venerdì 16 settembre 2011

non c'è posto per il dottor de wan

Desolante sgrammaticatura sull'elefante Italia firmato da Marco Balestri e Federico l'Olandese Volante per l'Elephant Parade di Milano

Dietro all'elefante Italia si intravedono, di spalle, gli autori: a sinistra Marco Balestri, a destra l'Olandese Volante



Nipapat Yaimali, Mosha in Italy (a ricordo dell'elefantino con la protesi)

Katy Perry con Erin Lareau, Dumbina

Alla presentazione dell’Elephant Parade (qui una cronachetta per capire di cosa si tratta) – nelle enfatiche, ritrite parole del copywriter dell’assessore alla Cultura Moda Expo e tutto il resto Stefano Boeri “l’idea di vedere la nostra città pacificamente invasa da una moltitudine colorata di cuccioli di elefanti, animali simbolo di stabilità e di immutabilità, a grandezza naturale, è straordinaria” – si è dato il singolare accidente che i convenuti fossero in ritardo rispetto ai relatori. Alcuni convenuti, maleducatissimi – come peraltro l’assessore, che adducendo impegni in giunta non si è presentato (non rinunciando però a scrivere, in un testo contenuto nella cartella stampa consegnata ai giornalisti, e con quel tocco di provincialismo che non guasta, che “grazie a questo grande evento open air Milano dimostra di essere una città aperta, vicina al design e all’arte; una città che condivide e contempla, inserita a pieno titolo nel circuito delle grandi mostre internazionali” –, si sono assiepati vicino alle due prime file di seggiole della sala convegni di Palazzo Reale. Constatato che non c’era posto, una signora ha pensato bene di giocare in extremis la carta del leinonsachisonoio, profferendo ad alta voce: “Non c’è posto per il dottor De Wan?”. Il dottor De Wan, di professione non cerusico ma fabbricante di bijoux famosissimi ancorché di pessimo gusto, è uno dei partner della manifestazione. Forse, se il dottor De Wan fosse arrivato quindici minuti prima, un posto in prima o seconda fila lo avrebbe trovato.
Arcobaleno, di Marcello Lo Giudice, installato in piazza della Scala
Torniamo, però, alla presentazione: una marchettona infinita, con tanto di elencazione di sponsor e sostenitori e relativi ringraziamenti, certo dovuti, ma forse in altra forma e in altra sede. Tra i ringraziati c’era Orizzonti Eventi, entusiasticamente lodato per la cura dell’organizzazione. Epperò, perché Orizzonte Eventi, nel video che scorreva alle spalle dei relatori, ha impaginato intere schermate di loghi, immonde antiestetiche accozzaglie, trascurando del tutto le didascalie relative ai titoli e agli autori degli elefanti, che pure scorrevano sullo schermo? E cosa aggiungevano al tutto le due o tre spaesate modelline con panama promozionale decorato Swarovski sul capo, tragiche nel loro girovagare per le sale senza costrutto, e mute?
A parziale salvataggio dallo sbadiglio coordinato (poiché sbadigliavano in molti) e continuativo è intervenuto il tenero (anche un po’ filone) racconto di Mike Spits, figlio dell’ideatore della parade, sensibilizzato fin da ragazzino a interessarsi di cuccioli di elefanti asiatici* bisognosi di cure (il primo in cui si è imbattuto giaceva in un ospedale per elefanti, forse in Tailandia, con una zampa fracassata da una mina, e aveva urgente bisogno di una protesi). Un accorato invito a tutelare l’elefante asiatico è poi venuto da Medhat Shafik, artista egiziano autore di una delle opere in parata: egli ha sostenuto che occuparsi di ciò equivale a occuparsi della vita, invitando gli astanti a risvegliare la propria coscienza ecologica. Francesca Pasinelli, direttore generale di Telethon – eletta dalla Elephant Parade a charity locale, vale a dire organismo no profit con cui condividere i profits della vendita all’asta degli elefanti –, ha sostenuto l’esistenza di un comune denominatore tra le sorti dell’elefante asiatico e quelle della ricerca sulle malattie genetiche rare.
Uno degli hit della mattinata è stato lo scoprimento di un elefante speciale, collocato nella sala dove servivano l’aperitivo, ideato da Marco Balestri e da Federico l’Olandese Volante di Radio 101. Sul corpo dell’elefante, che si intitola Italia e va ad aggiungersi alla miriade di opere dell’ingegno prodotte, con esiti assai diseguali, per celebrare il centocinquantesimo eccetera, sono dipinti i versi di due o tre canzoni che gli autori hanno giudicato rappresentative. Tra cui il Va pensiero. Scritto proprio così, senza l’apostrofo. Viva l’Italia.


* Devo confessare che, nonostante la lodevolezza della iniziativa, l'espressione "salvaguardia dell'elefante asiatico" mi suscita irrefrenabili risate.

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