mercoledì 11 febbraio 2009

una modesta felicità negata - rhêmes

è vero, forse la liaison editrice di aosta non è poi così nota. è altrettanto vero che un titolo come Rhêmes o della felicità, ancorché recente, potrebbe non essere tra i più conosciuti. è certo un libriccino, cinquantadue pagine appena, ma è anche vero che ernesto ferrero, alla feltrinelli (non fosse che per I migliori anni della nostra vita, pubblicato nel non lontanissimo 2005), proprio uno sconosciuto non dovrebbe essere. è stato perciò con qualche sconcerto che venerdì scorso, alla feltrinelli di corso buenos aires, dove mi ero recata in compagnia di un’altra adepta di ferrero – nonché appartenente all’accolita dei disheveled, anzi gran ciambellana della stessa –, colte entrambe da un ingenuo entusiasmo al pensiero di leggere il minisequel dei Migliori anni, alla domanda “dove possiamo trovare Rhêmes?” mi sono sentita rispondere dalla signora cui mi ero rivolta, dopo che la stessa aveva vanamente cercato nel database sotto la voce “ferrero”, che nel loro sistema il libro non c’è “perché dev’essere di una casa editrice molto piccola, che si distribuisce da sé”. ora, io posso capire che un volumetto così possa non trovar spazio nel database feltrinelli; però questi ragazzi feltrinelli, ogni sabato, il “tuttolibri” della “stampa” non lo leggono? e come è possibile che una ragazza che lavora in una libreria non abbia mai sentito parlare di ernesto ferrero? cosa fanno, allora, oltre a imparare a disporre le pile delle novità? e, di grazia, a cosa sarebbe interessato uno che decide di andare a lavorare in una libreria, sia pure multiprodotto? per carità, quando si entra in una feltrinelli è tutto un bel vedere: vi si trovano fanciulle in pensoso total black al fianco di ragazzi con elaborate acconciature da arcangelo; energumeni piacevolmente sovrappeso adorni di complicatissimi tatuaggi e abbondante ferraglia rituale conficcata nelle carni (ma il rito del passaggio all’adolescenza questi ultratrentenni dovrebbero averlo compiuto da un pezzo, perciò ci si aspetta che cessino di frequentare il tatuatore per volgersi almeno all’edicola, almeno di sabato, almeno per “la stampa”). è un bel vedere, si diceva, con tutte queste figurine alternative: ma una “stanza del libraio”, come quella che propone lalla pecorini, in ogni libreria di catena, con un signore che sa dove mettere le mani, la vogliamo allestire?

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