"Il più fruttuoso e naturale esercizio del nostro spirito è, a mio parere, la conversazione. Io ne trovo la pratica più dolce di qualsiasi altra azione della nostra vita; e questa è la ragione per cui, se ora fossi costretto a scegliere, accetterei piuttosto, credo, di perdere la vista che l'udito o la parola. Gli Ateniesi, ed anche i Romani, tenevano in grande onore quest'esercizio nelle loro accademie. Al tempo nostro gli Italiani ne conservano qualche vestigio, con loro gran profitto, come si vede dal confronto dei nostri ingegni con i loro. Lo studio dei libri è un'operazione languida e fiacca che non riscalda; mentre la conversazione insegna ed esercita al tempo stesso. Se converso con un animo forte e con un giostratore gagliardo, egli mi stringe ai fianchi, mi punge a sinistra e a destra; le sue idee danno slancio alle mie. La rivalità, la gloria, la contesa mi spingono e m'innalzano al di sopra di me stesso. E l'unisono è una qualità assolutamente noiosa nella conversazione.
Come il nostro spirito si fortifica nel rapporto con gli spiriti vigorosi e saggi, non si può dire quanto egli perda e s'imbastardisca per il continuo contatto e per la frequentazione che abbiamo con gli spiriti bassi e malsani. Non c'è contagio che si diffonda come questo. ... Mi piace discutere e discorrere, ma con pochi uomini, e per me stesso. Poiché servire di spettacolo ai grandi e far bella mostra, a gara, del proprio spirito e della propria loquacità, trovo che sia un mestiere molto sconveniente per un uomo d'onore".
Michel de Montaigne, Saggi, II volume, Adelphi, Milano 1992.
Per A.M., la signora con le ballerine.
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