mercoledì 21 settembre 2011

l'editing di faccio testo_renzo ferrari

È in uscita per i primi di ottobre il volume Renzo Ferrari - Opere 1990-2010, per i tipi di Skira editore, con la curatela di Francesco Porzio: Faccio Testo ne ha curato l'editing. L'artista è nato nel 1939 a Cadro (Lugano). A incontrarlo di persona è un tizio alla Bukowski, piuttosto sulfureo: bestemmia senza remore e infiora volentieri il proprio eloquio di gros mots.
Renzo Ferrari durante la riunione in casa editrice per il controllo del menabò del suo libro
Indossa uno di quei gilet che chi scrive adora ma non ha il coraggio di comprare per sé, nelle cui tasche custodisce i suoi moleskine, straripanti di appunti e di schizzi, bellissimi da vedere.
I moleskine che abitano le tasche del gilet di Renzo Ferrari
Scrive il curatore nella sua premessa: "Nelle sue opere migliori  l’artista sembra incarnare le “interfacce” multiple e frammentate del flusso mediatico che ci avvolge in un’esperienza viva e contraddittoria, e perciò di significato umano ben più ampio. ... Non c’è dubbio che Ferrari giunge a questo risultato grazie a una ferrea tutela della libertà e della freschezza dell’immagine. Quest’ultima è il frutto di un’improvvisazione controllata, alimentata ('scaldata') dall’esercizio preliminare del disegno." 
Renzo Ferrari, Stanza rossa, 1997
Renzo Ferrari, Stanza verde, 1997
E questa è la voce dell'artista a proposito delle due opere qui sopra, pubblicate nel libro (qui i colori risultano spenti, mentre gli originali sono infinitamente più sanguigni) : "In quel momento aspiravo alla 'réalisation'. Qui significa essere al contempo liberi e precisi, mantenere la freschezza dell’immagine. Forse c’è l’esempio di Matisse, un pittore che non è mai 'sudato' (Picasso lo è di più), che non s’inceppa. Da lui, e anche dai suoi scritti, ho appreso la libertà dell’espressione. Matisse comincia con lo schizzo a fusain, poi ne fa un altro molto 'giapponese' e automatico a penna, cioè parte dal modello retinico ma poi quando arriva alla pittura va in assoluta libertà e souplesse, è il quadro che lo conduce. Questa è la libertà dell’artista. L’artista può anche partire da un elemento di cronaca, ma poi il linguaggio deve avere una sua purezza nell’arrivare allo scopo, nel comunicare in modo profondo e non illustrativo l’esperienza dell’immagine. Ecco, questi due quadri forse testimoniano un risultato fresco del mio lavoro, dove non si sente più il sudore, la fatica nell’acquisire che avevo prima. Attenzione però, perché se la facilità diventa un partito preso si scade subito nel manierismo. Se una cosa la sai già fare allora non ha più senso, non è più avventura."
Al lavoro nel suo atelier
 

2 commenti:

pa ha detto...

Evviva, speravo scrivessi di lui!

aa ha detto...

uè, quanto entusiasmo, come mai?