!', e sparò due colpi di pistola."

quanta vendicativa appetibilità, per il questuante respinto, in quei due colpi di arma da fuoco.

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