mercoledì 31 ottobre 2012

hallo-things

una zucca per lo sventurato fabbro jack
una casa infestata
uno spartito
soul cakes
sting (chiudere gli occhi, ogni tanto)

martedì 30 ottobre 2012

storie di editing_autori che forse non vogliono pubblicare

Greg Gladman, Digital author. Courtesy newscientist.com
Desidero pubblicare la lettera di un autore che si è rivolto a me tramite Everybody needs an editor perché ho trovato la sua lettera particolarmente rinfrescante e perché la sua opinione sul mondo editoriale, sui criteri e limiti della pubblicazione, nonché su uno dei modi possibili di fare editing, potrebbe aprire un'interessante discussione.


“Gentile Anna,

la ho trovata sia su “Everybody needs an editor” che su Linkedin. Ho avuto modo pure di leggere dei suoi post e (divertendomi) le polemiche che qualcuno di questi ha generato.

Premetto che il mio intento non è necessariamente la pubblicazione; scrivo per hobby, ho già pubblicato e detto sinceramente il mondo dell’editoria non mi appassiona (intendo il sistema). Sono convinto che siamo in troppi a scrivere e che sia giusto che emergano pochi ma bravi. A questo punto si chiederà perché mi rivolgo a lei. Semplice, voglio ottenere il massimo possibile dal mio romanzo, in termini di perfezionamento. A distanza di tempo dal termine della stesura vedo molti difetti, per me difficili da correggere:

1. Lo stile è troppo didascalico e poco originale.
2. Mi piacerebbe alleggerire l’intreccio giallo con un tocco di ironia
3. Lavorare meglio sulla costruzione dei protagonisti che, per quanto credibili, trovo che non siano abbastanza “forti”
4. Varie ed eventuali: vale a dire interventi su tutto ciò che a me ancora sfugge ma che all’occhio attento di un editor può apparire evidente.

Come vede quello che richiedo è un po’ particolare, come particolare è la mia visione dell’editor. Ben venga un editor che porti al mio lavoro originalità e solidità modificando anche registro e stile, laddove fosse necessario. Contrariamente al pensiero comune a me piace anche l’editing definito (malamente) invasivo, nel caso in cui ce ne sia bisogno. Considero l’intervento sul testo da parte dell’editor elemento imprescindibile.  La cosa importante è avere chiari gli obiettivi comuni.

Saluti cordiali” eccetera.

Cosa ne pensate, a parte l’adorabilità della persona in sé?

È legittimo il concetto di “editing invasivo” così come lo intende questo autore?

Come lavorano, con i propri autori, gli editor all’ascolto?

Cosa pensano invece gli scrittori, soprattutto gli aspiranti tali, all’ascolto?

domenica 28 ottobre 2012

domeniche gotiche_dove horace incontra george

sono quelle domeniche come questa, lievemente inzuppate nel jetlag, quando al breakfast segue un second breakfast, sempre a base di caffè e biscotti al pomposo aroma di fave di cacao. si fa una sosta davanti alla finestra,

ciò che si vede dal soggiorno di aa
contenti di sperimentare quella minuscola canon che amazon ci ha portato a domicilio per pochi euro, ma che ha ben sedici megapixel, qualunque cosa questo voglia dire.
e mentre si lavora al testo di un amico, che è sempre una cosa bella perché poi, finito l'editing, non si consegnerà semplicemente il file ma se ne discuterà a cena, tra una notizia personale e l'altra, in quell'appagantissima miscela di cui è fatta la libera professione editoriale, nel corso della quale può capitare che mentre si legge per lavoro si tenda ogni tanto il naso al sugo che cuoce, e che brucerebbe se non si fosse trasportato dalla cucina alla scrivania il provvidenzialissimo maiale contaminuti.


maiale antincendio
perché poi l'autunno milanese c'è solo a milano, e invita al gotico, incidentalmente attuale argomento di studio dell'adolescentina, che alle mie spalle legge walpole sul kindle.


horace walpole (1717-1797)

"Horace Walpole (1717-1797), figlio del più noto statista Robert Walpole, si è meritato una poco lusinghiera fama di ozioso dilettante. Favorito dal destino per situazione economica e sociale, si dedicò solo alle proprie passioni: il collezionismo, l'antiquariato, la realizzazione di una casa a Richmond, Strawberry Hill, che è un castellino tutto falso gotico e vero kitsch. Letterato a tempo perso, scrisse, oltre al citato The Castle of Otranto una tragedia mai rappresentata su una passione incestuosa (The Mysterious Mother, 1768), due discorsi sulla pittura inglese e sui giardini e lettere bellissime.
Sempre come dilettante aveva anche organizzato una piccola tipografia a Strawberry Hill (1757), che chiamò Officina Arbuteana; il primo testo colà stampato è Odes di Thomas Gray. Si dice vestisse quasi sempre color lavanda, con fibbie dorate sulle scarpe e cravatte di pizzo. Non era semplicemente alto, bensì lungo ed eccessivamente magro, in particolare le mani, di un pallore innaturale. Di Horace Walpole si innamorò perdutamente Marie Anne de Vichy Charmond, marchesa du Deffand, la M.me du Deffand dei salotti illuministi parigini, quando lei aveva già sessantotto anni e Walpole quarantotto."

(il testo è tratto da qui.)

ah, l'ozioso dilettante! e il castellino, il color lavanda, il senile amore di madame du deffand! e la domenica gotica nel nuovo appartamento che ancora non finisce di stupirci, vissuta da una della camere con vista. 
what else?


leonardo luccone di oblique su milano book fair

CLICK ON THE PIC
cosedalibri ne aveva parlato qui.

oblique è qui.

sabato 27 ottobre 2012

Già mai non mi conforto / nè mi voglio ralegrare:

perché mentre rivedo la traduzione della monografia su una delle più grandi industrie di cioccolato d'italia merline e rainer mi guardano malinconici dal divano su cui ho dovuto abbandonarli.

vuoi essere sobrio, per favore?

Mark William Callaway, wrestler statunitense. Ring name: The Undertaker. L'unico becchino sopportabile
c'è una cosa che mi fa orrore di facebook: i suoi becchini. ogni santa volta che muore qualcuno stanno sempre a salutarlo come se si fossero incontrati al supermercato ("ciao, gianni": ma che cazzo dite? è MORTO, understand?), oppure a riferirci di quale influsso benefico abbia avuto il cadavere nelle loro vite di intellettuali. per favore, a piangere gli amici, ritiratevi nelle vostre camerette.

solo et pensoso i più deserti campi*

contadini felici: non lavorare in editoria si può. courtesy oneweekjob.com.au
non si deve per forza lavorare in editoria. a volte c'è un malinteso senso della gran figaggine di questo lavoro che induce ad accettare trattamenti e compensi surreali. pur di dichiarare che si lavora in ambito editoriale si indossa un cilicio che talvolta è solo espressione di una immensa superbia nascosta. questo spiega in parte anche il fatto che siamo pieni di editor, traduttori, revisori incompetenti.

*rileggiamola, va', qui.

scelgo truman

Festa per l'elezione del consigliere Pdl Carlo De Romanis, Roma, 2010
"Black and White Masked Ball" organizzato da Truman Capote, New York, 1966. Mia Farrow e Frank Sinatra al loro arrivo al Plaza Hotel

per non cadere nella trappola della comunicazione

marino auriti nello studio con i suoi modelli. l'immagine è tratta dal blog della nipote di auriti
trovo splendido il titolo impartito dal neocuratore massimilliano gioni alla ventura biennale di venezia: il palazzo enciclopedico. qui.

réclame_nel caso foste colti da improvvisa insoddisfazione per la vostra opera

Emilio Isgrò, Libro cancellato: l'attacco isterico, 1967. Tecnica mista, 60 x 40 x 10 cm. Mart, VAF - Stiftung,  Rovereto
in alternativa, rivolgetevi ad anna albano: tutti, prima o poi, hanno bisogno di un editor.

ardua è la scelta

con la crisi economica, si sa, il desiderio di piaceri non strettamente legati alla sopravvivenza brucia di più, perciò uno si iscrive a uno di questi siti di sconti e ogni mattina trova nella sua casella di posta elettronica il meglio di. 
questa mattina, tuttavia, il meglio è decisamente troppo per una povera donna, che durante il primo caffè del mattino, scorrendo i titoli di tante meraviglie, si trova scagliata nell'agone della dissolutezza estrema. 
cosa posso fare? cedere alla lusinga di sei ore di passione al silver motel, dove troverò persino un copriletto zebrato, una vasca idromassaggio e, imprescindibile per narcisistiche performance, un ampio specchio (l'ampio parcheggio mi interessa meno, ché non guido)? 
il silver motel ha deciso di investire nella scelta del copywriter e si presenta così:


Il primo e unico motel di Milano, un luogo speciale dove poter trascorrere momenti indimenticabili, dove la discrezione, l'eleganza e la raffinatezza sono gli ingredienti principali che lo contraddistinguono.

Le camere sono caratterizzate da una miriade di tematiche …
Crazy, Kyoto, Romantica, Easy, Murano, Africa, Pool Suite, Suite San Pietroburgo, Suite Africa Bamboo i loro nomi.
Destinata a pochi l’esclusiva Suite Imperiale.

Tutte le nostre camere sono dotate di parcheggio riservato e privato con accesso indipendente.
All’ingresso la nostra reception agevola check-in e check-out discreti e veloci senza inutili attese!

soprattutto mi conforta il fatto che non dovrò attendere inutilmente. 
e cosa sceglieremo, il mio occasionale compagno e io, la Romantica, la Kyoto? no, mi dico, Suite Imperiale o morte. dopo però rifletto, e individuo un'alternativa che recita così: Suite Imperiale o gnocco fritto.

giovedì 25 ottobre 2012

martedì 23 ottobre 2012

libri libri libri (e una bizzarra forma di pagamento)

libri ricevuti in regalo da una cara collega il 22 ottobre:

Claude Chabrol, Eric Rohmer, Hitchcock, Ramsay, Paris 2006



Erwin Panofsky, La perspective come forme symbolique, Les Editions de Minuit, Paris 1976
libri ricevuti lunedì 22 ottobre in pagamento di un piccolissimo lavoro che richiedeva le competenze di chi scrive ma per motivi di organizzazione della casa editrice non poteva essere pagato in denaro, perciò chi scrive ha proposto il baratto:

Flaminio Gualdoni, Una storia del libro. Dalla pergamena a Ambroise Vollard, Skira editore, Milano 2008

Guido Aghina, Diana Georgiacodis, Milano. Un'antologia, Skira editore, Milano 2006

Giorgio Montecchi (a cura di), La città dell'editoria. Dal libro tipografico all'opera digitale (1880-2020), Skira editore, Milano 2001

sabato 20 ottobre 2012

la pura bellezza

gioia.

venerdì 19 ottobre 2012

ciapèm per esempi i semafor che grand meraviglia / te par de vedè tanta gent a ballà la quadriglia

luna nascente da corso buenos aires verso porta venezia, 18 settembre 2012

e la gloria della nostra piccola metropoli nello stesso posto, alla stessa ora, sotto la stessa luna

giovedì 18 ottobre 2012

gangnam style_l'evoluzione

avevamo parlato, qui, dell'imprescindibilità del gangnam style. adesso, ladies and gentlemen, presentiamo la sua evoluzione, qaualcosa che neanche la più sfrenata fantasia avrebbe potuto prevedere: gangnam style + ghostbusters, mash up:


mercoledì 17 ottobre 2012

dove fulvio abbate fa giustizia del concetto di letteratura come missione morale

non c'è nulla di più condivisibile, a proposito di letteratura e impegno, delle opinioni del letterato situazionista fulvio abbate, che dio lo benedica.




lunedì 15 ottobre 2012

che tutto il resto neppure mi toccava

A conclusione infine di siffatta morale, mi proposi di fare una rassegna delle diverse occupazioni che impegnano gli uomini in questa vita, per cercare di scegliere la migliore; e senza voler dare alcun giudizio su quelle altrui, pensai che non avrei potuto far di meglio se non continuare in quella stessa che già mi impegnava, a dedicare cioè tutta la vita a coltivare la mia ragione e a progredire, per quanto mi era possibile, nella conoscenza della verità seguendo il metodo che mi ero prescritto. Da quando avevo incominciato a seguire questo metodo avevo provato tali e tante soddisfazioni che non credevo se ne potessero avere delle più dolci e delle più innocenti in questa vita. Scoprendo ogni giorno, per suo mezzo, qualche verità, a mio parere molto importante e di solito ignorata dagli altri uomini, la soddisfazione che ne ritraevo colmava talmente il mio animo, che tutto il resto neppure mi toccava.

Cartesio, Discorso sul metodo

domenica 14 ottobre 2012

raul montanari, il tempo dell'innocenza_alcune notazioni

silvio e mike a milano, anni ottanta. courtesy adkronos.com

Il tempo dell’innocenza è una sorta di Bildungsroman: un ragazzo privo di particolari qualità viene coinvolto suo malgrado in un orrendo scherzo ai danni di un amico e poi, fattosi uomo, posto di fronte a una scelta altrettanto orrenda: salvare una vita sopprimendone un’altra. La Milano della metà degli anni ottanta che compare nel libro è una città misteriosa, osservata da periferie che compongono paesaggi quasi lunari (“Ci lasciamo alle spalle via Val di Ledro, dove abito io, e puntiamo dritto verso i prati dietro l’Ospedale Maggiore,  la grande zona incolta, semiselvaggia, che sta fra Niguarda, Affori, Bruzzano. Un paesaggio che a seconda dell’angolo in cui ti fermi a guardarlo, e dell’ora del giorno, può sembrarti affascinante, squallido o spaventoso. Qui Milano si ferma, come se lottasse contro il fantasma di quella campagna che mia madre ricorda ancora. Campi, orti abusivi, baracche di lamiera. I resti di un cimitero delle automobili, verso viale Fulvio Testi: carcasse arrugginite che spuntano da una terra nera, chiazzata di cardi e rovi. Il fiume Seveso, una cloaca a cielo aperto, puzzolente di fogna, di chimica, di qualcosa che tiene alla larga perfino le pantegane.  E tutt’intorno, in lontananza, le gru dei cantieri.
Questo è il nostro regno spelacchiato, il teatro di scorribande in bici, sfide a pallone con ragazzi di altri quartieri, risse.”)
Per la trama, riassunta dall’autore stesso, rimando a smemoranda.it.

Veniamo alle notazioni: nel Prologo, parte intitolata “La notte del 9 maggio 2011” (peraltro introdotta, come gli altri, da un sommarietto in corsivo che mi è piaciuto molto, che ricorda quelli aviti di Fruttero&Lucentini pur senza riportare precisamente gli incipit dei sottocapitoli: “Il vino rovesciato. Qualcuno in casa. La pistola sul tavolo. Involtini. Non vengo a portare buone notizie. Un gesto semplice.”), l’io narrante avverte la presenza di qualcuno in casa.

Un uomo è seduto al tavolo e sta mangiando qualcosa da un cartoccio. Avrà cinquant’anni, e porta un impermeabile chiaro. Appoggiati davanti a sé ha un bicchiere di birra e la mia pistola, la Walther 9 millimetri che tengo nello zaino. Eccolo lì lo zaino, aperto e abbandonato a terra.
L’uomo alza lo sguardo.
“Hm!” annuisce, come se fosse contento di vedermi. Uno strano verso che parte con uno sbuffo d’aria dal naso, uno starnuto afono, e finisce con un mugugno di gola a labbra strette. “Damiano Vereni, immagino. O sei un ladro che dormiva nel letto di Damiano Vereni? Hm?”
[…]
“Ma chi sei tu?” riesco finalmente a dire. Faccio un paio di passi nella stanza, mentre la paura cede sempre più allo sbalordimento. “Come sei entrato?”
“Hm. Riccardo Velardi”, si presenta l’uomo senza smettere di masticare. Fa per porgermi la mano, poi si guarda le dita unte e le sfrega fra loro con una smorfia. Solleva il bicchiere come per brindare. “Ric, per gli amici. Anche per i nemici, a dire la verità. Ma noi due saremo amici, ci puoi scommettere.”
“Ma cosa vuoi tu da me? Chiamo la polizia!”

Non mi suona completamente verosimile la reazione di Damiano quando dice “Ma chi sei tu?”, “Come sei entrato?”, “Ma cosa vuoi tu da me? Chiamo la polizia!”. Non riesco a figurarmi un uomo quarantenne che fa tutte queste domande molto ragionevoli a un intruso che ha sorpreso al suo tavolo e men che meno la dichiarazione, forse troppo esplicita, “Chiamo la polizia!”.
Il “ci puoi scommettere” di Velardi mi suona ancora più innaturale, decisamente un calco da “you bet”, forse inadeguato per un cinquantenne, sia pure nel 2011.
Siete d’accordo? Qualcuno tra i lettori riesce a proporre un dialogo un po’ più naturale, più verosimile?  

Segnalo in ogni caso l’eccellente chiusa del capitolo: “Poi, con un gesto semplice, prende la Walther con la mano destra. Me la punta contro, mira allo stomaco e spara.”

Come si diceva, la vicenda ha inizio nel 1986; nel tentativo di restituire i tempi, qualche volta una leggera forzatura lascia intravedere la mano dell’autore: “’Allora io vado.’ ‘Non stare fuori troppo!’ mi grida dietro mia madre, dalla sala dove è seduta a lavorare a maglia. ‘Guarda che l’hanno detto anche al telegiornale che può essere pericoloso respirare quest’aria.’ Qualche giorno fa c’è stato un incidente nella centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina.” (p. 19); “Mi allunga una cassetta, una C-90 TDK di quelle al cromo, che hanno un suono più brillante anche se lasciano tutto quel nero sulle testine del radioregistratore. Apro la custodia e guardo i titoli: Tangerine Dream, Encore.” (p. 23); “Gian Maria era un uomo irresistibile, un latin lover come li chiamavano allora.” (p. 40)
Si potrebbe migliorare qualcosa anche qui, o forse è il massimo che l’autore poteva fare?

Segnalo infine una lunga considerazione sull’uso di Facebook, che condivido quasi totalmente:

Non c’è niente da fare. L’impressione di tristezza che mi prende sempre più spesso con Facebook nasce da un senso di uniformità, di ripetizione. Lì tutto è organizzato per darti l’illusione di essere unico; ti fanno mettere le tue foto, i tuoi dati, il tuo profilo personale, i film, i libri e i cd che ti piacciono, come se a qualcuno interessasse qualcosa di tutto questo, come se le vacue amenità di cui rendi partecipi gli altri (“Carbonara o amatriciana, stasera? That is the question.” “Maria Grazia spegne la tv e va a letto perplessa”. “Ma piove anche lì a Bari?”) e i link ai video di Vasco Rossi e le foto del gatto ti confermassero che sei vivo. Che lasci una traccia nel mondo. Invece io più ci vado più noto che le cose che ci rendono uguali prevalgono su quelle che ci differenziano. Le meschine paure, le frustrazioni. L’ululato dell’Io che vuole farsi sentire a tutti i costi e quanto più si sente piccolo tanto più forte abbaia, come fanno i cani. I permalosi poeti di Facebook, dio mio, quelli che come diceva Moravia credono che per scrivere una poesia basti andare a capo prima di arrivare in fondo alla riga. Le ultraquarantenni che non mettono la data di nascita e imbrogliano con la foto – e dire che a incontrarle per la strada molte di loro sono così belle, con le rughette, la cellulite e tutto. Perché lo fanno? Contro il tempo non c’è difesa, solo dignità. E anch’io, che una volta dicevo “Per sempre”, adesso mi limito a dire: “Fino alla fine”.

Non manca, nel libro, qualche momento-Grazia (Montanari tiene una rubrica sulla versione online – credo solo online – del settimanale femminile. È peraltro un momento-Grazia anche quello qui sopra, dove si parla con indulgenza di rughette e cellulite. Indulgenza, e un impalpabile pizzico di misoginia). Nella scena due uomini prendono commiato l’uno dall’altro:

“Che pena, i maschi! Due donne si stringerebbero l’una all’altra e piangerebbero insieme, immagino, e farebbero bene. Noi siamo qui, a tocchettarci come se ciascuno dei due sospettasse che l’altro abbia la lebbra.”

[Alcuni commenti che nulla hanno a che vedere con la tecnica o con lo stile: 1. non necessariamente i commiati emotivi sono commiati positivi; 2. questo parlare di tocchettarsi fra maschi mi induce a pensare che Montanari non abbia visto neanche una puntata dei Sopranos, dove i maschi si abbracciano continuamente; 3. gli uomini amici delle donne in quanto genere mi lasciano sempre un po’ perplessa, un po’ dubbiosa]


facebook, côté scrittori. il tutto per parlare di stefano manferlotti

Stefano Manferlotti e Charles Dickens, affrontati e pensierosi. Dickens sta su un francobollo commemorativo diffuso nel 1912, in occasione del centenario della sua nascita
 Così racconta su facebook ieri Leonardo Fiasca*:

Oggi sono stato offeso e dileggiato sulla bacheca dello scrittore Andrea Carraro solo perché ho espresso la mia opinione. Questa che segue è stata la mia risposta allo stesso. Giudicate voi.

Segue la cronaca dell’avvenimento, che salteremo, e poi, tra i commenti, la risposta di Stefano Manferlotti**, l’eccellente autore di Tradurre dall’inglese. Avviamento alla traduzione letteraria (Roma, La Nuova Italia Scientifica, 1988. Seconda edizione, riveduta e ampliata: Napoli, Liguori, 1996, pp. 270. Prima ristampa: 1997. Un amato libro che posseggo da decenni):

Cechov ha scritto cose DEFINITIVE sul RANCORE AUTORALE, che è lo stesso in ogni tempo e ad ogni latitudine. Mai interloquire con gli scrittori, soprattutto con i minori o i minimi. Ci si perde solo il tempo, che è prezioso. Segua il mio consiglio.

* Il blog di Leonardo Fiasca è Volevo fare l’attaccante. Fiasca lo descrive come “Il primo blog italiano ad interim. Perché in questo Paese tutto è precario”.

** Martedì 16 ottobre Stefano Manferlotti presenterà a Bologna la versione aggiornata del Mistero di Edwin Drood di Charles Dickens, da lui tradotto e curato e pubblicato dall’editore Gargoyle (sul sito di Manferlotti c'è anche il bando del concorso dickensiano, ormai scaduto, in cui si invita a scrivere il capitolo finale del libro, interrottosi con la morte dell'autore). Sentite se la trama non vi fa venire l’acquolina in bocca:

Il giovane e facoltoso Edwin Drood, prossimo alle nozze con Rosa, sparisce in circostanze misteriose. Lo zio Jasper, anch’egli innamorato della ragazza, comincia a indagare. Edwin Drood è stato assassinato? E se sì, da chi?
È intorno a questo interrogativo che si sviluppa – e avviluppa – il romanzo, complicando quella che, solo in apparenza, risulta essere una trama gialla delle più classiche.
Ben presto, infatti, la vicenda si infittisce di intrecci, le pagine si affollano di personaggi equivoci, di situazioni e luoghi che hanno il gusto dell’esotico e in cui aleggia una coltre di fumo d’oppio.
La suspense cresce e il lettore si trova coinvolto in un complicato e audace gioco intellettuale, raccontato con uno stile inedito in cui, però, ritornano le caratteristiche tipiche della scrittura di Dickens, quali l’eccezionale capacità di affabulazione e la straordinaria resa realistica, evidente nei ritratti di certi tipi umani e nelle descrizioni di alcuni personaggi minori (come quelle del venditore all’incanto e sindaco Mr. Sapsea, del filantropo Mr. Honeythunder, del cupo muratore Durdles e del suo aiutante “Deputy”). Ma l’enigma, alla fine, rimane insoluto e la scomparsa avvolta nel mistero.

mercoledì 10 ottobre 2012

la forza della competenza

in tempi non sospetti avevo parlato di domenico zambetti, eccependo su come comunicava la sua immagine in campagna elettorale. adesso devo eccepire su come ha condotto quella campagna, pare acquistando voti dalla 'ndrangheta.

martedì 9 ottobre 2012

all we are saying_john lennon



Oggi John Lennon avrebbe settantadue anni, essendo nato a Liverpool il 9 ottobre del 1940. 

Happy happy birthday, Johnny.


 Give Peace a Chance
John Lennon

Ev'rybody's talkin' 'bout
Bagism, Shagism, Dragism, Madism, Ragism, Tagism
This-ism, that-ism, ism ism ism
All we are saying is give peace a chance
All we are saying is give peace a chance

(C'mon)
Ev'rybody's talkin' 'bout
Minister, Sinister, Banisters and Canisters,
Bishops, Fishops, Rabbis, and Pop Eyes, Bye bye, Bye byes
All we are saying is give peace a chance
All we are saying is give peace a chance

(Let me tell you now)
Ev'rybody's talkin' 'bout
Revolution, Evolution, Masturbation, Flagellation, Regulation,
Integrations, mediations, United Nations, congratulations
All we are saying is give peace a chance
All we are saying is give peace a chance

Ev'rybody's talkin' 'bout
John and Yoko, Timmy Leary, Rosemary,
Tommy Smothers, Bobby Dylan, Tommy Cooper,
Derek Taylor, Norman Mailer, Alan Ginsberg, Hare Krishna
Hare Hare Krishna
All we are saying is give peace a chance
All we are saying is give peace a chance
(Repeat 'til the tape runs out)

lunedì 8 ottobre 2012

letterate avvenenti non bisognose di protezione

federica sgaggio mi piace perché non lagna e non rivendica: la sua caratteristica principale è di tenere gli occhi aperti: qui la sua opinione su una questione aperta da "agorà" di scuola twain su donne, letteratura e pregiudizi. in calce all'articolo si può leggere un breve profilo di federica, il cui blog è questo. e in più, ammettiamolo, la sgaggio è una gran figa.

il nostro bisogno di compensazione

Per il resto del viaggio sonnecchiai una mezzoretta e lessi una biografia di Jack London che avevo comprato a Hakodate in una libreria vicino alla stazione. Paragonata alla vita movimentata di Jack London, la mia sembrava l'immagine stessa della tranquillità, la serena esistenza di uno scoiattolo che sonnecchia tra i rami di una quercia, una noce per cuscino, aspettando la primavera. Almeno, così mi sembrò in quel momento. Ma le biografie sono fatte per questo. Chi leggerebbe la biografia di un impiegato della biblioteca municipale di Kawasaki vissuto e morto tranquillamente, senza mai un incidente o uno scandalo? Anche quando apriamo un libro, siamo sempre in cerca di compensazioni.
Muratami Haruki, Dance Dance Dance, Einaudi, Torino 2005

cultura per tutti, in collaborazione, a madrid

"Libros libres" non è la libreria di Michela Murgia, bensì un esperimento sociale madrileno che contempla l'apertura di una libreria dalla quale chi vuole può portare a casa un libro anche senza pagarlo. Qui è il link all'articolo del "Fatto"; il video è un augurio di buon lavoro a tutti.

domenica 7 ottobre 2012

editor famosi

courtesy roflrazzi.wordpress.com
- Ehilà, Guglielmo!

- Carissimo Salvatore…

- Senti, ho dato un’occhiata a quella cosa che mi hai dato ieri, ci sto lavorando. Ti volevo far vedere solo l’inizio per sapere se per te va bene…

- Ma nemmeno la bocca dovevi aprire, lo sai che mi fido di te. Dimmi tutto.

- Ecco… vedi, io ho pensato solo all’inizio, le prime righe, senti: “Essere o non essere, questo è il problema: se sia più nobile d’animo sopportare gli oltraggi, i sassi e i dardi dell’iniqua fortuna, o prender l’armi contro un mare di triboli e combattendo disperderli. Morire, dormire, nulla di più, e con un sonno dirsi che poniamo fine al cordoglio e alle infinite miserie naturale retaggio della carne, è soluzione da accogliere a mani giunte.”

- Mmm, suona bene, ma perché, io che avevo scritto?

- Ecco, tu dicevi: vivere o morire, certo è un bel casino: se sia meglio starsene così ad aspettare indifferente o reagire e prendere il toro per le corna. Schiattare, appisolarsi e basta, così la facciamo finita e buonanotte ai suonatori, non sottovalutiamolo, non facciamo che la prendiamo così alla leggera anzi preghiamo che sia così!”

- No, per me va bene come hai detto tu, Salvatò, hai pensato pure al titolo? Oppure lasciamo Il principino?

Cosimo Grieco, Editor famosi, Taranto 2012

vedi napoli e poi leggi

courtesy chartitalia.blogspot.com
il 13 ottobre si svolgerà a napoli il primo bibliopride, la giornata nazionale dell'orgoglio bibliotecario. il programma dettagliato della manifestazione è sul sito dell'associazione italiana biblioteche, qui. aderisce anche milano, con una serie di incontri in biblioteca, il cui programma si può vedere qui. segnalo che dal 13 ottobre alla biblioteca del parco sempione si potranno prendere in prestito e-reader per trenta giorni: i dettagli si trovano sul programma suddetto. enjoy.

venezia a milano

 
un tempo algani era una fornitissima edicola. là si poteva trovare l’introvabile “times literary supplement”; per chi scrive quel luogo rappresentava un porto sicuro, dove trovare la stampa estera senza andare alla stazione centrale, dove poter dare il benvenuto a ogni numero del “tls” in preda a un’incontenibile felicità. adesso algani vende cartoline, magliette, maschere veneziane e ogni possibile porcheria-finto souvenir. una presenza alquanto squallida, proprio accanto alla targa “piazza della scala”.

venerdì 5 ottobre 2012

verificate il tasso

solo per milanesi: verificate il tasso di editoria e letteratura della vostra zona! a milano ci sono 180 strade dedicate a editori, scrittori e stampatori: il blog cose da libri le ha individuate e la grafica paola ranzini le ha deliziosamente messe in pagina.

 
TASSO DI EDITORIA E LETTERATURA DELLA ZONA 1  

TASSO DI EDITORIA E LETTERATURA DELLA ZONA 2
TASSO DI EDITORIA E LETTERATURA DELLA ZONA 3
TASSO DI EDITORIA E LETTERATURA DELLA ZONA 4
TASSO DI EDITORIA E LETTERATURA DELLA ZONA 5
TASSO DI EDITORIA E LETTERATURA DELLA ZONA 6
TASSO DI EDITORIA E LETTERATURA DELLA ZONA 7
TASSO DI EDITORIA E LETTERATURA DELLA ZONA 8
TASSO DI EDITORIA E LETTERATURA DELLA ZONA 9

piccoli libri d'artista alla braidense di milano_fernanda fedi e gino gini


Fernanda Fedi e Gino Gini
“Nel 1983 viene fondato dall’artista Gino Gini il Laboratorio 66 ‘Archivio Libri d’Artista’, la cui direzione viene condivisa a partire dal 1987 da Fernanda Fedi, con il proposito di formare un organismo stabile che si adoperi per la raccolta, lo sviluppo e la conoscenza del Libro d’artista contemporaneo. Con questo spirito in vent’anni d’attività sono pervenute circa 600 opere di oltre 400 artisti internazionali.
Dal 1987 l’Archivio diventa operativo anche sul piano espositivo in Italia ed all’estero, seguendo percorsi e sistemazioni che si codificano di volta in volta.” 


Così l’incipit del sito di Fernanda Fedi e Gino Gini, curatori di “Piccoli, piccolissimi, anzi grandissimi. Libri di piccolo formato e libri d’artista”, in mostra alla Biblioteca Braidense, Sala Maria Teresa, fino al 13 ottobre. 
La teca con un'opera di Fernanda Fedi

Fernanda Fedi

Fernanda Fedi
Micronarrativa, poesia, pensieri affidati a pochi centimetri quadrati di supporto, proclami politici, piccoli divertissements grafici: il tutto in dialogo con una serie di piccioli tesori della Biblioteca, tra cui la serie Roma minima che hanno fatto molto bene a tenere nella teca, poiché non so se avrei potuto resistere alla tentazione di furto con destrezza. 
Roma minima

In una trentina d’anni Fernanda e Gino, collezionisti e artisti essi stessi, hanno raccolto e catalogato più di un migliaio di libri in tipologie tecniche: libri-oggetto, libri a fisarmonica, libri monotipi, libri preziosi, minilibri.
Chi scrive ha avuto la fortuna di incontrare i curatori dell’esposizione proprio nel giorno in cui è andata a visitarla: persone serie, persone adulte, negli occhi quell’inequivocabile guizzo bambino di chi non ha ancora smesso di giocare.

Marilde Magni

Vittore Baroni

Fernanda Fedi

Mario Bizzarri

Micro Library Engineerium (U.K.)

Micro Library Engineerium (U.K.)

A sinistra: Angela Colombo, Michele Emmer; a destra: Pietro Diana, Vincenzo Guarracino

Franco Flaccavento

Toth Arpad

Tesorini dalla Biblioteca Braidense

Mauro Dal Fior

Paolo Albani

Ric Haynes

Bruno Munari

Dalla Biblioteca Braidense
Chi non riuscisse a visitare la mostra (che tuttavia chi scrive consiglia fortemente, così come consiglia l'acquisto del catalogo: che contiene, per l'irrisorio prezzo di cinque euro, le immagini dei libri, l'elenco alfabetico degli artisti e quello delle mostre) può andare  a vedere l’intera collezione di gioie per gli occhi presso 

Archivio Libri d'artista
Alzaia Naviglio Grande 54
Milano
348 035 76 95