accompagnare un’adolescente in un negozio di abiti per adolescenti è un’esperienza che ti segna. uno si aspetterebbe di trovare in questi negozi un po’ tutti uguali – con queste canottierine, questi pantaloncini, questi giubbottini che vorrebbero un po’ richiamare lo stile da party girl di certe ragazze che vivono, chessò, a los angeles, dotate di minuscoli cani e di borse per cani, nonché di un discreto livello di cafonaggine – uno, dicevo, si aspetterebbe di trovare gruppi di ragazzette un po’ viziate, col portafogli, per la loro età, ben pieno (la sottoscritta, alla loro età, sbavava per un certo paio di jeans che ottenne solo dopo un tempo incalcolabile), con questi broncetti che vorrebbero risultare sexy ma dicono solo quel pochino di insipienza. e in effetti quello si trova, ma anche altro: non già genitrici un pochino stufate, che dopo svariate mezzore di attesa davanti ai camerini con rinchiuse le figlie diventano un po’ brusche e ingiungono di piantarla e di comprarsi, vivaddio, una normale t-shirt, no. vi si trovano signore, madri sì delle giovani mai sazie di shopping ma pure loro competitor. signore che girano pure loro per il negozio alla ricerca di qualcosa per sé stesse, alcune patentemente fiere di potersi comprare un capettino in un negozio per dodicenni. signore* costrette, alle quattro di pomeriggio, in gonne e bluse ultra aderenti, con qualche trasparenza disseminata, qualche spacco e i tacchi, altissimi, innaturali, tacchi fetish per autopunizioni.
*la mezza signora fotografata è una vera signora milanese in un vero negozio milanese. la foto è mia. dato che nel negozio per adolescenti c’era un divano, mi sono seduta a leggere il giornale, in attesa di mia figlia. questo mi ha dato la possibilità di osservare e fotografare indisturbata: la lungotaccata era concentrata su un paio di mutande da lolita.
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