mercoledì 25 febbraio 2009

tout se tient - armonia di lettori e libri sul tram numero due

Colum McCann, La sua danza. è la storia romanzata di rudolf nureyev e sul tram numero due la legge una signora incolore, banalissima d’aspetto, che reca con sé una serie di borse malamente assortite: queste ultime, però, se si tiene conto di certe affermazioni di flaubert, potrebbero contenere culturali meraviglie. ecco cosa dice gustave in una delle sue lettere a louise colet (30 agosto 1846): “[…] Bisogna avere l’ossessione dell’eccentricità per scoprirla in me, in me che conduco la vita più borghese e ignorata della terra. Morirò nel mio angolo senza che si possa, spero, rimproverarmi né una cattiva azione né una brutta frase, perché non mi occupo degli altri e non farò nulla perché si occupino di me. […] Ma al di sotto di questa [vita] ce n’è un’altra, segreta, tutta radiosa e illuminata per me solo”.
una ragazza molto pallida, con la testa trafitta da uno spillone da acconciatura (lo giuro), legge Il sangue nero del vampiro, di Valerie Stivers, dal quale si distrae solo di tanto in tanto per trafficare con il suo ipod. accanto le legge una fanciulla dall’aspetto fragile e afflitta da una brutta tosse, che tiene aperto (lo giuro) La signora dalle camelie di Alexandre Dumas: ha tutta l’aria di una che potrebbe morire da un momento all’altro per un’appassionante, ottocentesca flussione di petto. accanto a me una ragazza legge intenta uno smilzo Ernesto Che Guevara, Latinoamericana Feltrinelli. sui capelli porta un baschetto (lo giuro: solo che il suo baschetto è celeste mélange, da femmina, non come quello sciantoso e sciupafemmine del che). il tram numero due, stamattina, è denso di correspondances.

trendsetting 7 - teste calde e begli insulti

milano, via ponte seveso, ora postprandiale. un collerico vecchione ha parcheggiato la sua panda davanti a una banca, impedendo il passaggio delle altre auto. un ragazzo suona un inascoltato clacson, poi scende a dirne quattro all'incivile. tra queste quattro, la parola scemo. replica del vecchione, paonazzo per la collera e roco per lo sforzo: "tu non dai dello scemo a me. chiuditi la testa!"

immagine courtesy www.3bscientific.it

martedì 24 febbraio 2009

tvttb - cultura pop lungo la strada per grosseto

ma i genitori di jennifer non mettono da parte il denaro per la sua istruzione?

giovedì 19 febbraio 2009

orgoglio di padre - scatologie


questa sì che è volgarità.

Come Grangola conobbe la meravigliosa intelligenza di Gargantua
dalla invenzione di un nettaculo

[...] "Bene", disse Grangola, "ma qual è il nettaculo che ti sembrò migliore?" "Stavo per arrivarci", rispose Gargantua, "e presto ne saprete il tu autem. Mi pulii col fieno, con la paglia, la stoppa, la borra, la lana, e la carta. Ma sempre lascia al coglion qualche cosa chi con la carta il seder si cosa. "Come!", disse Grangola, "coglioncino mio, hai già imparato a baciar la bottiglia, che sai fare le rime baciate?" "E come no? mio re", rispose Gargantua. "Rimo così e anche meglio; e adopero le rime come le rame. Sentite questa prosopopea del cesso ai cacatori:

Cacone,

Puzzone,

Pettone,

Merdoso,

La pappa,

Che ti scappa,

Si spappa,

Su me,

Cacone,

Stronzone,

Merdone,

Che ti venga una brutta malattia,

Se i tuoi

Sporchi

Buchi

Non ti pulisci prima di andar via!


[...] "Sì", disse Grangola, "ma ora torniamo alla faccenda.

"Quale?", disse Gargantua, "cacare?"

"No", disse Grangola, "pulirsi il culo".

"Bene", rispose Gargantua, "ma paghereste una mezza brenta di vin di Brettagna, se io vi mettessi con le spalle al muro sull'argomento?"

"Sì, e volentieri", rispose Grangola.

"Non ci sarà mai bisogno", riprese Gargantua, "di nettarsi il culo, a meno che quello sia sporco; e sporco non può essere se uno non ha cacato: ergo se ne deduce, che sempre bisognerà cacare prima di nettarsi il sedere".
"Oh!", esclamò Grangola, "come sei fino, ragazzo mio! Uno di questi giorni ti farò laureare in Sorbona, perdio, perché hai proprio più cervello che anni [...]".

c’è chi dice no (e c’è chi dice ma) – naysayers e yesbutters

esistono individui i quali, di fronte a qualsiasi cosa si proponga, qualsiasi nuova idea si esponga, qualunque fantasticheria si condivida, rispondono invariabilmente “no”. non il dignitoso e tragico “preferirei di no” dello scrivano, ma “no, è impossibile, non si può fare, non riuscirà”. “proviamo?” “è inutile, tanto non…” è l’imbarazzante schiatta dei naysayers, termine anglosassone che sintetizza in maniera eccellente la locuzione “coloro i quali oppongono un diniego a qualsiasi tentativo di modificare lo status quo” e sostituisce la traduzione, di tono decisamente puerile, “signornò”. queste persone, che si possono trovare anche tra i nostri amici, sono dei tarpatori di professione: specialisti nel dissolvimento di qualunque proiezione positiva, di qualunque slancio verso un cambiamento purchessia. vagamente arcigni, anche quando si travestono da ragionevoli, sono come bambini cui sia stata rivelata troppo presto l’inesistenza di babbo natale, che pervicacemente si compiacciono di rovinare il sogno ai loro compagni più piccoli.
qualche tempo fa, nel corso di un laboratorio d’arte per bambini al quale avevo accompagnato mia figlia, il povero animatore cercava di imbastire una storia mostrando delle immagini di cose che non si trovano in natura. uno dei bambini, a malapena seienne, s’incaponiva: “non esiste, è fatto col computer”. “sì, ma facciamo finta che…” “non esiste. si prende una foto e si fa col computer, lo fa anche mio padre”. e non si placava.
trovo che questo strenuo, nevrotico attaccamento alla realtà, a quella che si può toccare, verificare, quella in cui tutti i conti tornano, sia profondamente invalidante. credo che, per chi è legato al concetto di incessante sviluppo individuale, per coloro che desiderano passeggiare in libertà nello spazio che è dato tra sé stessi e l’esterno, e oltre – ma quanto esterno, se poi lo apprezziamo comunque con i nostri occhi? –, sia necessario evitare questi tristi figuri. e i loro cugini, gli yesbutters, quelli che ti oppongono un invariabile, noiosissimo “sì, ma”.


immagine: cravatta The Nay Sayer, courtesy www.zazzle.com

mercoledì 18 febbraio 2009

ossimori

sulla porta del negozio "granciclismo", milano, piazza vetra.

martedì 17 febbraio 2009

un libro, di prima mattina

quest’uomo, a giudicare dalla sua borsa un medico, ha appena terminato una conversazione di prima mattina, in una tersa giornata milanese, con il signore che tiene il chiosco dei libri in piazza cavour. ha preso il suo volume, si è intrattenuto brevemente ma senza fretta, poi si è incamminato curiosando tra le pagine mentre si recava a destinazione. questi sono giorni in cui a milano, se si guarda bene, talvolta da qualche angolo spunta un venditore di violette con i suoi mazzolini.

lunedì 16 febbraio 2009

memoria, nostalgia, necessità - da un signore nato nel 1915

il neretto è mio.

"[…] la trasmissione organizzata da un collettivo femminile sul tema dello stupro era condotta con una misura civile, un’intensità sofferta e spoglia di retorica, da riuscir degna di attenzione e di rispetto, ben al di là della materia sordida e delle crudezze di linguaggio. […]
Strutturalmente più esile del maschio in quasi tutte le specie più evolute (discobole russe escluse), anche se biologicamente più forte (vive dieci anni di più), la femmina è la vittima predestinata della violenza maschile in tutte le società falsamente civili, in cui la forza bruta rimane strumento primordiale di dominio. […] siamo di fronte a uno sviluppo culturale complesso, non univoco, non separabile da una parallela evoluzione della mentalità maschile […]
Chi sono gli autori abituali di stupri? Non ci si aspetti scimmioni villosi e senza fronte, maniaci sessuali, drogati. I più son gente comune, onesti lavoratori, padri di famiglia, giovani di belle speranze, che trovano giusto, bello, esaltante, afferrare in tre, in cinque, in sette, una donna indifesa, una donna che porta in sé affetti, sentimenti, ideali, e massacrarla nel corpo e nella mente, infliggerle un trauma spesso irreparabile. Perché? Qualcuno dice raptus, qualche altro esaltazione collettiva, qualche altro provocazione da minigonna. Ogni scusa è un’ulteriore bassezza.
Gli psicologi parlano di donna-pretesto, di oggetto casuale che consente al “gruppo” di esercitare sulla femmina accomunata la propria omosessualità latente. La via è aperta alle disquisizioni più sottili.
Ma alcuni punti mi sembrano certi. Il primo è che lo stupro è solo esteriormente un fatto sessuale: senza reciprocità e mutuo abbandono non c’è sessualità, ma meccanica simulazione, tentativo di illudersi (come in ogni rapporto venale), cioè degradazione. Lo stupro è perciò violenza pura, brutalità che si esaurisce in sé stessa, voluttà di calpestare, umiliare, distruggere un altro essere umano. Esso dev’essere perciò classificato tra i delitti più abietti e punito come tale. Chiunque sia la donna violentata, anche una prostituta incallita, essa merita solidarietà, commiserazione e rispetto. La legge va cambiata. La violenza va repressa dovunque affiori, subito, senza pietà."

6 maggio 1979

Luigi Firpo, Cattivi pensieri, Mondadori, Milano 1983

mangalemmi 31

tanatoglossa: linguaggio dei morti, da usare con i morti.

della tanatoglossa, in riferimento a giorgio manganelli, parla anche antonio faeti che, nel suo La "camera" dei bambini, Dedalo, Bari 1983, definisce manganelli come scrittore "esperto dei linguaggi che si devono usare con i morti", p. 192.

sfratti - la piccola fiammiferaia è cresciuta

la piccola fiammiferaia è cresciuta e vende fiori di carta nel mezzanino della metropolitana di san babila, nel giorno di san valentino. è una signora molto gentile e molto anarchica: non fissa un prezzo per la sua merce, si affida all’estro del pagante. è seduta su uno sgabellino pieghevole, tutta imbacuccata di nero. scrive odi alla pace e all’amore, nel nome di san valentino, su un frammento di cartone ondulato, con gli stessi uniposca che usa per disegnare i dettagli dei suoi fiori sulla carta crespa. ti chiede da che parte vai, e se vai dalla parte dove ci sono i poliziotti ti dà un sacchetto di plastica dove riporre il tuo fiore: ha paura di essere sfrattata.
anche la libreria bocca ha paura di essere sfrattata, così dimostra la sua gratitudine ai milanesi che hanno firmato contro (vedi post del 5 febbraio) con un cartello gigantesco all’ingresso del negozio, questo non scritto con l’uniposca ma stampato in copisteria.

mercoledì 11 febbraio 2009

una modesta felicità negata - rhêmes

è vero, forse la liaison editrice di aosta non è poi così nota. è altrettanto vero che un titolo come Rhêmes o della felicità, ancorché recente, potrebbe non essere tra i più conosciuti. è certo un libriccino, cinquantadue pagine appena, ma è anche vero che ernesto ferrero, alla feltrinelli (non fosse che per I migliori anni della nostra vita, pubblicato nel non lontanissimo 2005), proprio uno sconosciuto non dovrebbe essere. è stato perciò con qualche sconcerto che venerdì scorso, alla feltrinelli di corso buenos aires, dove mi ero recata in compagnia di un’altra adepta di ferrero – nonché appartenente all’accolita dei disheveled, anzi gran ciambellana della stessa –, colte entrambe da un ingenuo entusiasmo al pensiero di leggere il minisequel dei Migliori anni, alla domanda “dove possiamo trovare Rhêmes?” mi sono sentita rispondere dalla signora cui mi ero rivolta, dopo che la stessa aveva vanamente cercato nel database sotto la voce “ferrero”, che nel loro sistema il libro non c’è “perché dev’essere di una casa editrice molto piccola, che si distribuisce da sé”. ora, io posso capire che un volumetto così possa non trovar spazio nel database feltrinelli; però questi ragazzi feltrinelli, ogni sabato, il “tuttolibri” della “stampa” non lo leggono? e come è possibile che una ragazza che lavora in una libreria non abbia mai sentito parlare di ernesto ferrero? cosa fanno, allora, oltre a imparare a disporre le pile delle novità? e, di grazia, a cosa sarebbe interessato uno che decide di andare a lavorare in una libreria, sia pure multiprodotto? per carità, quando si entra in una feltrinelli è tutto un bel vedere: vi si trovano fanciulle in pensoso total black al fianco di ragazzi con elaborate acconciature da arcangelo; energumeni piacevolmente sovrappeso adorni di complicatissimi tatuaggi e abbondante ferraglia rituale conficcata nelle carni (ma il rito del passaggio all’adolescenza questi ultratrentenni dovrebbero averlo compiuto da un pezzo, perciò ci si aspetta che cessino di frequentare il tatuatore per volgersi almeno all’edicola, almeno di sabato, almeno per “la stampa”). è un bel vedere, si diceva, con tutte queste figurine alternative: ma una “stanza del libraio”, come quella che propone lalla pecorini, in ogni libreria di catena, con un signore che sa dove mettere le mani, la vogliamo allestire?

giovedì 5 febbraio 2009

milano città di libri!

losapevolosapevolosapevo, che milano è una città di libri. un po' segreta, ma dev'essere il rigore calvinista. ebbene, 5258 di questi calvinisti si sono espressi contro la chiusura della libreria storica bocca nell'ambito dell'iniziativa del fai sui "luoghi del cuore". le informazioni, qui.

mercoledì 4 febbraio 2009

mangalemmi 30

onomatomanìa: nevrosi che comporta la morbosa ossessione di un nome o di una parola che sfugge alla memoria e viene ricercata o rievocata angosciosamente, specialmente con interpretazioni di tipo magico.

la città di libri di matteo

è con enorme piacere che segnalo il breve racconto vincitore della sezione giovani del concorso “dialogo con pavese”, indetto dal quotidiano “la stampa”: si chiama Abito in corso “M’illumino d’immenso”, l'ha scritto matteo iolita e lo trovate qui; descrive la vita (e che vita!) in una città fatta di parole tratte da libri. grandi cose da libri, insomma. mi rammarico solo del fatto che a milano non ci abbia pensato nessuno. o forse sì, in un’altra forma: segnalo in questo spazio anche la mostra, a cura di jacopo perfetti, “ivan, poesia viva”, a milano, spazio oberdan, dal 13 febbraio al 15 marzo. ci vediamo lì, allora.

martedì 3 febbraio 2009

milano città di libri – ancora contrappunti: una libreria di catena

erika lissandrin è la giovane responsabile della milanese libreria feltrinelli di corso buenos aires, impegnata nella gestione dei libri e del personale, disponibile e concreta. sono molto affezionata a questa libreria, teatro in passato delle piacevoli scorribande dopolavoristiche mie e di una cara amica (uscivamo il più in fretta possibile, al limite dell'illegalità) che chiamavamo "tempo di qualità sottratto al lavoro – quando ancora dipendevo da un'azienda –, nonché di lunghissimi pomeriggi con mia figlia, che ho esposto ai libri fin da piccolissima, con risultati lusinghieri da una parte e inquietanti dall'altra. lissandrin mi risponde con un occhio all’interlocutore e uno ai suoi collaboratori, che a lei ricorrono spesso per un confronto.

qual è la differenza tra il responsabile di una libreria feltrinelli e una più tradizionale figura di libraio?
non posso rispondere facendo riferimento alla mia esperienza, perché ho sempre lavorato alla feltrinelli. in dieci anni sono passata dalla feltrinelli express di porta garibaldi a questa libreria, molto più grande, che richiede una gestione più complessa.

qual è il bello di una libreria feltrinelli?
la possibilità di essere creativi, sia pure nel rispetto delle direttive del marketing; di spaziare tra i multiprodotti; il lavoro di squadra, indispensabile per una conduzione corretta della libreria; l’opportunità di avere a che fare con grandi librai, dai quali imparare; il contatto interprofessionale con altri responsabili di librerie della catena in tutta italia.

e quali sono, invece, le difficoltà?
alla feltrinelli arrivano persone entusiaste, che vogliono lavorare in mezzo ai libri; purtroppo, però, non c’è molto tempo per formarle, così la loro professionalità progredisce prevalentemente sul campo. in ogni caso il candidato ideale è sveglio e, tra le doti umane, annovera la simpatia. un’altra delle possibili difficoltà è lo scarso margine di libertà nell’ambito delle proposte: non è molto agevole intervenire in ambiti quali, ad esempio, l’allestimento delle vetrine e il calendario degli eventi.

qual è la sua libreria ideale?
la mia libreria ideale è un luogo spazioso e luminoso, con un punto di bookcrossing, dove ci siano musica jazz, si possa prendere l’aperitivo e in generale sia sempre disponibile del cibo: non dovrei dirlo [e qui il volto molto serio di erika si apre in un sorriso], ma ho sempre voluto fare la cuoca.

lunedì 2 febbraio 2009

disheveled 2 - l'agnizione

sabato mattina, mentre attendevo il mio turno all’edicola, osservavo gli acquisti di un degno signore dai capelli bianchi, serissimo mentre indagava sugli allegati dell’”espresso” che aveva ordinato, sceglieva una copia di “repubblica”, afferrava un mensile sulla ristrutturazione di appartamenti e aggiungeva piuttosto sorprendentemente una copia di “gq”, dove avrebbe trovato “il meglio della moda uomo primavera-estate 2009 e la guida allo stile maschile attraverso i trend e i brand della stagione con le tendenze rock”. consideravo tra me e me la complessità degli appartenenti al consorzio umano, la necessità di non fermarsi mai alle apparenze, l’ormai decaduta classificazione delle età della vita – avevo davanti a me un individuo che solo quindici anni fa sarebbe stato al massimo un eccellente candidato per qualche gita parrocchiale –, poi lo sguardo mi è caduto in basso, sul fondo a sbuffo di un’antica tuta da ginnastica che ricopriva la parte inferiore del corpo dell’aspirante modaiolo, per il resto abbigliato con un disinvolto piumino longuette sobriamente nero, cappelluccio e occhiali appesi a un lacciuolo. improvvisamente ho capito tutto: quell’uomo, come me, faceva parte della segretissima accolta dei disheveled*.

* per maggiori informazioni su questa categoria di persone, che si distingue da quella dei semplici sciatti per una perfetta consapevolezza delle proprie azioni e una strisciante rivolta contro le indicazioni estetiche imperanti, vedi post del 24 settembre 2008.