mercoledì 30 luglio 2008

trendsetting 3 - la città dei due mari




io vorrei caldamente raccomandare una vacanza a taranto. dico proprio taranto e non il suo pur bellissimo litorale. perché taranto condivide con alcune altre città peculiarissime, anzi uniche (una per tutte, napoli), una sua inconfondibile identità, che è nota ai suoi cittadini più consapevoli e ai villeggianti che vi soggiornano per più di una stagione.
taranto, città dei due mari, dell’ilva e delle morti sul lavoro (per incidenti e per incidenza. di cancro ai polmoni), è una città di media grandezza, funestata nel tempo da una serie di sindaci inadeguati o sindachesse malfattrici. il suo museo archeologico nazionale è stato ristrutturato e riordinato nel 2007 (secondo me benissimo, e meriterebbe più visitatori oltre alle scolaresche) e custodisce la memoria di noi magnogreci, che dimostriamo un attaccamento alla tradizione tanto profondo quanto inconsueto nei suoi aggiornamenti: al cimitero di taranto mi è capitato di assistere all’inserimento, nella bara di un morto giovane, del suo corredo funerario. non un’anfora greca dal collo cinto di alloro, a simboleggiare la vittoria contro la morte, ma un telefono cellulare con tanto di scatola (non si sa mai, per eventuali cambi, avranno pensato gli affranti epperò previdentissimi congiunti – non sono riuscita a verificare la presenza dello scontrino). taranto è piena di assenze – gente emigrata perlopiù a bologna e milano, ma non mancano qualche stilista di vaglia direttore artistico di givenchy – riccardo tisci – e l'esimio fotografo dei divi pino settanni, residente a roma. per non parlare di nico pillinini, lo sceriffo della vignetta (che però forse abita ancora a taranto, indagherò). di francesco grant e dei suoi energipsy, della scrittrice anna russo, che abitano a roma pure loro. e qui mi fermo.
tra i residenti, il villeggiante dovrà assolutamente mettersi alla ricerca di ciccio de mitri, fabbricante di statuette dedicate ai santi (in primis san cataldo, patrono della città, seguito dalla coppia san cosma + san damiano) e ai riti tarantini più importanti, quelli della pasqua: ciccio fabbrica delle deliziose miniprocessioni complete di madonne, penitenti (detti perdoni) e lucine, sistemate su piattaforme di legno rettangolari. le sue figurine, in particolare i santi, sono glassate come i taralli di pasqua, che a taranto sono ricoperti di un lucido strato di zucchero candido. e questo per quanto riguarda i più anziani custodi della tradizione.
decisamente più giovane è zakalicious, un reggae man locale che non canta in inglese ma in un tarantino pieno di schwa, trasudante cemento, birra raffo e cozze arraganate. zakalicious (a.k.a. salvatore friuli) ambienta le sue storie al quartiere salinella, una zona di taranto particolarmente degradata, restituendoci indimenticabili ritratti di energiche signore tarantine: non può mancare nelle playlist più trendy il suo “grazie ma’” (si può scaricare sulla sua pagina myspace; chi avesse bisogno di una traduzione può scrivere a chi scrive). all’accademia del gioco dimenticato suggerisco di mettersi in contatto con zakalicious per farsi raccontare in cosa consiste “u’ spezzidde”, passatempo da lui citato nella suddetta canzone.
taranto è percorsa da una doppia vena di tranquilla bonomia (esclusi i semafori: all’apparire del verde il tarantino medio perde la testa e suona nervosamente il clacson a quello davanti) e di piacevole follia. lungo il litorale tarantino, d’estate, colonie di cittadini si cullano nella dolce vita, mentre le piccole lumache dal guscio bianco, le “cozze nude”, si moltiplicano sugli sterpi giallognoli al tramonto. accorrete numerosi.

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