martedì 30 settembre 2008

la classe non è acqua - gentiluomini mongoli

ieri sera, sul tram numero due, viaggiavo all’imbrunire, tornando dalla stazione centrale. c’erano parecchi passeggeri e, tra questi, un uomo con una cartella nera ai piedi, che leggeva beato. avevo dimenticato gli occhiali, così credo di essermi sporta un po’ troppo nel tentativo di leggere il titolo sulla copertina del mio dirimpettaio. avevo già deciso di rinunciare, dopo essere scampata miracolosamente all’arresto sabato scorso (vedi post del 27 settembre), quando questo signore (massì, sembrava proprio un film) si è alzato, mi è venuto incontro sorridendo e mi ha offerto il libro – “lo vuole vedere?” grazie, gli ho detto, mi serve solo il titolo per una cosa che faccio io. ha aspettato con pazienza che annotassi titolo, editore e autore (senza occhiali è stata dura), ho fatto, ringraziato, poi dovevo scendere. l’uomo mi ha salutata con molta gentilezza e si è rimesso pacificamente a leggere. non era un giornalista di la7, non v’ha dubbio.

p.s.: il libro era di roberto ive e si chiamava Mongolia. l'editore era robin edizioni, gente con cui ho avuto a che fare qualche tempo fa e che apprezzo moltissimo per la loro serietà e la sconfinata gentilezza. leggete qui e i formaggini, per voi, avranno per sempre un altro sapore.

sabato 27 settembre 2008

il pericolo è il mio mestiere – giornalisti di la7 sul piede di guerra – minchione, dove sei?




no, dico, ho rischiato di passare la notte in gattabuia. i fatti: ero al dìperdì di via moscova che sceglievo un prosecco perché domani si festeggia, in attesa che l’altra parte della mia famiglia mi raggiungesse. e quindi giravo lieta per il super, con ali campbell nell’ipod, come una qualsiasi diva in incognito.
non avevo notato subito quella famiglia (canonica: lui, lei, figlio di circa cinque anni). a un certo punto lo vedo, ammiccante dal banco frutta: è un cartello che annuncia uno sconto sulle banane, che desidero fotografare per la mia collezione di cretinate. così faccio, ma nel mentre una signora si insinua tra me e le banane lanciandomi uno sguardo strano. mi accorgo distrattamente che era la mamma della famigliola, ma in quel momento ali mi sta dicendo che non troverò mai un’altra ragazza (oltre a me) nel suo cuore, e figurati se mi mentirebbe, così mi concentro sulla musica e gli credo. arrivata al latte, la stessa signora si frappone tra me e ali chiedendomi se fossi sicura di non averla fotografata. io le rispondo che no, nel caso le avrei chiesto il permesso, ma in realtà ero interessata al cartello degli sconti sulle banane (ma perché lo vuole sapere? e perché avrei dovuto fotografarla, se manco stava leggendo?). individuato il prosecco, prendo, pago, vado via e mi metto ad aspettare la mia figliola. sono di fronte al dìperdì, in via moscova 25, e non ho il minimo sospetto su quello che accadrà di lì a poco. la famigliola al completo si ri-palesa, sacchetti della spesa e tutto, e ricomincia a indagare sulle banane. io un po’ mi preoccupo, perché proprio sani di mente non mi paiono, però cerco di rassicurarli, ripeto loro la storia delle banane ma loro proprio non si convincono. a questo punto ci vuole un po’ di discorso diretto:

aa: “ho fotografato solo il cartello con l’indicazione dello sconto!”

moglie: “è sicura di non aver fotografato me?”

marito: “è sicuro di non aver fotografato mia moglie?”

aa (tra sé e sé): “ma chi saranno questi due? sono forse due celebrities e io non me ne sono accorta e loro pensano che volessi paparazzarli per vendere l’esclusiva a ‘chi’?”

aa: “sicurissima, state tranquilli.”

marito (con voce in ascesa, tendente allo stridulo): “non si può fotografare nulla nei supermercati … privacy… mia moglie… mi faccia vedere il cellulare!”

moglie: “ci faccia vedere il cellulare!”

aa: “non se ne parla nemmeno” (senza punto esclamativo)

marito: “sono un giornalista della 7!”

moglie (non dice nulla, ma vorrebbe dire “mio marito è un giornalista della 7!”)

marito: “mi faccia vedere il cellulare o vado dai carabinieri!”

effettivamente la caserma è vicinissima.

aa: “si accomodi pure.”

marito: “io vado dai carabinieri, lei vada a cagare!”

purtroppo ha detto proprio così, “cagare” con la g. non ha detto “cacare” alla toscana. sono lontani i tempi in cui montanelli poteva pronunciare la parola “minchione” senza che la sua classe ne risultasse minimamente intaccata.

loro sono andati dai carabinieri. io ho aspettato un pochino sul marciapiede, ma la volante non è arrivata. in compenso è arrivata mia figlia. allora sono salita sulla lussuosissima auto blu del mio amico salvatore, che si era gentilmente offerto di accompagnarci a casa. ci aspettavamo qualcosa di eccitante, non so, un inseguimento all’ultimo sangue col giornalista sul sedile posteriore della volante che incitava i militari, mentre i surgelati si scioglievano e il ghiaccio formava una pozzetta sul tappetino della macchina di stato. macché.
che lei-non-sa-chi-sono-io facesse parte di quel quasi quarto di giornalisti la7 licenziati? mi sembrava davvero teso. d’altra parte, se fosse in piena attività, sarebbe stato in quel supermercatino, con quella piccola moglie con gli occhi sbarrati, con quel povero bambino che ha assistito muto all’intemperanza del sovreccitato genitore? che il signore si sia offeso perché non ho capito subito che era un giornalista della 7? ma chi si crede di essere, alain elkann?
io sono a disposizione della giustizia. nel caso i carabinieri volessero ricostruire la mia azione criminosa e si avvalessero della registrazione della telecamera, mi auguro che mi abbiano ripresa dal mio lato migliore. se proprio dovrò comparire su “chi”.

l'immagine incriminata è quella che pubblico. non posseggo un supermercato, pertanto lungi da me l'aver fotografato per scopi di spionaggio industriale.
la foto della volante l'ho tratta da un qualche sito. non è caratterizzante né particolarmente artistica, dunque credo di poter ragionevolmente supporre che per questa volta non sarò denunciata.

mercoledì 24 settembre 2008

parole e bigodini - are you disheveled?





quando comunico attraverso skype con il mio amico peter, eccellente psicoterapeuta residente a chicago, ci chiediamo sempre se è il caso di accendere la nostra webcam, ma poi regolarmente rinunciamo. l'uno chiede all'altro: "are you disheveled?", sei, in libertà, in disordine, sei in tuta da ginnastica? la risposta è un ovvio sì. a questo proposito vorrei osservare che la parola "disheveled" mi piace da matti. il suono è dolce e scivoloso e sa di divano; quello "sh", tuttavia, si può interpretare anche come espressione di una certa impazienza, di una certa sbrigatività ("in questo momento non ho pazienza di mostrarmi nel mio aspetto sociale migliore, lasciami nel mio disheveled moment").
io sono una fedele seguace del disheveled way of life. mi piace, il sabato mattina, tirarmi fuori dal letto e indossare i vestiti della sera prima, per poi andare a comprare il giornale con gli occhiali da sole sulla faccia non lavata. se è inverno, ci metto sopra un cappotto e volo. la considero una forma di street art. mi piace volare per le strade di milano, correre per prendere il tram, e quindi mi piacciono le scarpe da ginnastica vagamente disheveled. sere fa ho guardato con mia figlia prepubere un programma in cui si prescriveva alle fanciulle una serie di norme di comportamento utili a farle sentire a proprio agio in ogni occasione sociale. quando alle protagoniste (chi vince va a vienna a debuttare in società) è stato detto che anche il gelato nel cono si mangia con il cucchiaino per evitare spiacevoli comportamenti che potrebbero instillare dubbi in eventuali osservatori (nessuna delle signore arbitre di eleganza ha pronunciato il termine "fellatio") ho capito che stavamo guardando un programma porno. meglio l'enciclopedia della fanciulla, quella che insegnava alle ragazze da marito che la sera bisogna lucidare le scarpe di tutta la famiglia per amore del decoro (di gelati non si faceva menzione – laissez faire, laissez passer). fino all'episodio della fellatio alla fragola, comunque, il programma l'abbiamo guardato sul divano, mangiando liquirizie, un po' disheveled.

l'immagine della signora è courtesy bedstuybanana.blogspot.com

artelibro 2008 - appuntamenti virtuali

sì, lo so. potrebbe non fregare niente a nessuno, però chi scrive sarà a bologna, ad artelibro, il 26 settembre: ci vogliamo trovare per una coca-cola?

martedì 23 settembre 2008

funerali hip hop - abdoul guiebre

in occasione dei funerali di abdoul guiebre a cernusco sul naviglio si discute di razzismo e di seconda generazione. radio pop è in prima linea con la sua direttissima. ma il colore locale dell'intermezzo musicale con le buste piene di marracash era proprio necessario? sì, certo, siamo tutti abdoul, ma quel ragazzo non potrebbe avere una marcia funebre decente?

sex shop 2 - tenerezza

ieri, davanti a un sex shop in viale tunisia, indugiavano quattro adolescentini dodicenni, maschi, due con caschetto biondo stile piccolo lord fauntleroy e t-shirt recante la scritta "milanobene". i ragazzi, intenzionati a entrare nel negozio, discutono su chi deve suonare per farsi aprire. dopo lunghe contrattazioni, interrotte dalla domanda di uno dei quattro: "cosa sono gli articoli di lattice?" – i suddetti erano pubblicizzati su un piccolo display scorrevole attaccato alla porta –, finalmente uno suona, la porta si apre e i bambini scappano a gambe levate.
indago sul logo delle t-shirt e scopro, sul sito corrispondente, l'esistenza di un "concetto stilistico del marchio". ma i ragazzi della milano bene, oltre a indossare le magliette, studiano? un'altra frase inquietante, alla voce "eventi", ci comunica che, in quanto sponsor, milano bene si fa "garante per mezzo del proprio marchio di un ambiente spensierato, sano ed elegante". lo sponsor si dichiara supporto per "decine di organizzatori, dj, ragazze e pr".
ma perché le mamme di quei bambini permettono loro di indossare quelle magliette?

sex shop

"non metterei mai all'asta la mia verginità. neanche per due o tre milioni di euro". è l'affermazione di una ragazza in bikini rosa, velina da due giorni, sulla prima pagina del numero odierno di "dnews" occhieggiante sul sedile del tram.

domenica 21 settembre 2008

yo, abba – ammazzamenti hip hop

ieri pomeriggio, intorno alle 17.30, “un corteo più rumoroso, fatto da alcune centinaia di giovani di colore e di rappresentanti dei centri sociali, e che sfugge all'itinerario concordato” – questo è il resoconto su “repubblica.it” del 21 settembre: in realtà il minicorteo non contava più di cento persone, compresi i fotografi e gli anonimi cronachisti –, insomma un’appendicetta di quello antirazzista svoltosi a milano ieri pomeriggio, dopo l’uccisione, una settimana fa, del giovane abdoul guiebre (vedi, qui, “i vendicatori”, post del 17 settembre), raggiunge via zuretti.
e dunque c’erano due pattuglie di vigili urbani, tante camionette della polizia a impedire il passaggio verso lo “shining” e questa diaspora guidata da alcuni manifestanti-rapper, i quali, dall’alto di un camion bianco, proclamavano, nell’ordine: che abba vive; che milano è una città razzista; che via zuretti è una via razzista; che i poliziotti schierati a difesa del varco erano delle facce di merda. le proclamazioni erano affidate a un bianco, le risposte rappate (non sempre coerenti, a onor del vero) a un nero (la cosa mi ha fatto venire in mente ebony and ivory, ma l'armonia non mi sembrava perfetta). i due si chiedevano inoltre – riferendosi al presunto furto di biscotti da parte di abdoul – se esistesse qualcuno che, all’età di diciannove anni, non avesse mai fatto una cazzata.
prima di risolversi a svoltare in via parravicini, constatata l’impossibilità di raggiungere il luogo del delitto, i due proclamanti hanno messo sul piatto con molta chiarezza le loro richieste: “vogliamo integrazione, vogliamo hip hop”.

il logo che pubblico è stato prelevato da www.brandhiphop.com. dubito che i titolari si offenderanno.

giovedì 18 settembre 2008

CULTure - tough men read proust

decisamente abito in una zona di milano che per la CULTura e il trendsetting è l’assoluto top. sul tram numero due, oggi, siamo lui, io e pochi altri. ci incontriamo all’andata, al capolinea: un uomo con veri ray-ban, una matita in una mano e il meridiano di proust nell’altra. legge e sottolinea, incurante del resto. il fatto è che questo individuo è totalmente up-to-date: sotto la sua camicia nera guizzano discreti muscoli (corpore sano), porta jeans impercettibilmente scampanati e al ritorno (quando ci incontriamo ancora), oltre al proust, alla matita e al “giornale dell’architettura” (di fresco acquisto, perché all’andata non ce l’aveva), ha anche un sacchetto di “zara”, dove è andato evidentemente a comprare qualche capo di vestiario. è tutta un’armonia tra corpo e mente. lo voglio.

mercoledì 17 settembre 2008

scoop - visionnaire design gallery, 17 settembre 2008


sono fiera di me stessa. posso offrire ai miei lettori la ghiotta anteprima, insomma il backstage, una visione inedita, un antipasto (per chi mangia conigli) dell'installazione di conigli giganti concepita da cracking art group per l'inaugurazione – prevista per domani – della visionnaire design gallery, allestita da samuele mazza: a questa allegra signora milanese, fotografata in loco ieri intorno alle 13, fa da sfondo, ancora avviluppato nel cellophane, un coniglione da installare.

lolliPOP books - i'll take you to the candy shop

grande entusiasmo della scrivente ieri per l’acquisto, alla feltrinelli international di piazza cavour, di due titoli di una meritoria collanina di galllimard, la folio 2 €. la collana comprende 201 testi brevi, racconti, novelle, nonché gradevoli raccolte tematiche (io ne ho comprata una su amicizia e letteratura e una, inevitabile, sul piacere di leggere) – sì, certo, sono in francese, ma quale migliore occasione per imparare la lingua nel corso di quei lunghi viaggi in tram?. sono libretti deliziosi, di piccolo formato, con belle copertine e una stampa eccellente (sono stampati in spagna), sia pure su carta pulp: insomma, un piacere anche fisico. se penso a certe edizioni economicissime nostrane, mi viene in mente un verso di bigazzi tozzi riefoli: “si può osare di più / senza essere eroi”. per eventuali lettori digiuni di autentico pop italiano, il titolo della canzone è si può dare di più.

i vendicatori (abdoul guiebre e stephen king)


il bar milanese di via zuretti i cui proprietari hanno sprangato un presunto ladruncolo di biscotti diciannovenne si intitola, molto opportunamente, "shining". la cronaca è nota e si può trovare qui. sul gradino d'entrata dello "shining" c'è un unico mazzo di fiori gialli; accanto ai fiori, monetine depositate dai dolenti in pagamento dei biscotti; sulla saracinesca è attaccato un manifestino che reca la foto dell'assassinato e la scritta "addio fratello" (mi stupisco piacevolmente di non leggere, in luogo dell'"addio", il più irritante "ciao", che insieme con l'applauso al morto è una delle manifestazioni più fastidiose delle cerimonie funebri a noi contemporanee).
la moglie e madre dei due vendicatori ha chiesto comprensione in virtù del fatto che la sprangata mortale è stata inflitta in quanto reazione a un ipotizzato furto dell'incasso del bar. quanta banalità. neanche meritevole di un racconto noir a beneficio dei posteri.




giovedì 11 settembre 2008

brusco risveglio sul tram numero due - altro che cioccolato

modesta appendice ai delitti esemplari di max aub: "parlava, parlava. urlava al cellulare incurante degli sguardi di riprovazione degli altri passeggeri del tram. non riuscivo a concentrarmi sul mio libro. ho sempre pensato che gli svizzeri siano da venerare, a parte l'ovvio cioccolato, per il coltellino svizzero. lo porto sempre con me perché nel mio modello c'è anche il levacapsule e io adoro la cocacola nella bottiglietta di vetro. la lama si conficcò nel mezzo della fronte dell'urlante. mi sarei aspettata più sangue, ma fui comunque soddisfatta dell'esito del lancio."
questo fantasticavo stamattina, ancora un po' addormentata, sul tram numero due, di fronte a un inconsapevole telefonatore.

mercoledì 10 settembre 2008

sì, però...

...dov'era il correttore di kippot? la scritta che pubblico era stampata su decine di kippot di servizio distribuite all'interno della sinagoga per consentire l'ingresso agli uomini che ne fossero privi.

mi scuso molto per la qualità dell'immagine, ma non ho potuto fare di meglio.

infinite scintille - l’anno prossimo a gerusalemme



domenica 7 settembre (7 elul 5768) è stata la giornata europea della cultura ebraica, il cui tema era "musica e parole". le sinagoghe erano eccezionalmente aperte al pubblico e in via della guastalla, a milano, si respirava uno stimolante miscuglio di urgenza e di allegria. c’era la polizia, c’era l’esercito, c’era una serie di smilzi ragazzi con la kippah e l’auricolare, credo volontari, che rappresentavano la sicurezza. nel giardino retrostante il tempio si trovava un allestimento di banchetti con informazioni, libri, musica, cibo. nell’attesa della visita guidata al tempio, rimandata di un’ora e mezza, vado a sentire il rabbino capo, rav alfonso arbib, che parla dell’importanza della musica nella tradizione ebraica. il titolo del suo intervento è e ora scrivete per voi questa cantica. il rabbino invita ad accostarsi alla cultura ebraica (ma è un invito valido comunque) evitando di lasciarsi catturare solo dalle suggestioni e dalle emozioni, che tengono incatenati alla superficie impedendo l’approfondimento: ad accostarsi alle cose con mente e cuore.
un signore davanti a me, “repubblica” e “sole 24ore” sul banco e vecchio cellulare nokia in mano, compone faticosamente un sms. usa il t9, toglie il t9, salva, riprende a scrivere. non si sta distraendo: invia a qualcuno lacerti dal discorso di rav arbib, che recitano “shofar segreto della voce come suono del profondo dell’anima… e non parole… affettività contro logos…”. mi scuso con l'anonimo vicino per aver ficcato il naso.
l’oratore introduce il microconcerto per clarinetto di amit arieli sottolineando la somiglianza del suono dello strumento alla voce umana. la sinagoga è colma di persone quando amit comincia a suonare un incanto di note arcaiche che fanno pensare a una richiesta. mi viene in mente un uomo solo in un deserto, ma un deserto benigno. la miniselezione di pezzi termina trionfalmente con hava nagila. non è necessario alcun incitamento da parte del musicista: tutti, dico tutti cominciano immediatamente a tenere il tempo battendo le mani. rav arbib tamburella compostamente sul legno del suo scranno.
finalmente la visita guidata ha inizio, ma non visitiamo la sinagoga: il nostro cicerone, daniela di veroli, ci introduce all’ebraismo. è incredibilmente esatta e appassionata; in meno di un’ora tocca i punti salienti della questione, senza che le sue parole appaiano superficiali. mi esalto quando racconta che nessun ebreo può inginocchiarsi davanti a un altro uomo, in quanto l’unica cosa considerata sacra è la torah. e a proposito di torah e di parole, riporto un brano dall’opuscolo Ebrei in Italia, che si poteva trovare presso il tempio (non ne cito l’autore poiché non è riportato): “I maestri hanno insegnato che la Torah ha settanta volti (“Shivim panim laTorah”); ogni parola può avere settanta significati: la parola può essere trattata come una roccia da cui, al solo colpirla, scaturiscano infinite scintille. Più la si batte, più scintille scaturiranno.”
l’opuscolo è stato realizzato a cura del dipartimento informazione e relazioni esterne dell’unione delle comunità ebraiche italiane, il cui acronimo, quanto mai appropriato, è DIRE.

martedì 9 settembre 2008

divulgatori metropolitani

mentre aspettavo l’apertura del libraccio, stamattina, è arrivato un signore con una maglietta nera che recava, in alto a destra, la scritta “knowledge disseminator”. sarà stato un professore che indossava il prototipo della divisa prescritta ai docenti dal ministro gelmini? o il rappresentante di una setta segreta di sapienti che aveva dimenticato di togliersi la veste da cerimonia? non riesco a togliermelo dalla mente; approfondendo, scopro che The Disseminator of Useful Knowledge è una specie di frullato di nozioni, notizie e notiziole che toccano un ampio ventaglio di ambiti del sapere, scritto da william maclure e pubblicato a new harmony, indiana, nel 1828. new harmony – luogo di utopie: il terreno su cui sorgeva la cittadina, all'epoca solo harmony, fu comprato da maclure e da robert owen, che contavano di insediarvi una comunità modello – fu fondata da un gruppo di coloni, migranti intellettuali dalla pennsylvania all’indiana, stato quest’ultimo lontanissimo da qualsiasi università e in quanto tale bisognoso di sapienti in loco. maclure, fervente fautore dell’istruzione della classe operaia, fu l’iniziatore del sistema delle biblioteche pubbliche gratuite.
che bello sarebbe se, alla trita domanda “cosa vuoi fare da grande?”, qualche bambino rispondesse, invece che il pompiere o la maestra, “il knowledge disseminator”.

immagine courtesy www.tentativetimes.net

martedì 2 settembre 2008

dov'è sua madre?

con questa immagine iceberg fa pubblicità a qualche sua sua linea di vestiti per ragazzi. la ragazzina ritratta (che mi permetto di pubblicare perché è già ampiamente pubblicata: ho ricavato la foto da un settimanale) sembra già avere, in nuce, l’atteggiamento imbronciato e vagamente schifato delle sue colleghe modelle grandi. a parte che mi sono sempre chiesta perché sia così doloroso indossare un vestito, a proposito della piccola mi chiedo anche: perché non è da qualche altra parte a occuparsi di cose da dodicenni? e dov’è sua madre?

parole della città sulla città - arthur duff

l'idea di registrare clandestinamente le parole di qualcuno che ordina la carne dal macellaio, trasformarle in luce e restituirle in questa forma alla città: adorabile.

questo è il link per la recensione dell'installazione di arthur duff a castelfranco veneto: have fun.

http://www.exibart.com/exibartsegnala_view.asp?pagina=3

non solo bomboloni - rimini, 2008






il bagno 128 di rimini è, in apparenza, un bagno come tutti gli altri – convenzionato con una serie di hotel a tre stelle, passerella in cemento che porta a riva, biliardini ping pong spazio giochi per i bambini piccoli vasca idromassaggio. a ben guardare, però, un po’ defilato e in direzione parchetto giochi, si osserva un mobiletto a due piani con gli sportelli trasparenti: al piano superiore un trionfo di letteratura pop, “visto”, “novella”, “vero”, “intimità” (sì, la pubblicano ancora) e qualche giornale in lingua russa per eventuali bagnanti russi. al piano di sotto una microbiblioteca dove, accanto a tom clancy, le carré e patricia cornwell, trova posto un esiguo numero di classici – joseph conrad, oscar wilde, in tutto cinque smilzi supereconomici volumi newton compton, tenuti vicini, stretti l’uno all’altra come un gruppo di amici che sperano. vista la biblioteca in boccio e, subito dopo, un’inconsueta famigliola di lettori – lei, lui e bambino piccolo; sul tavolino che regge l’ombrellone la fiera delle vanità di makepeace thackeray (stupendo: il lettore, che è lui, non ha più di trentadue anni), un numero di “glamour” e l’ultimo “espresso”: domestica espressione dell’avvenuto invalere della miscela cultura alta + cultura bassa –, mi ricordo anche di non aver mai visto vainer, il responsabile della spiaggia, senza un libro in mano (se è per questo neanche goran, il suo legnosissimo, slavissimo, serissimo collaboratore dallo spiccato accento romagnolo) e vado a parlargli. vainer ha cominciato tre anni fa a mettere a disposizione dei bagnanti riviste e libri, questi ultimi su un elenco a disposizione di chi volesse consultarlo. poi l’elenco è sparito, poiché la gente ha dimostrato di preferire i diretti consigli del nostro, che a otto anni, mi riferisce, aveva già letto dracula di bram stoker. i libri nutrono il cervello, dice vainer nel regno della piadina. certo, la maggioranza prende clancy e cornwell, ma talvolta compare qualcuno a chiedere un pirandello, cosa che conferma vainer nella volontà di proseguire la sua operazione culturale. anzi, mi ha detto, intende aumentare il numero di libri e strutturare meglio la bibliotechina. il re dell’animazione qui è gerry, ginnasta di pregio e laureando in giurisprudenza di pompei: uno che dice “capo” invece di “testa” e nonostante questo è l’idolo delle clienti – il bagno 128 è decisamente speciale.
a rimini, si sa, il mare è una pura convenzione: il mio istinto di flâneuse mi conduce, invece che in acqua, a vagare per gli ombrelloni, dove scopro un originale esempio di architettura popolare: un signore, per leggere il giornale, trasforma la capannina favorisci-ombra del lettino da spiaggia in un comodo leggio e usa una ciabatta di plastica per impedire che il vento sfogli fastidiosamente le pagine.
“Rimini è un pastrocchio, confuso, pauroso, tenero, con questo grande respiro, questo vuoto aperto del mare”, scriveva federico fellini. e in effetti, accanto a spiriti delicati come quello di vainer, c’è lo spirito della "voce di romagna" (sottotitolo “le ragioni dell’occidente”): un po’ provinciale, vagamente volgare, compratissimo in loco; e quello di chi produce e vende sinistri gadget mussoliniani, nonché bottiglie di vino – che un cartello del negoziante definisce "non offensivi e adatti agli scherzi" – sulla cui etichetta campeggia l'effigie di hitler.