venerdì 20 aprile 2012

Tutto in un’ora: Edgar Allan Poe e la short story

courtesy poemuseum.org
 
Il 20 aprile 1841 Edgar Allan Poe pubblicava sul “The Graham’s Lady’s and Gentleman’s Magazine” quella che è considerata la prima detective story, I delitti della rue Morgue. Colgo l’occasione per una breve riflessione sul racconto, teorizzato da Poe come forma di lettura moderna per persone frettolose.

Edgar Allan Poe, il magazine, la short story
Teorizzatore, se non iniziatore, della tradizione che vedeva il magazine come l’arena nella quale si giocava la comunicazione nell’ambito intellettuale statunitense è Edgar Allan Poe, il quale già negli anni quaranta dell’Ottocento propugnava la forma-magazine come l’espressione appropriata della cultura americana: una pubblicazione periodica ove far circolare il genere da lui ritenuto ideale, il racconto, per motivi tanto culturali quanto finanziari. Nel suo saggio sui Twice Told Tales di Nathaniel Hawthorne1, Poe teorizzava la superiorità del componimento poetico o del racconto breve su pezzi di prosa di lunghezza superiore. Raccomandava la brevità, scritti da leggere nella loro interezza entro lo spazio di un’ora, come unico modo, a suo parere, per generare un’impressione densa e totale sul lettore, per non diluire la sua attenzione a danno dell’effetto di organicità2. Nelle intenzioni programmatiche di Poe il racconto breve o il componimento poetico assumono tanta più forza d’urto sul lettore quanto più sono concentrati, e quanto più concentrato nel tempo è l’effetto che producono su chi li legge. Tra narratore e narratario si stabilisce perciò una corrente circolare di comunicazione che ha il suo fondamento di potenza nella potenza impiegata dal narratore per distillare quel concentrato di comunicazione di messaggi e atmosfere, quella forte impressione creata da uno “squadramento della parola” preciso e assoggettato unicamente all’adempimento dell’effetto cercato.
La motivazione che spinge Poe a elaborare la sua teoria è duplice: da una parte intellettuale, ma dall’altra anche acutamente cosciente del pubblico a cui si rivolge, con i suoi ritmi nuovi e le conseguenti nuove esigenze. Il lettore di Poe non può spendere più di un’ora nella lettura di un testo: vive nella nuova società mercantile, e il tempo e il ritmo della sua lettura devono fatalmente uniformarsi a quelli del nuovo assetto socio-economico3. Poe attua dunque un’acuta mediazione tra necessità di circolazione della cultura (con il conseguente ritorno economico) e disponibilità reale (di tempo e di denaro) del lettore medio. La rivista, una pubblicazione che può essere venduta a un prezzo accessibile, contiene il racconto, che può essere letto in un tempo ragionevole: i due elementi, nella visione dell’autore, sono complementari.

Un aggiornamento
Di polverizzazione del tempo (e conseguente necessità di una “letteratura breve”) e di necessità del contenimento dei costi parla, in un’intervista ad “Affari italiani” del 13 aprile 2012, l’editor di Einaudi Paola Gallo4.

1 Edgar Allan Poe, Complete Poems and Selected Essays, a cura di Richard Gray, London 1993, pp. 245-252.
2 “Se dovessi dire come il più alto genio potrebbe essere impiegato nella maniera più vantaggiosa per mettere in risalto al meglio i suoi poteri, risponderei senza esitazioni: nella composizione di un poema rimato la cui lunghezza non ecceda quanto può essere letto in un’ora […] in quasi tutte le categorie della composizione l’unità di effetto o di impressione è un punto di grande importanza. È inoltre chiaro che questa unità non può essere interamente preservata in produzioni la cui lettura non possa essere completata in una sola seduta […] il comune romanzo è biasimevole, per la sua lunghezza […]. Poiché non può essere letto in una seduta, esso è deprivato, naturalmente, dell’immensa forza che deriva dalla totalità. Nel racconto breve […] all’autore è consentito di realizzare la pienezza della sua intenzione”. Edgar Allan Poe, op. cit., p. 247 (la traduzione è di chi scrive).
3 “[…] Poe postulava a priori l’esistenza di un pubblico che sarebbe stato troppo indaffarato per prestare un’attenzione più che passeggera  all’arte e alla letteratura”. Andrew Levy, The Culture and Commerce of the American Short Story, Cambridge 1993, p. 24 (la traduzione è di chi scrive).
4 Antonio Prudenzano, “L’Arcipelago” di Einaudi, collana decennale che si scopre attualissima. L’editor Paola Gallo: “A giugno il libro di Michela Murgia”, in “Affari italiani”, 13 aprile 2012: http://affaritaliani.libero.it/culturaspettacoli/l-arcipelago-di-einaudi-ne-parla-l-editor-paola-gallo020312.html?refresh_ce

3 commenti:

kalz ha detto...

Sarà stato un fuori di testa Poe, ma era avanti

paolo f ha detto...

Bello: mi spinge a ritirare fuori un breve excursus sulle origini della detective fiction che avevo compilato qualche anno fa. Magari lo rimetto sul blog.

aa ha detto...

e io corro a leggerlo.