“Tutti, anche i più inesauribili arredatori del vuoto, sanno
che la vita è senza senso e sfuma rapidamente, dopo una miscela indigeribile di
piaceri e di sofferenze, negando a tutti, dai più grandi ai più insignificanti,
il conforto di potere pensare di avere realizzato se stessi. In questa luce,
appare evidente l’ingannevole posizione dei pionieri dell’autenticità: si
tratta soltanto di un ennesimo, più sofisticato modo di arredare il vuoto.
Sartre, spiega Lévi-Strauss, ‘pensava che si potesse veramente dare un senso
alle cose, mentre da parte mia credo che non ci si arrivi mai e che
semplicemente bisogna scegliere o di vivere la vita più soddisfacente
possibile, e allora dobbiamo comportarci come se le cose avessero un senso, pur
sapendo che in realtà non ne hanno nessuno, e quindi non perdere mai la testa,
lasciarsi portare, andare all’avventura. Oppure bisogna ritirarsi dal mondo,
suicidarsi o condurre un’esistenza da asceta tra le foreste e le montagne. Ma
noi viviamo un po’ come degli eterni schizofrenici sapendo che ci comportiamo
nel modo che ci può dare la maggior soddisfazione dei sensi, ma che non ha
altra giustificazione al di là di questa. […] Ma per fronteggiare il nulla può
bastare anche la gioia di un acquisto in cui sembra incarnarsi la bellezza,
questa ultima linea di resistenza contro la brutalità del vuoto. A Londra
Cocteau era andato in pellegrinaggio dal rinomato Lock: ‘Oggi ho visto mister
Lock fare un cappello con nastri, paglia e spille… lo tengo in testa e mi dà
delle idee inglesi’.”
Giuseppe Scaraffia, Arredare il vuoto, prefazione a Giuseppe Scaraffia, I
piaceri dei grandi, Sellerio, Palermo 2012
I piaceri dei grandi
è un dizionario di piaceri intellettuali, alcuni tra i più bislacchi, che
consiglio di leggere perché ha il potere di trascinarti irresistibilmente dalla
sua parte e di indurti a trascurare le attività produttive: è dunque a sua
volta un piacere dei grandi. Però devo esprimere una lamentatio nei confronti di Sellerio, una casa editrice
senz’altro di pensiero, nell’ambito della quale l’editore fa il suo mestiere di
selezione ma non quello di cura del testo. A pagina 28, infatti, alla quinta
riga si trova un “fonfo” che deve essere “fondo”, e la cosa dovrebbe essere
veniale, visto che da un po’ di tempo neanche l’Einaudi è esente dalla
pubblicazione di refusi. Epperò, dalla terza alla settima riga, leggiamo così:
“Nel 1931, in una lettera da una clinica, Zelda confessava a
Scott Fitzgerald ‘una voglia così disperata di correre in bicicletta di correre
in fonfo [sic] a una lunga strada
bianca”, arrivato dalla Romania. Il cinico Cioran si divertì a girare la
Francia in lungo e in largo.”
mentre dovremmo ovviamente leggere così:
“Nel 1931, in una lettera da una clinica, Zelda confessava a
Scott Fitzgerald ‘una voglia così disperata di correre in bicicletta di correre
in fonfo [sic] a una lunga strada
bianca”. Arrivato dalla Romania, il cinico Cioran si divertì a girare la
Francia in lungo e in largo.”
Sellerio, un correttore di bozze costa pochissimo e rende
moltissimo: perché rovinarsi la reputazione con queste brutte cadute?