"In Milano l’oscarwildismo è penetrato da un pezzo. Coloro che fanno o frequentano la vita mondana sanno tutto quello che si svolge nelle alcove maschili. L’estetismo ha sedotto molti e molti non lo considerano nemmeno come vizio ributtante. Nei ritrovi pubblici si dà del vecchio a chi ha orrore dell’inversione sessuale. Come ci sono le Satin della vita che odiano l’uomo e non si dànno che alla donna, così ci devono essere gli Oscar Wilde e gli Eulenburg. Il la della moltiplicazione degli urningi me lo ha dato non è molto un lenone di una casa Hammond di Milano, mettendosi a singhiozzare davanti al presidente del tribunale che lo aveva condannato a tre anni.
— Perché piangete? — gli domandai.
— Caro signore, io sono rovinato completamente. Avevo una casa così bene avviata...—
Gli altri due pederasti passivi hanno detto al loro avvocato:
— Noi non possiamo parlare perché l’onore professionale ce lo impedisce. Ma se gli dicessimo i nomi della nostra clientela non ci crederebbe. Noi stessi ne siamo spaventati.
Io ho degli amici che hanno proprio voluto farmi vedere che sul lastricato milanese c’erano più prostituti che prostitute. E una sera dopo l’altra ho dovuto convincermi che semplicemente tra l’imbocco della Galleria Vittorio Emanuele e le adiacenze intorno al Duomo c’era una legione di giovanotti e giovanottoni che mettevano in mostra le eminenze del loro corpo, che vestivano con cura femminile, che occhiavano e dominavano chi li desiderava, che parlavano con la voce effeminizzata, che si chiamavano Ernestina, Adalgisa, Edvige, Cleofe, e che avevano i loro domicili liberi come le donne del mestiere. Tra i miei amici c’era pure un delegato di P.S., sconosciuto agli invertiti di professione. Ciascuno dei miei amici lavorava a trascinare i passivi nei tranelli per proprio conto. Ma quanto lo spudorato era nella propria stanza avveniva l’invasione e lo si caricava di pugni.
Uno dei massacratori di quella feccia che involava la clientela alle biches del selciato milanese è stato eletto deputato a Novara.
Il fattaccio dei pompieri licenziati anni sono non ha punto sorpreso. Si sapeva che la loro vita non era quella dei poveri cristi che accorrono a spegnere gli incendi. Indossavano pellicce da signori, avevano alle dita anelli con brillanti, mangiavano come persone dal palato ducale e scarrozzavano e spendevano e si davano a tutti i lussi. Quattro di loro furono confessi. Tra i lenoni che ospitavano le coppie maschili era un sarto. Il processo degli invertiti non so se sia avvenuto il perché una delle orge stomachevoli se era svolta in un luogo pubblico, senza essere avvenuta, per questo, all’aperto o sul Duomo, come aveva detto un giornale e senza importanza. Il passivo del bagordo carnale non era un gentiluomo, ma un giovane calzolaio.
La Commissione d’inchiesta incaricata di verificare se le dicerie erano delle diffamazioni o dei fatti veri era composta dell’assessore Candiani, dell’assessore Morpurgo e dell’assessore Sironi. Il loro metodo era spicciativo. Pareva che avessero paura di inzaccherarsi a penetrare nei labirinti delle inversioni sessuali. Ai sospetti, citati davanti a loro, domandavano su per giù queste cose:
— Conosce lei il sarto tale?
— Non è mai andato nella casa di via A., di via R., di via M., del corso B. A.? —.
Essi si sono accontentati di un’inchiesta superficiale, limitata ai loro dipendenti. Di nomi estranei non hanno voluto saperne. È molto se ne è giunto uno al loro orecchio, uscito spontaneamente dalla bocca degli accusati.
Mi duole solo che i tribunali italiani siano rimasti alla tradizione di chiudere le porte tutte le volte che si giudica la porcaggine libidinosa degli uomini e delle donne. Si ha paura. Si ha paura che la diffusione dei misfatti carnali contamini i costumi e infiacchisca e instupidisca le generazioni. Sciocchezze! Il segreto, la scena ributtante avvolta nella garza giudiziaria, i nomi dei malviventi dalle perversioni carnali protetti dalla morale, tanto immorale da impedirne la circolazione e l’affissione pubblica, non sono più del popolo sano, forte, capace di guardare in faccia alla produzione delittuosa dei suoi simili. Tappare in casa l’immondizia, fare di tutto perché coloro che vi passano non odorino gli odori pestiferi, vuol dire essere sudicioni. La società non è affidata ai magistrati. La società, presa nel suo insieme, ha diritto di sapere con chi vive e come la Giustizia giudichi i suoi accusati.
Nel paese del bric-à-brac monarchico, nel paese eminentemente teologico le porte chiuse di una Corte farebbero impazzire gli inglesi. Le porte chiuse sono dei vili. Se io sono un mostro della specie lo devono sapere tutti. I miei errori matrimoniali devono essere uditi da chi vuole udirli e descritti in tutti i giornali. In Francia impera lo stesso sistema. Non c’è delitto, per quanto sconcio, che si svolga nell’atmosfera degli ambienti chiusi. Aria! Aprite le porte! Insegnate a noi stessi la vita che si vive."
Paolo Valera, Milano sconosciuta, 1879
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