manutengolo: chi tiene mano a un'azione illecita, chi si fa complice di furfanterie senza agire direttamente.
quindi i due complici dei violentatori di guidonia, coloro i quali hanno coperto il loro tentativo di fuga, sono dei manutengoli.
suona persino troppo nobile, questa parola.
mercoledì 28 gennaio 2009
martedì 27 gennaio 2009
milano città di libri – un’intervista possibile – omaggio ad arturo schwarz nell’imminenza del suo ottantacinquesimo compleanno
“Regna la leggenda secondo cui basta imparare il trucco, e subito ecco dei testi di grande valore poetico uscire dalla penna di uno qualsiasi come inarrestabile diarrea. Col pretesto che si tratta di surrealismo, il primo cane che arriva si crede autorizzato a uguagliare le proprie porcheriole alla vera poesia.”
“Un artefatto deve possedere, a mio avviso, tre qualità essenziali […] La prima di queste qualità è l’originalità, un prerequisito necessario affinché l’opera d’arte svolga il suo compito di ampliare i nostri orizzonti visivi e mentali […] La seconda qualità è data dal fatto che la creazione di un artefatto deve essere motivata da un irresistibile bisogno interiore. L’artista deve obbedire a un’impetuosa pulsione emotiva e cognitiva che lo porta a esplorare ogni cosa […] Ancora una volta, l’affermazione di autenticità da sola non basta. […] La seconda qualità richiede che la sensibilità dell’artista sia temperata da una conoscenza altrettanto profonda. La terza qualità è la più difficile, sia da descrivere che da ottenere. L’opera d’arte non solo deve presentarci una nuova realtà, ed esser frutto di una necessità esistenziale, ma deve anche emanare un’aura poetica. […] quando osservo un’opera d’arte, non sono interessato tanto al suo richiamo estetico, quanto piuttosto al suo valore poetico, che gli conferisce una determinata qualità artistica.”
il primo era Louis Aragon, Traité du style, 1928; il secondo, molto meno virulento ma non meno cristallino, era Arturo Schwarz, nell’introduzione al suo Israele. Arte contemporanea, 2007. Risalta, in entrambi gli scritti, una comune esaltazione della verità nella molla che spinge alla creazione artistica, una verità non disgiunta da sapienza e impegno e, nel caso di schwarz, da un implicito invito alla conoscenza di sé, obbligatorio per l’artista. la biografia di arturo schwarz è stata sufficientemente delineata qui; a noi basti ricordare che è nato ad alessandria d’egitto il 3 febbraio 1924 e che, oltre a essere saggista, poeta e storico dell’arte, è stato editore e libraio. in questa duplice veste, nella sua “Libreria Galleria Schwarz” – fondata nel 1954 – si è occupato di avanguardie, in special modo di dadaismo e surrealismo, organizzando mostre di artisti perlopiù inediti in italia e pubblicando testi sino ad allora sconosciuti. collezionista, ha donato 450 pezzi della sua raccolta alla galleria nazionale d’arte moderna di roma, mentre i 40.000 volumi della sua biblioteca, che comprendono importantissimi documenti dadaisti e surealisti, sono destinati a israele. la storia di queste donazioni si può leggere in un’intervista a schwarz di paola dècina lombardi, pubblicata qui.
veniamo ora al nostro libraio del passato prossimo. nonostante schwarz non eserciti più il suo mestiere, l’ho intervistato chiedendogli di rispondere “come se”. l’autore ha acconsentito con molta gentilezza, permettendomi di tracciare un bilancio della sua esperienza, interessantissimo da confrontare con lo status quo e fondamentale anche per restituire un’aria di livello che fatico a ritrovare nel panorama attuale. ovviamente dal mio parzialissimo punto di vista.
la parola va adesso a schwarz e alla sua storia di intellettuale milanese.
1. perché lei fa il libraio?
Premetto che ho 85 anni e che sono quindi un ex libraio; se ho fatto, in gioventù, questo mestiere è perché ritengo che il prodotto di consumo più importante al mondo (salvo cibo e medicinali) sia il libro in quanto veicolo di cultura. Non a caso, Goebbels era solito dire: “Quando sento la parola cultura porto la mano alla pistola”. La mia prima libreria, in Alessandria d’Egitto – negli anni 1945-1947 – dove ho vissuto sino all’età di 25 anni, si chiamava, non a caso, “Libreria Cultura” (in francese, perché i libri che vendevo erano tutti in lingua francese o inglese). Ho sperimentato personalmente l’odio dei regimi totalitari per la cultura: Ero specializzato nella saggistica (in particolare filosofia, storia, antropologia, sociologia, psicologia) e nella letteratura (poesia, narrativa, ecc.) ma vendevo, tra gli altri, anche i libri dei classici del marxismo e del trotzkismo, dato che ero il rappresentante delle case editrici dei partiti comunisti francesi, inglesi e americani come di quelle dei gruppi trotzkisti. Fui arrestato nel 1948, passai un anno nella prigione di Hadra e un altro anno nel campo di concentramento di Abukir, da dove fui espulso in Italia nell’aprile del 1949. Nel 1954 riuscii a riaprire una libreria (in via Sant’Andrea, a Milano), con gli stessi intenti, ma dato che ero molto rigoroso nelle mie scelte (non trattavo la scolastica e mi rifiutavo di vendere libri che non fossero di alta qualità letteraria o che ritenevo di poca importanza dal punto di vista culturale) non ebbi grande successo, nonostante la mia libreria fosse frequentata dall’élite del mondo culturale non solo milanese (Carlo Bo, Raffaele Carrieri, Elio Vittorini, ecc. erano tra gli habitué più fedeli). Per questa ragione all’attività di libraio affiancai, gradatamente, quella di gallerista (facevo già parte del gruppo surrealista parigino) e oltre a vendere i libri dei poeti, cominciai a vendere anche opere degli artisti surrealisti, nonché di artisti della mia generazione, allora totalmente sconosciuti (spesso era la prima mostra che allestivano), che si chiamavano: Arman, Baj, Dangelo, Klapheck, Spoerri, ecc.
2. qual è la parte del suo lavoro che le procura maggiore soddisfazione?
Quella di potere leggere ed essere al corrente – attraverso tutte le pubblicazioni specializzate – della produzione letteraria e culturale su scala mondiale; e poi, di potere dare dei consigli utili ai frequentatori della mia libreria.
3. quanto conta il consiglio del libraio per chi frequenta la sua libreria?
Era fondamentale.
4. quali sono le iniziative che lei mette in atto o conta di intraprendere per coltivare, aumentare, consolidare il numero di lettori che si rivolge a lei?
Quando avevo la libreria organizzavo cicli di conferenze e serate di presentazione delle novità libraie più interessanti, spesso con la presenza dell’autore.
5. qual è la sua proposta (o il suo sogno) per rendere Milano una “città di libri”?
Tornare all’esempio francese, ma ci vuole molto coraggio e non so se il pubblico milanese è pronto; comunque, oltre a organizzare attività culturali (come facevo io e come ancora fanno la libreria Utopia e la FNAC), organizzare, come in Francia dove esistono molte piccole librerie di quartiere, una rete di librerie specializzate dove uno può trovare, ad esempio, TUTTO quello che riguarda una o più discipline umanistiche. A Berkeley, dove insegnavo all’università della California, esistono librerie dove, per esempio, puoi trovare le opere COMPLETE dei giganti del pensiero; da Spinoza, Kant, Hegel, Marx a Freud, Jung, Reich ecc., ai classici greci e latini. Librerie che sono VERAMENTE un tempio della cultura. Cosa che manca totalmente in Italia – ma mi accontento se penso all’Inghilterra dove la situazione è MOLTO peggiore, e dove la stragrande maggioranza dei librai non merita questo nome: si limitano a vendere libri sul giardinaggio, sul “fai-da-te”, sui vari giochi di società, sullo sport, ecc. La volgarizzazione che impera nella stampa e nei media ha contagiato anche l’attività libraria. Devo dire che non sono molto ottimista sull’avvenire di questa nostra bellissima professione. Anche perché il reddito del lavoro del libraio è molto basso per via di una perversa organizzazione della distribuzione dei libri (il distributore si prende dal 50 al 55% del prezzo di copertina lasciando al libraio un povero 27-30%). Tolte le spese dell’affitto (sempre crescente e a volte insostenibile, tale da obbligare spesso il libraio a chiudere bottega), del personale, delle tasse, rimane sì e no un 8 o 10% di utile sul prezzo di copertina. Se si aggiunge il fatto che molti librai sono costretti a concedere uno sconto del 10% (che dovrebbe essere proibito e illegale) per accaparrarsi il cliente, non rimane praticamente nessun utile! Vi è poi un altro fattore che peggiora la situazione ed è la tendenza di importanti case editrici (principalmente Feltrinelli, Mondadori e Rizzoli) di allestire le proprie librerie in luoghi centralissimi; anche per gli importanti mezzi finanziari dei quali dispongono, e il conseguente imponente assortimento, esse costituiscono una concorrenza molto agguerrita. Temo che il piccolo libraio conoscitore e consigliere dei suoi clienti sia una specie in via di estinzione. Difficile proporre un rimedio.
Arturo Schwarz, gennaio 2009
“Un artefatto deve possedere, a mio avviso, tre qualità essenziali […] La prima di queste qualità è l’originalità, un prerequisito necessario affinché l’opera d’arte svolga il suo compito di ampliare i nostri orizzonti visivi e mentali […] La seconda qualità è data dal fatto che la creazione di un artefatto deve essere motivata da un irresistibile bisogno interiore. L’artista deve obbedire a un’impetuosa pulsione emotiva e cognitiva che lo porta a esplorare ogni cosa […] Ancora una volta, l’affermazione di autenticità da sola non basta. […] La seconda qualità richiede che la sensibilità dell’artista sia temperata da una conoscenza altrettanto profonda. La terza qualità è la più difficile, sia da descrivere che da ottenere. L’opera d’arte non solo deve presentarci una nuova realtà, ed esser frutto di una necessità esistenziale, ma deve anche emanare un’aura poetica. […] quando osservo un’opera d’arte, non sono interessato tanto al suo richiamo estetico, quanto piuttosto al suo valore poetico, che gli conferisce una determinata qualità artistica.”
il primo era Louis Aragon, Traité du style, 1928; il secondo, molto meno virulento ma non meno cristallino, era Arturo Schwarz, nell’introduzione al suo Israele. Arte contemporanea, 2007. Risalta, in entrambi gli scritti, una comune esaltazione della verità nella molla che spinge alla creazione artistica, una verità non disgiunta da sapienza e impegno e, nel caso di schwarz, da un implicito invito alla conoscenza di sé, obbligatorio per l’artista. la biografia di arturo schwarz è stata sufficientemente delineata qui; a noi basti ricordare che è nato ad alessandria d’egitto il 3 febbraio 1924 e che, oltre a essere saggista, poeta e storico dell’arte, è stato editore e libraio. in questa duplice veste, nella sua “Libreria Galleria Schwarz” – fondata nel 1954 – si è occupato di avanguardie, in special modo di dadaismo e surrealismo, organizzando mostre di artisti perlopiù inediti in italia e pubblicando testi sino ad allora sconosciuti. collezionista, ha donato 450 pezzi della sua raccolta alla galleria nazionale d’arte moderna di roma, mentre i 40.000 volumi della sua biblioteca, che comprendono importantissimi documenti dadaisti e surealisti, sono destinati a israele. la storia di queste donazioni si può leggere in un’intervista a schwarz di paola dècina lombardi, pubblicata qui.
veniamo ora al nostro libraio del passato prossimo. nonostante schwarz non eserciti più il suo mestiere, l’ho intervistato chiedendogli di rispondere “come se”. l’autore ha acconsentito con molta gentilezza, permettendomi di tracciare un bilancio della sua esperienza, interessantissimo da confrontare con lo status quo e fondamentale anche per restituire un’aria di livello che fatico a ritrovare nel panorama attuale. ovviamente dal mio parzialissimo punto di vista.
la parola va adesso a schwarz e alla sua storia di intellettuale milanese.
1. perché lei fa il libraio?
Premetto che ho 85 anni e che sono quindi un ex libraio; se ho fatto, in gioventù, questo mestiere è perché ritengo che il prodotto di consumo più importante al mondo (salvo cibo e medicinali) sia il libro in quanto veicolo di cultura. Non a caso, Goebbels era solito dire: “Quando sento la parola cultura porto la mano alla pistola”. La mia prima libreria, in Alessandria d’Egitto – negli anni 1945-1947 – dove ho vissuto sino all’età di 25 anni, si chiamava, non a caso, “Libreria Cultura” (in francese, perché i libri che vendevo erano tutti in lingua francese o inglese). Ho sperimentato personalmente l’odio dei regimi totalitari per la cultura: Ero specializzato nella saggistica (in particolare filosofia, storia, antropologia, sociologia, psicologia) e nella letteratura (poesia, narrativa, ecc.) ma vendevo, tra gli altri, anche i libri dei classici del marxismo e del trotzkismo, dato che ero il rappresentante delle case editrici dei partiti comunisti francesi, inglesi e americani come di quelle dei gruppi trotzkisti. Fui arrestato nel 1948, passai un anno nella prigione di Hadra e un altro anno nel campo di concentramento di Abukir, da dove fui espulso in Italia nell’aprile del 1949. Nel 1954 riuscii a riaprire una libreria (in via Sant’Andrea, a Milano), con gli stessi intenti, ma dato che ero molto rigoroso nelle mie scelte (non trattavo la scolastica e mi rifiutavo di vendere libri che non fossero di alta qualità letteraria o che ritenevo di poca importanza dal punto di vista culturale) non ebbi grande successo, nonostante la mia libreria fosse frequentata dall’élite del mondo culturale non solo milanese (Carlo Bo, Raffaele Carrieri, Elio Vittorini, ecc. erano tra gli habitué più fedeli). Per questa ragione all’attività di libraio affiancai, gradatamente, quella di gallerista (facevo già parte del gruppo surrealista parigino) e oltre a vendere i libri dei poeti, cominciai a vendere anche opere degli artisti surrealisti, nonché di artisti della mia generazione, allora totalmente sconosciuti (spesso era la prima mostra che allestivano), che si chiamavano: Arman, Baj, Dangelo, Klapheck, Spoerri, ecc.
2. qual è la parte del suo lavoro che le procura maggiore soddisfazione?
Quella di potere leggere ed essere al corrente – attraverso tutte le pubblicazioni specializzate – della produzione letteraria e culturale su scala mondiale; e poi, di potere dare dei consigli utili ai frequentatori della mia libreria.
3. quanto conta il consiglio del libraio per chi frequenta la sua libreria?
Era fondamentale.
4. quali sono le iniziative che lei mette in atto o conta di intraprendere per coltivare, aumentare, consolidare il numero di lettori che si rivolge a lei?
Quando avevo la libreria organizzavo cicli di conferenze e serate di presentazione delle novità libraie più interessanti, spesso con la presenza dell’autore.
5. qual è la sua proposta (o il suo sogno) per rendere Milano una “città di libri”?
Tornare all’esempio francese, ma ci vuole molto coraggio e non so se il pubblico milanese è pronto; comunque, oltre a organizzare attività culturali (come facevo io e come ancora fanno la libreria Utopia e la FNAC), organizzare, come in Francia dove esistono molte piccole librerie di quartiere, una rete di librerie specializzate dove uno può trovare, ad esempio, TUTTO quello che riguarda una o più discipline umanistiche. A Berkeley, dove insegnavo all’università della California, esistono librerie dove, per esempio, puoi trovare le opere COMPLETE dei giganti del pensiero; da Spinoza, Kant, Hegel, Marx a Freud, Jung, Reich ecc., ai classici greci e latini. Librerie che sono VERAMENTE un tempio della cultura. Cosa che manca totalmente in Italia – ma mi accontento se penso all’Inghilterra dove la situazione è MOLTO peggiore, e dove la stragrande maggioranza dei librai non merita questo nome: si limitano a vendere libri sul giardinaggio, sul “fai-da-te”, sui vari giochi di società, sullo sport, ecc. La volgarizzazione che impera nella stampa e nei media ha contagiato anche l’attività libraria. Devo dire che non sono molto ottimista sull’avvenire di questa nostra bellissima professione. Anche perché il reddito del lavoro del libraio è molto basso per via di una perversa organizzazione della distribuzione dei libri (il distributore si prende dal 50 al 55% del prezzo di copertina lasciando al libraio un povero 27-30%). Tolte le spese dell’affitto (sempre crescente e a volte insostenibile, tale da obbligare spesso il libraio a chiudere bottega), del personale, delle tasse, rimane sì e no un 8 o 10% di utile sul prezzo di copertina. Se si aggiunge il fatto che molti librai sono costretti a concedere uno sconto del 10% (che dovrebbe essere proibito e illegale) per accaparrarsi il cliente, non rimane praticamente nessun utile! Vi è poi un altro fattore che peggiora la situazione ed è la tendenza di importanti case editrici (principalmente Feltrinelli, Mondadori e Rizzoli) di allestire le proprie librerie in luoghi centralissimi; anche per gli importanti mezzi finanziari dei quali dispongono, e il conseguente imponente assortimento, esse costituiscono una concorrenza molto agguerrita. Temo che il piccolo libraio conoscitore e consigliere dei suoi clienti sia una specie in via di estinzione. Difficile proporre un rimedio.
Arturo Schwarz, gennaio 2009
cose di cui si parla:
arturo schwarz,
israele,
librerie,
louis aragon,
milano città di libri,
surrealismo
lunedì 26 gennaio 2009
il pane e le rose 2 / concorso poetico
è bello l'invito a fare poesia di cristina e massimo, della libreria nuova scaldapensieri di milano: un invito a una "poesia di quartiere".
la libreria si trova in via don bosco davanti al n. 39 (mm3, fermata brenta), tel. 02.56.81.68.07
FIORISCE... POESIA BUONA COME IL PANE
27 gennaio 2009, ore 20:30
Durante la serata/laboratorio ascolteremo, leggeremo, vedremo e forse scriveremo poesia. Ragioneremo su come la poesia possa evocare, raccontare e forse cambiare il nostro stare con noi stessi, con gli altri e su un territorio, in particolare a Milano e, magari, nel nostro quartiere, qui a sudest della città.
Durante la serata presenteremo in anteprima anche l'omonimo concorso poetico, Fiorisce... poesia buona come il pane, che avrà luogo dal 3 al 23 febbraio 2009 e sarà rivolto ad adulti e bambini.
Raccoglieremo per tre settimane i vostri versi, che potrete consegnarci in libreria o inviarci via mail o fax. È prevista una premiazione di alcune poesie da parte di una giuria competente (quanto insindacabile!), con il contributo di sponsor locali che ringraziamo fin d'ora.
VI ASPETTIAMO DALLE 19.30 PER UN APERITIVO IN LIBRERIA
APPUNTAMENTO APERTO A TUTTI FINO A ESAURIMENTO POSTI
La manifestazione è sostenuta dalle associazioni Mille Gru (Monza), Pe.a.ce Periferie al Centro (Milano), dal blog Nomadi Mondi, e si inserisce nel progetto Poesia Presente che vedrà il suo fulcro lunedì 16 febbraio e lunedì 23 marzo 2009 al Teatro Filodrammatici di Milano.
la libreria si trova in via don bosco davanti al n. 39 (mm3, fermata brenta), tel. 02.56.81.68.07
FIORISCE... POESIA BUONA COME IL PANE
27 gennaio 2009, ore 20:30
Durante la serata/laboratorio ascolteremo, leggeremo, vedremo e forse scriveremo poesia. Ragioneremo su come la poesia possa evocare, raccontare e forse cambiare il nostro stare con noi stessi, con gli altri e su un territorio, in particolare a Milano e, magari, nel nostro quartiere, qui a sudest della città.
Durante la serata presenteremo in anteprima anche l'omonimo concorso poetico, Fiorisce... poesia buona come il pane, che avrà luogo dal 3 al 23 febbraio 2009 e sarà rivolto ad adulti e bambini.
Raccoglieremo per tre settimane i vostri versi, che potrete consegnarci in libreria o inviarci via mail o fax. È prevista una premiazione di alcune poesie da parte di una giuria competente (quanto insindacabile!), con il contributo di sponsor locali che ringraziamo fin d'ora.
VI ASPETTIAMO DALLE 19.30 PER UN APERITIVO IN LIBRERIA
APPUNTAMENTO APERTO A TUTTI FINO A ESAURIMENTO POSTI
La manifestazione è sostenuta dalle associazioni Mille Gru (Monza), Pe.a.ce Periferie al Centro (Milano), dal blog Nomadi Mondi, e si inserisce nel progetto Poesia Presente che vedrà il suo fulcro lunedì 16 febbraio e lunedì 23 marzo 2009 al Teatro Filodrammatici di Milano.
l'uomo ideale
"Ah! la verità è una cattiva abitudine della quale cerco di disfarmi al più presto”. Lord Goring in Oscar Wilde, An Ideal Husband
accade, talvolta, anche alle signore più smagate di vagheggiare un eventuale uomo ideale col quale far coppia (in un determinato tempo, per un determinato tempo). io l’eroe lo vagheggio alto, dinoccolato, vagamente segaligno, gli abiti scioltamente eleganti sul fisico longilineo, dotato di un’allure à la sherlock holmes nelle tavole di sidney paget, una sorta di incrocio tra l’immortale investigatore e il lord goring del Marito ideale di Oscar (lord goring non è il marito ideale del titolo, ma, individualista assoluto e lingua tagliente, è ovviamente molto più affascinante dello stesso).
questa mia splendida creatura indossa una cravatta bolaffi, serie “arte, musica e cultura” (però, nel mondo ideale dell’uomo ideale, l’ufficio stampa bolaffi avrà già tenuto conto della segnalazione del letterato cliente e fatto correggere gli orrendi refusi nella cravatta verde “i grandi scrittori”: mishina sarà già stato corretto in mishima e tolsloy in tolstoij – così il mio eroe esibirà una cravatta emendata, naturalmente inviatagli gratuitamente da bolaffi a titolo di riparazione).
l’assegno per il mio solitario di tiffany & co. l’eroe lo firmerà con una montblanc limited edition “ernest hemingway”, mentre l’attesa fuori dal negozio di abiti da cerimonia sarà aromaticamente colmata da una sessione di pipa peterson, una della serie “the sherlock holmes collection”, un mio regalo – l’avrò comprata dal pascià, in via torino. un altro dei miei eroi, questo in carne e ossa, editor di vaglia, sostiene la superiorità delle pipe castello, ma sono certa che lo faccia per puro spirito di contraddizione, il piccolo bisbetico. la vita del mio eroe si dipana perciò tra la biblioteca, il fumoir e la cura della sottoscritta, che allieta con parlari rarefatti, pregiati whisky torbati e lunghe sedute di sesso: un equilibrio perfetto tra spirito e corpo, in cui l’uno trascolora nell’altro senza soluzione di continuità, squisito prodotto occidentale dell’evoluzione dell’uomo. dalla relazione temporanea che mi lega a questo individuo sono ovviamente escluse le miserie che affossano la vita – la gestione della spazzatura, la spesa, il pagamento delle bollette et similia. noi mangiamo solo al ristorante e, in nostra assenza, silenziosi, riservatissimi domestici si prendono cura di tutti gli aspetti più vili, ancorché imprescindibili, della nostra luminosa esistenza.
accade, talvolta, anche alle signore più smagate di vagheggiare un eventuale uomo ideale col quale far coppia (in un determinato tempo, per un determinato tempo). io l’eroe lo vagheggio alto, dinoccolato, vagamente segaligno, gli abiti scioltamente eleganti sul fisico longilineo, dotato di un’allure à la sherlock holmes nelle tavole di sidney paget, una sorta di incrocio tra l’immortale investigatore e il lord goring del Marito ideale di Oscar (lord goring non è il marito ideale del titolo, ma, individualista assoluto e lingua tagliente, è ovviamente molto più affascinante dello stesso).
questa mia splendida creatura indossa una cravatta bolaffi, serie “arte, musica e cultura” (però, nel mondo ideale dell’uomo ideale, l’ufficio stampa bolaffi avrà già tenuto conto della segnalazione del letterato cliente e fatto correggere gli orrendi refusi nella cravatta verde “i grandi scrittori”: mishina sarà già stato corretto in mishima e tolsloy in tolstoij – così il mio eroe esibirà una cravatta emendata, naturalmente inviatagli gratuitamente da bolaffi a titolo di riparazione).
l’assegno per il mio solitario di tiffany & co. l’eroe lo firmerà con una montblanc limited edition “ernest hemingway”, mentre l’attesa fuori dal negozio di abiti da cerimonia sarà aromaticamente colmata da una sessione di pipa peterson, una della serie “the sherlock holmes collection”, un mio regalo – l’avrò comprata dal pascià, in via torino. un altro dei miei eroi, questo in carne e ossa, editor di vaglia, sostiene la superiorità delle pipe castello, ma sono certa che lo faccia per puro spirito di contraddizione, il piccolo bisbetico. la vita del mio eroe si dipana perciò tra la biblioteca, il fumoir e la cura della sottoscritta, che allieta con parlari rarefatti, pregiati whisky torbati e lunghe sedute di sesso: un equilibrio perfetto tra spirito e corpo, in cui l’uno trascolora nell’altro senza soluzione di continuità, squisito prodotto occidentale dell’evoluzione dell’uomo. dalla relazione temporanea che mi lega a questo individuo sono ovviamente escluse le miserie che affossano la vita – la gestione della spazzatura, la spesa, il pagamento delle bollette et similia. noi mangiamo solo al ristorante e, in nostra assenza, silenziosi, riservatissimi domestici si prendono cura di tutti gli aspetti più vili, ancorché imprescindibili, della nostra luminosa esistenza.
lunedì 19 gennaio 2009
ribelle in pelliccia – no, non è un titolo di liala
sul tram numero due si accende una fervente discussione tra un signore e una signora molto impellicciata, nella quale entro purtroppo solo in medias res. il signore è con la moglie; la signora, che siede di fronte, con un imbarazzatissimo marito in loden. la discussione verte sul comportamento da tenersi nel caso di un incontro con persone note (ad esempio un cantante, o un divo della televisione). il signore sostiene che senz’altro bisogna manifestare una qualche reazione, possibilmente positiva, al passaggio del noto (metti che sul due salga all’improvviso, non so, lorella cuccarini). la signora di fronte, vagamente sdegnata, infila una fila di avversative: “ma perché? ma chi sono questi? ma chi se ne importa se vanno in televisione?”, e continua per un pochino, ribadendo in maniera elegantemente accesa il suo diritto a impiparsene delle celebrità. interviene, pacata, la moglie del groupie: “be’, certo, però metta che uno incontri un rappresentante del governo, o addirittura il presidente del consiglio, si alzerebbero tutti per correttezza nei confronti delle istituzioni. se passasse berlusconi…” non demorde l’indomabile signora: “ma chi se ne frega di berlusconi? chi è berlusconi?”. il marito in loden desidererebbe essere altrove, il contendente si tace sussiegoso. le due coppie scendono insieme e io ne perdo ovviamente le tracce. questa signora aveva decisamente una verve da adolescente.
ora, io vorrei solo aggiungere che ho la ventura di conoscere un divo della radio, ma proprio divo divo, di quelli che la moglie del groupie riverirebbe timidamente: egli ha mangiato il mio pane e il mio sale, ma non è che la facciamo tanto lunga.
la foto che pubblico è davvero quella della ribelle in pelliccia; la pubblico a cuor leggero 1. perché la signora non si riconosce; 2. perché non ho mai più visto e sentito il giornalista della 7 che mi voleva denunciare per aver fotografato le banane. quello che si tiene prudentemente dietro di lei è suo marito.
ora, io vorrei solo aggiungere che ho la ventura di conoscere un divo della radio, ma proprio divo divo, di quelli che la moglie del groupie riverirebbe timidamente: egli ha mangiato il mio pane e il mio sale, ma non è che la facciamo tanto lunga.
la foto che pubblico è davvero quella della ribelle in pelliccia; la pubblico a cuor leggero 1. perché la signora non si riconosce; 2. perché non ho mai più visto e sentito il giornalista della 7 che mi voleva denunciare per aver fotografato le banane. quello che si tiene prudentemente dietro di lei è suo marito.
sabato 17 gennaio 2009
destinazioni d'uso
venerdì 16 gennaio 2009
il ritratto della gioventù
stamattina l’andatura incerta del tram numero due, che viaggiava a scossoni, ha messo a repentaglio più volte l’equilibrio di svariati passeggeri. un magnifico scivolone stava per prenderlo un ragazzo bellissimo, altissimo, fulgido ventenne anglosassone (per me era di seattle e ascolta i fleet foxes), senza dubbio un aspirante modellino, provvisto di berretto con orecchie di pelo (a lui stava benissimo e il copricapo faceva risaltare i suoi occhi azzurrissimi ¬– mi scuso per i superlativi, ma la creatura meritava davvero) e di un bel giaccone rigatino grigio. il ragazzo è stato trattenuto in extremis da una placida signora settantenne, cappelluccio alla miss marple, che lo ha salvato da caduta certa strattonandolo energicamente. a salvataggio compiuto, i due si sono guardati negli occhi e sono scoppiati a ridere. hanno continuato a sorridersi per tutto il viaggio – lui trendsetter che più trendsetter non si poteva, lei piena-di-bonomia che più non si poteva –, per poi salutarsi allegramente al momento di separarsi. stamattina, a parte il mio vicino che sfogliava “la repubblica”, sul tram numero due non leggeva nessuno, ché il ragazzo trendy consultava solo la carta dei mezzi pubblici, ma questa storia l’ho voluta raccontare.
immagine di miss marple courtesy www.sherlockmagazine.it
immagine del modellino da qualche sito di moda
immagine di miss marple courtesy www.sherlockmagazine.it
immagine del modellino da qualche sito di moda
martedì 13 gennaio 2009
mangalemmi 26
fanfaluca: cosa da nulla, sciocchezza, bagattella, futilità; chiacchiera senza fondamento, ciancia, frottola
piccolo frammento, specialmente di carta bruciata, che per la sua leggerezza si leva e vola per aria
strato di pasta dolce e sottile simile alla pasta sfoglia
a volte anche zio paperone dice "fanfaluche".
piccolo frammento, specialmente di carta bruciata, che per la sua leggerezza si leva e vola per aria
strato di pasta dolce e sottile simile alla pasta sfoglia
a volte anche zio paperone dice "fanfaluche".
lunedì 12 gennaio 2009
la libreria di stardi
“Sono andato da Stardi, che sta di casa in faccia alla scuola, e ho provato invidia davvero a veder la sua libreria. Non è mica ricco, non può comprar molti libri; ma egli conserva con gran cura i suoi libri di scuola, e quelli che gli regalano i parenti, e tutti i soldi che gli danno, li mette da parte e li spende dal libraio: in questo modo s’è messo insieme una piccola biblioteca, e quando suo padre si è accorto che aveva quella passione, gli ha comperato un bello scaffale di noce con la tendina verde, e gli ha fatto legare quasi tutti i volumi con i colori che piacevano a lui. Così ora egli tira un cordoncino, la tenda verde scorre via e si vedono tre file di libri d’ogni colore, tutti in ordine, lucidi, coi titoli dorati sulle coste; dei libri di racconti, di viaggi e di poesie; e anche illustrati. Ed egli sa combinar bene i colori, mette i volumi bianchi accanto ai rossi, i gialli accanto ai neri, gli azzurri accanto ai bianchi, in maniera che si vedan da lontano e facciano bella figura; e si diverte poi a variare le combinazioni. S’è fatto il suo catalogo. È come un bibliotecario. Sempre sta attorno ai suoi libri, a spolverarli, a sfogliarli, a esaminare le legature; bisogna vedere con che cura li apre, con quelle sue mani corte e grosse, soffiando tra le pagine: paiono ancora tutti nuovi. Io che ho sciupato tutti i miei! Per lui, ad ogni nuovo libro che compera, è una festa a lisciarlo, a metterlo al posto e a riprenderlo per guardarlo per tutti i versi e a covarselo come un tesoro. Non m’ha fatto veder altro in un’ora. Aveva male agli occhi dal gran leggere”.
Edmondo De Amicis, Cuore
su gentile segnalazione di mia figlia
Edmondo De Amicis, Cuore
su gentile segnalazione di mia figlia
mercoledì 7 gennaio 2009
il pane e le rose - neve a milano
martedì 6 gennaio 2009
happy b., sherlock! - coup de théâtre a milano?
oggi è il compleanno di sherlock holmes, il quale nasceva, il 6 gennaio 1854, a mycroft, yorkshire.
e questi sono anche i giorni in cui, a milano, si possono comprare, scontati del trenta per cento, i libri della sherlockiana – la moritura, hélas, libreria del giallo di milano, della quale la vestale tecla dozio ha annunciato ufficialmente la chiusura. si spera in un coup de théâtre finale, chessò, con un generosissimo mecenate che si incarica di sanare i debiti pregressi e di finanziare i prossimi tre anni di spese. intanto, tutti in via peschiera 1 a comprare gialli.
del mio beniamino sherlock si occupa amorevolmente, in italia, la benemerita associazione uno studio in holmes, qui, con sede a firenze – sentite l'incipit del loro appropriatissimo messaggio di benvenuto: "Un'associazione sherlockiana di per sé è una cosa deliziosamente inutile, ma senza non si può vivere."
l'immagine che pubblico è il ritratto "ufficiale" di sherlock holmes eseguito da sidney paget, canonico illustratore delle storie di holmes sullo "strand magazine". l'ho tratta da un libro che custodisco dal lontano 1987 e che mi seguirà senza dubbio in qualunque ennesimo trasloco io decida di intraprendere: Jack Tracy, The Encyclopaedia Sherlockiana – A Universal Dictionary of Sherlock Holmes and His Biographer John H. Watson, M.D., New York 1987. non chiedetemi mai di prestarvelo.
e questi sono anche i giorni in cui, a milano, si possono comprare, scontati del trenta per cento, i libri della sherlockiana – la moritura, hélas, libreria del giallo di milano, della quale la vestale tecla dozio ha annunciato ufficialmente la chiusura. si spera in un coup de théâtre finale, chessò, con un generosissimo mecenate che si incarica di sanare i debiti pregressi e di finanziare i prossimi tre anni di spese. intanto, tutti in via peschiera 1 a comprare gialli.
del mio beniamino sherlock si occupa amorevolmente, in italia, la benemerita associazione uno studio in holmes, qui, con sede a firenze – sentite l'incipit del loro appropriatissimo messaggio di benvenuto: "Un'associazione sherlockiana di per sé è una cosa deliziosamente inutile, ma senza non si può vivere."
l'immagine che pubblico è il ritratto "ufficiale" di sherlock holmes eseguito da sidney paget, canonico illustratore delle storie di holmes sullo "strand magazine". l'ho tratta da un libro che custodisco dal lontano 1987 e che mi seguirà senza dubbio in qualunque ennesimo trasloco io decida di intraprendere: Jack Tracy, The Encyclopaedia Sherlockiana – A Universal Dictionary of Sherlock Holmes and His Biographer John H. Watson, M.D., New York 1987. non chiedetemi mai di prestarvelo.
domenica 4 gennaio 2009
trendsetting 6 - cose da libri in trasferta – taranto, viale liguria, e conclusione delle feste
come si diceva in un post precedente (30 luglio 2008), taranto è una città-must per l’antropologo e per il villeggiante. chi scrive, in quanto emigrante-a-volte-ritornante, partecipa di entrambe le nature, nonché di quell’eccitazione che prende il viaggiatore quando scopre cose nuovissime e il ritornante quando rivede cose piacevolmente note.
e così, in questa città inconsuetamente fredda per il periodo – come lialescamente usava dire mia madre, “a taranto il sole prima o poi arriva sempre”: inconsapevole parafrasi dell’indimenticabile chiusa di un romanzo della grande amalia liana di cui non ricordo il titolo: “coraggio, dietro le nuvole c’è sempre il sole” –, si è visto in una zona quasi centrale, il viale liguria dello shopping e dei buoni panifici, l’autentico carretto dei dolci: ricco, ordinato, immensamente vario e ben illuminato, un vero eden a paragone dei carretti dei tristi castagnari tristi di milano, con il loro corredo di facce livide e di mezzilitri d’acqua di marca sconosciuta venduta più cara della coca-cola.
a taranto gli immigrati sono pochissimi e ottimamente intessuti nella trama cittadina, cinesi compresi. sempre in viale liguria – allietato per tutta la sua lunghezza dai canti natalizi diffusi da altoparlanti collocati a cura del nuovo sindaco ippazio stefàno, un famoso medico definito da un negoziante locale che me ne parlava “il pediatra dei bambini”* – si poteva vedere, all’ingresso di un negozio di vestiti – ben tenuto, allegro e attraente: nulla a che vedere con certi polverosi magazzini odorosi di fibre sintetiche e petrolio –, un vermiglio cartello di benvenuto redigendo il quale l’orientale calligrafo aveva sbagliato solo una divisione sillabica, e solo perché lo spazio era esiguo. il cartello era talmente bello che sono entrata e sono uscita con un sacchetto pieno di merce: potenza delle parole appropriate e ben scritte.
e siccome tutte le cose, incontrovertibilmente, finiscono, verso la fine della shopping avenue della città dei due mari ho incontrato la prova della conclusione delle feste, nonostante si attenda ancora la venuta dell’anziana viaggiatrice sulla scopa: babbo natale giaceva a testa in giù, privo di vita e, per sommo spregio, albergava in cima a un mucchio di rifiuti in un cassonetto cittadino. le attività produttive possono ricominciare.
*bisogna dire che ippazio, per gli amici ezio, non si occupa solo della colonna sonora del natale tarantino: consigliere comunale dal 1982 al 1992, l’attuale sindaco è stato il primo a sollevare il problema dell’inquinamento e dell’aumento della mortalità per tumore polmonare nella città, impegno premiato di recente con l’approvazione della legge regionale antidiossine. e come si potrebbe non amare un sindaco che ha sostenuto un candidato presidente della provincia alle primarie del centrosinistra, che giocando sul suo cognome prometteva una “rivoluzione gentile”?
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