ho letto con piacere e silenziosamente plaudito all’articolo di paolo giordano sulla “stampa” dello scorso sabato 9 maggio (La solitudine degli studenti di tedesco, p. 1), in cui sostanzialmente l’autore tesse l’elogio di scelte scolasticamente non omologate – in questo caso quella di optare per il tedesco e non l’inglese come seconda lingua –, in quanto semi che non mancheranno di offrire inaspettati frutti intellettuali e nella costruzione del sé. il riferimento è all’irresistibile chiamata a far gruppo che prende gli adolescenti, spesso impedendo loro di cogliere occasioni di imprevisto sviluppo. scrive tra l’altro giordano: “[…] la lettura, così spesso chiamata in causa con una retorica fastidiosa, costituisce un’opportunità reale, perché allarga la nostra esperienza, spesso così ‘ovvia’, ad altre, più straordinarie, lontane e imprevedibili”.
ora, nella mia famiglia c’è una adolescente che sin dalla culla è stata esposta alla carta stampata. diventata grande, questa ragazza ha imparato a usare internet: chatta con i suoi amici, guarda i suoi idoli pop su you tube, conosce i social network. usa anche word per scrivere le sue storie. in quarta elementare ha concepito un racconto epico, sfortunatamente mai sviluppato, intitolato La morte di Noemi e il sacrificio di Chiara (lo ammetto, è sempre stata un tantino bizzarra). e insomma quest’adolescentina era oggi nella casa di campagna di un’amica e a un certo punto mi ha telefonato dicendomi che non aveva portato con sé carta e penna e se per favore le prendevo un appunto circa una storia che le era venuta in mente, una roba horror ambientata in un ospedale. so cosa regalare all'atipica first baby per il suo compleanno.
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