martedì 6 settembre 2011

rincorrere i sogni e immaginare il futuro_un libro su maurizio scaparro

A sinistra, un po' tagliato, Daniele Aluigi, curatore del volume e editor di Carocci; a destra Maurizio Scaparro. Il maestro ha tenuto a precisare che la copia del "Giornale" nelle sue mani non è frutto di un suo sconsiderato acquisto bensì dotazione dell'hotel presso il quale ha dormito.
È di imminente uscita, per i tipi di Skira editore, il volume illustrato Scaparro – L’illusione teatrale, a cura di Daniele Aluigi e Maria Grazia De Gregori: un corposo resoconto del lavoro del regista dagli esordi sino a oggi, con saggi, testimonianze di attori, colleghi e collaboratori, un ricco apparato iconografico e una curatissima appendice che comprende cronologia, teatro/filmo/videografia, bibliografia e indice dei nomi.
L’editing del volume è stato affidato a chi scrive, che con molto piacere ha incontrato Scaparro e il curatore del volume nella sede di Skira. 
Scaparro non chiama nessuno “dottore”, dà subito del tu in maniera assai naturale, si informa sulle cose fondamentali, governa la discussione senza parere, poi si fa chiamare un taxi e se ne va, lasciando in chi resta la sensazione di avere incontrato una persona grande.
Riporto qui sotto qualche riga del libro in anteprima, una nota del regista a proposito del suo famosissimo Don Chisciotte multimediale, declinato in uno spettacolo teatrale, un film e alcuni episodi trasmessi in televisione.

Note di regia di Maurizio Scaparro

Don Chisciotte (1983)
Singolare modernità di un viaggio della mente, che oscilla tra l’età dell’oro e l’età del ferro, in un’epoca che si trasforma davanti agli occhi dell’uomo. E i linguaggi mutano anch’essi, si voglia o no. La grande letteratura cavalleresca termina il suo ciclo, nasce il romanzo moderno, e Cervantes sorride già della cavalleria, così come delle parole, ormai antiche, che il Cavaliere Errante si porta appresso, assieme al suo scudiero. Si citano, per datarli, i grandi miti, come l’Orlando, che diventano così oggetto di un mutevole ricordo e, nel migliore dei casi, nostalgia. Resta, invece, immutabile l’amore, per una Dulcinea che non si trova, e cambia continuamente apparenze, si nasconde, si traveste di fronte al Cavaliere che forse conosce la verità, ma non si stanca di cercare, non si arrende, non può. Resta il teatro, infine – ma vorrei dire la rappresentazione –, il discorso che attraversa tutto il Don Chisciotte di Cervantes, quasi a voler riassumere in lui i viaggi della mente e della conoscenza, i linguaggi che cambiano, gli amori che si cercano.
Il teatro, che cerca la verità attraverso l’illusione, ed è per questo – come ci ricorda Foucault – il più vicino alla follia. Così, naturalmente, questi “Frammenti di un discorso teatrale”, che nascono in un periodo di grandi mutamenti, sono dedicati alla fatica e alla passione di tutti coloro che in teatro vivono, in mille modi diversi, una vita che rincorre i sogni e prova a immaginare il futuro.


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