martedì 1 luglio 2008

paraZiti - neologismi psychopop

la mia ricognizione quotidiana tra i passeggeri del tram numero due è priva di esiti librescamente succosi: straimperava il free press e spiccava l’unico "corriere della sera", grande, folto, assai ingombrante. dietro il “corriere” c’era un signore rosso di capelli, che ogni tanto distoglieva gli occhi dalla pagina, ripeteva una parola a mezza voce e poi tornava a leggere. come si è capito da una sua conversazione telefonica, il signore era un anglosassone (in effetti è poi sceso vicino all’ambasciata degli stati uniti). indossava un bel completo di lino e teneva la parte finale della cravatta dentro la camicia (un autentico trendsetter, ma perché? la seta della cravatta non surriscaldava la pelle sotto la camicia? era in tram, non in moto, perciò la cravatta non avrebbe potuto dargli noia. e perché non togliersela del tutto o fare come quel signore, sempre sul tram numero due ma in un altro viaggio, che aveva piegato il futile accessorio a mo’ di pochette e lo portava nel taschino, pronto all’eventuale bisogna?). il signore rosso di capelli aveva uno zaino che conteneva senz’altro un computer. al momento di scendere lo ha preso con sé e se l’è messo sulle spalle: era un bel figliolo, rosso, alto, una solida struttura fisica. destinato alla vittoria. accanto a lui siede una signora di mezz’età, bionda, brevilinea, pesante, dagli occhi cerulei. indossa una maglia e una gonna nere, fatte di un qualche tessuto sintetico. accanto a lei, sul sedile, un sacchetto di plastica dei supermercati dico (è un discount che ha una sede alla stazione centrale) e una borsa nera con i fianchi di paillettes. la signora prega a voce sempre più alta per alcune fermate, animata da uno strano fervore, in una lingua che sembra russo. dev’essere una qualche invocazione alla madonna, perché a intervalli irregolari pronuncia “maria, maria”. guarda un punto fuori dal finestrino. si alza per scendere un signore baffuto, piuttosto malmesso. la signora smette di pregare e comincia a inveire: “paraZiti, paraZiti!”. guarda scendere il signore con un’espressione malevola negli occhi.
poi comincia a cantare seguendo una melodia senza dubbio autoprodotta:

“non vogliono lavorare, vogliono solo paraZitare,
paraZiti, paraZiti, paraZiti

non volete lavorare, volete solo paraZitare
bugiardi, bugiardi,
fascisti, fascisti,
complimenti, complimenti, complimenti

non vogliamo lavorare,
vogliamo solo paraZitare

paraZiti, paraZiti, vergogna
paraZiti”.

mi chiedo il motivo del masochistico passaggio alla prima persona plurale nell’ultimo verso. quando il tram numero due si ferma al capolinea, la signora, ostinatamente a suo agio, non ne scende. rimane seduta, lo sguardo un po’ perso e l’espressione di chi i paraZiti li conosce bene.

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