sabato 3 novembre 2012
ancora storie di editing
il post di "cose da libri" sull'autore che forse non voleva pubblicare, qui, ha suscitato il commento di gaia conventi sul blog "giramenti", qui.
dove si esplorano parole e si va a caccia di idee
4 commenti:
Ho letto il post e tutti i commenti. (Grazie per la citazione!) In effetti quel capitolo di 1Q84, e solo quello di entrambi i libri, è funestato dai refusi. Ce ne sono 5 o 6 in 10 pagine. Questa cosa non me la spiego.
Per tornare al discorso, dico la mia opinione a te e poi copio di là.
Non mi è molto piaiuto il tono di Gaia Conventi. Perché buttare sempre tutti i discorsi su quel sottile disprezzare con ironia l'aspirante autore? Elevandosi poi a nonsoche. Prendendosi una libertà che secondo me è fuoriluogo.
Questo signore ha la passione per la scrittura, non gli interessa al momento la pubblicazione, e vorrebbe tirare fuori dal suo manoscritto il massimo grazie all'aiuto di un addetto ai lavori, pagando tal servizio come si pagano i servizi. Cos'è che dovrebbe far inorridire? Qualcuno me lo spiega?
Ho letto che avrebbe bisogno di un ghost writer; ma che ne sa lei? Ha letto il romanzo? Mi domando che ci dovrebbe fare uno che non vuole pubblicare con un ghost writer. Persona pagata per scrivere un romanzo che porterà sulla copertina il nome di qualcun altro.
Usciamo dalla logica del libro scritto per sé, e quindi dal caso specifico. Voglio solo precisare una cosa, perché mi sembra che ci sia della informazione parziale, ed è sempre giusto darla completa, anche per chi si ritrova a leggere per caso. Esistono agenti indipendenti che scelgono di non chiedere tasse di lettura. Questo non vuol dire che la valutazione di un testo non sia un lavoro. Non sto dicendo che chi le chiede è un ladro, sto solamente aprendo il raggio del discorso. Ripeto, esistono agenti molto bravi, che riescono a chiudere contratti con editori importanti, con anni e anni di esperienza, che non chiedono tassa di lettura, né soldi, ai pochissimi autori che scelgono di rappresentare, per l'editing che il testo quasi sempre deve subire, leggero o invasivo che sia, e per la rappresentanza poi. Il loro guadagno è fissato a una percentuale sui diritti d'autore. Questo lo voglio precisare intanto perché ne conosco qualcuno e quindi sono certo di quello che dico, e poi perché non mi piace che tutto si riduca sempre ai soldi. E gli autori che trovano strade alternative sono sempre scemi perché qualcuno li ha spennati. Non è (sempre) così. Solo questo.
Caspita, quel post su giramenti mi era sfuggito: discussione comunque molto interessante.
Rispondo qui alle domande di aa nel post "sull'autore che non voleva pubblicare".
Come lettore, non è che poi sia molto interessato a chi ha scritto il libro e a come il testo è arrivato alla sua stesura definitiva: anzi, spero che la casa editrice (che si mette in tasca la maggior parte dei miei soldini, credo) abbia fatto bene il suo lavoro (valutazione, editing e correzione di bozze). Certo, se il lavoro di editing è stato importante mi piacerebbe leggere da qualche parte anche il nome di chi lo ha curato (io faccio il grafico, e il mio nome a carattere sei in seconda di copertina è prassi che ci sia, non vedo perchè non sia possibile per l'editor).
Certo, la questione dell'editing MOLTO invasivo rimane aperta: se proviamo ad applicare la stessa discussione ad altre produzioni artistiche (pittura, musica) capiamo che qualcosa non torna...
trovo molto interessante la questione sollevata da renato in merito all'applicazione dell'editing a produzioni artistche diverse dalla scrittura. mi vengono in mente le collaborazioni musicali, le botteghe in cui gli allievi dei pittori dipingevano per conto del maestro ora una gamba ora un braccio. ma qui ci vorrebbero uno storico della musica (meglio un cantante) e uno storico dell'arte (meglio mauro di vito).
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