martedì 6 maggio 2008
per fare una pubblicità dadaista
prendete un giornale.
prendete le forbici.
scegliete nel giornale un articolo della lunghezza che desiderate per la vostra poesia.
ritagliate l'articolo.
ritagliate poi accuratamente ognuna delle parole che compongono l'articolo e mettetele in un sacco.
agitate delicatamente.
tirate poi fuori un ritaglio dopo l'altro disponendoli nell'ordine in cui sono usciti dal sacco.
copiate scrupolosamente.
la poesia vi somiglierà.
ed eccovi divenuto uno scrittore infinitamente originale e di squisita sensibilità, benché incompresa dal volgo.
l'iconoclasta ricetta ci viene dalla zurigo di inizio novecento, dove tristan tzara e i suoi compari del cabaret voltaire pazziavano in effervescenza, e si intitola per fare una poesia dadaista.
francisco guerra, un poeta del marketing come il suo amico brian glover, prende una macchina di quelle che sparano la neve artificiale, la riempie di una miscela di schiume e di elio e poi spara verso le nuvole logoi, brand, messaggi commerciali e tutto quello che gli dicono di sparare i suoi committenti. si chiama – assai suggestivamente – cloudvertising. certo, i flogos (flying logos, a dispetto del suono più sinistramente farmaceutico in italiano) non sono poesie di squisita sensibilità e sono fatte apposta per essere comprese da quanto più volgo possibile, ma quanta delicatezza, in questa idea di francisco.
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