giovedì 15 marzo 2012

the “m” word e la sentita necessità di un diario personale


un carissimo amico che vive da tempo una curiosa fase scatologica mi ripete a intervalli regolari che tutto è lordura, che affoghiamo nella lordura (a dire il vero lui usa la parola “merda” – the “m” word) e insomma c’è lordura dappertutto. per stare nella metafora del pantano un po’ lurido, se penso ai pressoché ineludibili (che pure se non sei iscritto se ne parla ovunque lo stesso) social network, facebook mi appare come un vastissimo bacino di liquame su cui galleggiano detriti della più disparata natura, un bacino, diciamo, di fronte alla spiaggia di ostia, dove le famiglie più caciarone lasciano in giro scorze di anguria mordicchiate (poi, s’intende, su questa spiaggia si incontrano anche molti rispettabili individui, composti sulla loro sdraio, con il loro libro, forse un ipod e molta discrezione. e dicono anche molte cose utili). twitter, invece, mi ricorda le petulanti cacchette ovine, quelle piccole sfere nerastre lasciate cadere con noncuranza nei momenti, per l'osservatore, più impensati. è così che chiunque, compresi giornalisti e altri intellettuali, ci informa del pensiero che lo coglie in quel momento, manda qualche criptico messaggio a chissà chi (dimenticando che nell’era della comunicazione esiste anche l’sms). persone che ci dicono cosa hanno mangiato o cosa vogliono cucinare, che onorano qualche morto famoso con un ciao, che mandano i loro tweet su facebook perché, sebbene abbiano dichiarato che il network di zuckerberg fa schifo, hanno paura di non avere lettori a sufficienza su twitter (è il caso di un noto giornalista culturale recente dimissionario da un inserto culturale); o sedicenti critici letterari che invitano altri seguaci perché gliene mancano duecento per arrivare a quarantamila.
io credo che in qualche buona cartoleria esistano ancora i diari personali, quei quadernetti corredati di lucchetto e soprattutto di una bella chiave con cui chiudere pensieri che non sempre vale la pena di diffondere, inani sferette di liquame rappreso vaganti per l’etere.

4 commenti:

pa ha detto...

lucida e splendidamente scritta fotografia dell'epoca attuale!

mi è piaciuto soprattutto il pezzo delle famiglie caciarone che lasciano gli avanzi sulla spiaggia: quelli che postano le dediche a padre pio o alla nonna in fin di vita!!!!

intanto, mi sono iscritta anche a twitter da una settimana, ah ah ah.

aa ha detto...

tra un po' mi iscrivo anch'io, giusto per non far mancare all'universo le mie pillole di saggezza ;-)

Renato ha detto...

Ringrazio.
(occavoli, è un messaggio cosi corto che potevo mandarlo per sms)

aa ha detto...

ciaociaociao, renato! (su che social devo pubblicarlo, questo saluto?)