lunedì 10 maggio 2010

back to where we once belonged_i dubbi di cherubino





ieri domenica di grande scialo a "vecchi libri in piazza diaz" (coordinata dall'eccellente sergio malavasi), dove chi scrive ha provato il brivido di tenere in mano un autentico petrarchino per la grande gentilezza dell'amico angelo cigognini del muro di tessa. sempre ieri è ufficialmente cominciata la collezione di mini e microlibri, con due cose bellissime: il numero 33 e il numero 47 della "raccolta breviari intellettuali", editi a milano negli anni venti dall'istituto editoriale italiano, con i risguardi decorati da duilio cambellotti, grandi 9,5 x 6 centimetri. il numero 33 è L'assassinio come una delle belle arti di de quincey, il 47 le Lettere di voltaire. ora li voglio tutti, e tutti li avrò, con l'aiuto di biagio malvuccio, libraio senza libreria con magazzino in via savona. orazio ficilli di labirinto libri, invece (altro libraio senza negozio), mi ha venduto il Libro della terza classe elementare curato da grazia deledda, dove, a pagina 32, finalmente si fa chiarezza sulla definizione di comunista: "La mattina del 28 ottobre i fascisti avanzarono ed entrarono in Roma, perché Roma è sempre la testa dell'Italia, e purtroppo l'Italia, dopo la sua splendente vittoria nella Grande Guerra, era rimasta senza testa. "Chi gliel'aveva tagliata?", domandò Cherubino. "I comunisti". "Io ho sentito parlare dei comunisti, ma non so che cosa siano", disse Cherubino. ... "I comunisti", spiegò il signor Goffredo, "sono persone che non rispettano l'ordine, e l'ordine è il benessere non soltanto dell'individuo, ma anche della società umana; e soprattutto non comprendono i diritti altrui conquistati con il sacrificio".
e sulla via del ritorno, a piedi da piazza diaz, arrivata in corso buenos aires ho trovato che c'era una specie di fiera panregionale, affollata di bancarelle che offrivano prodotti italiani. credevo di essere in italia, in quell'italia uscita vittoriosa dalla grande guerra, così mi sono recata presso la bancarella di un altoatesino (dall'idioma, invero, alquanto zoppicante) presso la quale ho acquistato un po' di sachertorte, passione dell'adolescentina. mi sono tuttavia dovuta ricredere quando, di fronte a me, si è materializzata la signora col cappello bianco e nero ritratta nella foto: allora ho capito che eravamo ad ascot.

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