"un libro a milano", l'evento pomposamente pubblicizzato come "il primo salone dell'editoria indipendente" e appena conclusosi, ha avuto luogo nella sede fighetta di superstudio più, in via tortona 27. è stata in realtà poco più di una sagretta tristemente allestita su banchetti di compensato ricoperti di asettici drappi blu, uguali per tutti gli editori partecipanti. lessi una volta su "donna moderna" che chi vuole tenere a bada l'appetito deve dotarsi di piatti blu, colore che secondo il cromoparere dell'estensore dell'articolo fungerebbe da respingente. ebbene, devo dire che questo saloncino, per respingere l'interesse dei lettori, ce l'ha messa proprio tutta: banchetti ricoperti da freddissimi drappi, dicevamo, e un malassortimento di volumi dalle copertine in maggioranza brutte, davvero cheap, guardando le quali l'espressione "veste grafica" si svuotava di contenuto (e di conseguenza di forma) in maniera deprimente.
quasi immancabilmente un operatore triste e invadente si intrufolava tra te e l'oggetto che stavi esaminando, fornendo notizie non richieste (non mi è dispiaciuto, comunque, apprendere che esistono i romanzi del traduttore di conan doyle in cinese, che sul modello di sherlock ha creato il suo proprio investigatore, huo sang. l'autore si chiama chen xiaoqing e la casa editrice è la obarrao). tra le rare menzioni d'onore, quella alle edizioni la vita felice, con il loro paleocatalogo pur sempre interessante e la grafica sobria, e all'excelsior 1881, che si distingue per i contenuti assai chic. un tocco di pittoresco si poteva vedere al banco delle edizioni round robin, che proponevano libri in un packaging ricalcato su quello della carne al supermercato: vassoi di polistirolo o materia simile, con pellicola di plastica a chiusura e prezzo sul bollino incollato. tra gli imperdonabili orrori, un banchetto esoterico che esponeva libri di osho e profumi per la casa, incensi e altra roba da meditazione, opportuna alla fiera di sinigaglia ma alquanto fuori luogo nel contesto. il minuscolo angolo di catering era squallido quanto il resto. io non so se il folle allestimento dei piccoli e medi editori indipendenti dipendesse dalla loro povertà di denaro o non piuttosto da un poverismo di maniera, peraltro in voga ormai qualche anno fa, tuttavia anche quest'anno, come accadeva l'anno scorso alla bovisa, dove si era organizzata una manifestazione consimile, nessuno ha preso in considerazione l'importanza delle luci: anche questa volta erano fredde e squallide. nessuno ha previsto qualche angolo confortevole, qualche lampada da terra, un paio di poltrone per eventuali consultazioni in santa pace. in ultima analisi, un'occasioni persa per milano. all'uscita, un amico che era con me ragionava sul fatto che per riscaldare l'atmosfera sarebbe bastato selezionare qualche bel volume e appendere qualche pannello sul quale proiettare delle quarte di copertina parlate dall'autore del libro. altro che il dibattito sul soppalco e non so quale sassofonista che imperversava disturbando piuttosto che intrattenere. meno male che poco lontano, in via tortona 1, c'è l'osteria dei binari: luci smorzate, un signore al guardaroba, il caminetto acceso e un piatto di favolosi cappellacci verdi in salsa tartufata. per non parlare del vino.
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