si sa, quando di mestiere si fanno libri, e nella fattispecie libri d’arte, si viene a contatto con una serie di autori (intendo quelli viventi), qualcuno di vaglia, la grande maggioranza membri della schiera dei mediocri. una sottocategoria dell’appena citata schiera è quella dei wannabe, gli aspiranti: esiziali signore di mezza età (anche quando sono maschi) che vorrebbero ma non possono: saggisti che vorrebbero essere umberto eco, poi accettano di scrivere dieci cartelle per un onesto produttore di calze per la moda (ma facoltoso, e che li paga molto) e adattano variandolo pochissimo un saggetto scovato su internet, note, bibliografia e tutto; architetti che vorrebbero essere zaha hadid, poi progettano un centro commerciale e lo chiamano multifunzionale e pubblicano un libro che elenca minuziosamente progettini e collaboratori, badando a non dimenticare proprio nessuno; designer che vorrebbero essere alessandro mendini, ma, nonostante l’ormai assodato incanutimento, del famoso signore del design rimangono ancora vice (epperò stile joe biden, non stile al gore) e di loro si ricorda qualche vasetto, un paio di tappeti e un qualche sparso verso autoreferenziale.
ebbene, questi tronfi signori/e un po’ patetici, convinti di dover essere onorati in virtù del fatto che riescono a navigare a vista nel piccolo mare popolato di architetti/designer/progettisti di varia natura, oltre ad affliggere con puerili capriccetti le case editrici che frequentano, talvolta scrivono le loro biografie (faute de mieux: se non le scrivessero da soli, chi altri terrebbe memoria delle loro non indimenticabili gesta?), che poi fanno davvero pubblicare sui libri, nonostante siano così concepite: “… Da allora progressivamente si afferma con i suoi scritti come il narratore più lucido, impietoso e insieme appassionato delle vicende del design e dell’architettura italiana e internazionale: realizza anche numerose mostre ed esposizioni (seguono i titoli), suoi oggetti e prodotti fanno parte di collezioni private e pubbliche in Italia e nel mondo”.
si legga ora, da una delle tante biografie di umberto eco – l’estratto che segue è tratto dal sito di Italica Rai internazionale: “Nato ad Alessandria nel 1932, Umberto Eco si trasferisce poco meno che ventenne a Torino per potervi frequentare l'Università. Nel 1954 si laurea in estetica, relatore Luigi Pareyson, con una tesi su san Tommaso d'Aquino, autentica scaturigine degli studi di medievistica dei quali si ricorderà pure in certe sue fortunate prove narrative. …”. certo, umberto non è lucido, impietoso e insieme appassionato, ma forse un tantinello più elegante?
non è questo il momento di svelare il nome del nostro albocrinito figlio del popolo (ma irreprimibilmente attratto dalla borghesia), prezzolato autore di vaste monografie aziendali: per questo bisognerà attendere la biennale di venezia, dopo il 26 agosto, quando il suo ultimo libro sarà di pubblico dominio. se però qualcuno dovesse indovinare l’identità della petulante prima del 26, scatta l’aperitivo premio. buona caccia.
3 commenti:
Guarda che così facendo sei già a quota due aperitivi da sovvenzionarmi, eh!
tengo il conto!
ahahah.
direi che a questo punto l'aperitivo è diventato un pasto completo. quando torni ti porto a mangiare il sushi.
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