sabato 30 gennaio 2010
un giorno perfetto per (i pesci) banana
il libraccio di via solferino/via balzan chiude: l'affitto era troppo alto e così loro sloggiano per fare posto, pare, a un negozio di abbigliamento. la vendetta sarà consumata a primavera, vicino alla fermata di metropolitana romolo: mille metri quadri di libri nella nuova sede. all'interno della libreria, che ha deciso sconti su tutto, dal trenta al settantacinque per cento, tra i lettori convenuti c'è grande aria di festa: gente di tutte le età scruta gli espositori, un ragazzo parla al telefono con qualcuno e dice, della fidanzata che si aggira per la libreria, "dovresti vederla! è contentissima, compra a più non posso, qui ci sono un sacco di chicche, chicche!". l'entusiasmo è alle stelle, massimamente nel cuore di chi scrive, convenuta anch'essa, con l'adolescentina, per cibarsi del nettare e dell'ambrosia che stillano dagli scaffali. e allora ecco il risultato dell'incursione:
per chi scrive
- M. Beard, J. Henderson, I classici. Il mondo antico e noi, Laterza
- T. Engelhardt, Gli ultimi giorni dell'editoria, Sylvestre Bonnard
- Per Giorgio Manganelli, quaderno dell'Università degli Studi di Pavia, Centro di ricerca sulla tradizione manoscritta di autori moderni e contemporanei, Corrado e Luigi Guardamagna Editori (da leccarsi i mustacchi)
per l'adolescentina, da lei medesima scelti
- Jane Austen, L'abbazia di Northanger, Theoria
- Stephanie Barron, Jane e il segreto del medaglione, Tea
- Cecily von Ziegesar, Bad Girls - Mi ami, vero?, Sonzogno
- Kate Wilhelm, La casa che uccide, Mondadori
totale = 37,88 euro
e guardate quanta soddisfazione si legge sul volto del signore che compare nella prima foto, con quel mucchio di libri tra le braccia, il quale, non pago, di lì a poco ne comprerà altri tre.
ma la giornata perfetta non era finita: uscite dal libraccio ed entrate da ted one, il bar vicino al "corriere della sera", il mio amico pasquale, barista intellettuale, mi ha invitata nell'angolo del locale dedicato al bookcrossing e mi ha fatto dono di un libro di donna tartt tradotto in francese, contributo di una signora d'oltralpe che oltralpe stava tornando e stava disperdendo il proprio patrimonio un po' qui un po' là: Le maître des illusions.
mentre, lasciata l'adolescentina alle sue cose da adolescente, passeggiavo sulla via di casa pregustando tutti i miei tesori, mi sono chiesta cosa mancasse alla perfetta felicità. se solo i miei capelli non fossero così sensibili all'umidità e mantenessero quella forma perfetta che è prerogativa di molte perfette signore, mi sono detta. ma poi mi sono ricordata che stasera, sulla 7, c'è un'altra puntata dell'Ispettore Barnaby.
mercoledì 27 gennaio 2010
domenica 24 gennaio 2010
animalismi
diminutivi
martedì 19 gennaio 2010
lo sposo cinese
oggi pomeriggio, in piazza duomo, una coppia di sposi pop, con decise venature rock, si faceva fotografare con i pop piccioni. no, dico, ma guardate lo sposo, è o non è un divo della canzone, con quella montatura molto elton e in total white, stan smith ai piedi comprese? per giove, questi sì che sanno sposarsi.
domenica 17 gennaio 2010
passaparola?
eli, eli_sterminio del senso
è una signora vestita bene, con i capelli ordinatamente acconciati. sale sul tram numero due, alle sette di sera di venerdì scorso, all’ultima fermata di via manzoni. comincia immediatamente a inveire con voce limpida e vigorosa, alta di tono. mentre parla misura il tram da un capo all’altro e si avvicina pericolosamente all’uno o all’altro dei passeggeri, che in maggioranza evitano di guardarla. ecco cosa dice.
“lo so … questo è uno spettacolo per la gente… di quello che mi ha messo in questa situazione… e di tutti i figli di puttana… menzogneri, ipocriti… siete assassini come quelli di manfredonia contro padre pio… assassini! assassini… guarda… uno che sta ben comodo sul suo sedile e passa addirittura inosservato… addirittura quasi inosservato, passa, e poi… quello che mi sento di fottere è che si scandalizzano pure di quello che dico. però, si alzano la mattina, hanno una vita e di quello che hanno sterminato non gliene può fregare di meno. non c’è nessuno, non c’è nessuno. assassini, iniqui, menzogneri, quante volte mi sono fatta remora di non parlare, quante volte… ma loro non si sono mai fatti scrupoli… dove vado? che cosa faccio io della mia vita? io dovevo arrivare a quarant’anni… e non c’è nessuno… toglimi la vita, dio, toglimela… sono in un casino che è senza fine… [rivolta a un'imperturbabile signora filippina] ma chi sei tu, chi ti credi di essere? avrebbero dovuto mandarvi tutti a casa, a casa! non si può, dio, non si può… [scende gli scalini del tram in preda a un pianto convulso. la fermata è montesanto galilei].
venerdì 15 gennaio 2010
soooooo Vomantic_replay
orientalismi
centosessant'anni fa, eravamo a metà del 1800, quel mattacchione di gustave flaubert, pure lui grande appassionato di cose pop, riportava nel suo Sottisier la seguente pubblicità:
"Il quartiere della Boule rouge che era un tempo un immenso giardino, ha adesso fatto sbocciare delle strade, lasciandovi però uno strato dei Fiori più deliziosi, affidato alle cure della bella giardiniera Madame Saint-Alphonse.
In questo paniere si troveranno le Rose più fresche e più incantevoli, come pure la Frutta più appetitosa, e infine una scelta così ampia che sarebbe impossibile trovarla altrove. Una bella sorgente di acqua fresca che ha anche tutte le proprietà delle acque termali più reputate contribuisce non poco ad accrescere la folla dei visitatori e a ogni ora del giorno e della notte è possibile trovarvi bagni caldi e freddi.
Questo Paradiso si trova in rue Neuve Trévise, 3."
Gustave Flaubert, Sciocchezzaio - Dizionario dei luoghi comuni - Catalogo delle idee chic, Rizzoli, Milano 1992.
i corsivi sono di gustave.
martedì 12 gennaio 2010
lettori e scrittori sul tram numero due (e l'immigrato vladimir)
giorgio scerbanenco, che nasce vladimir di primo nome, da padre ucraino trucidato in russia durante la rivoluzione e madre romana, è proprio l’immigrato che ogni nazione progredita vorrebbe accogliere: impossibilitato a completare le scuole (manco le elementari, finisce), studia come un pazzo, scrive, passa da un lavoro all’altro per poi fermarsi a quello editoriale. qualche considerazione, dalla sua stessa voce:
“Sono nato in Russia. Mio padre era russo, mia madre romana. A sei mesi di età mia madre mi riportò qui in Italia e qui crebbi, e la mia lingua madre fu l’italiano, e non ho poi più saputo altre lingue. Verso i diciotto anni diventai straniero, qui a Milano. Fino ad allora ero vissuto a Roma, in mezzo alle mie cugine, parlavo romanesco come loro, loro lo sentivano che io ero italiano, mia madre era la loro zia, dicevamo le stesse parolacce. […] Mio padre lo avevano fucilato in Russia i comunisti, ma dal modo come ne sentivo parlare dalla mamma […] sembrava un italiano anche lui. Più tardi ho imparato che gli ucraini, e mio padre era ucraino, sono i latini di Russia […]
D’improvviso, appena arrivato a Milano […], divenni straniero. Fuori dalla mia famiglia, in una città dove nessuno mi conosceva, rimaneva soltanto il mio nome, che era Vladimir Scerbanenko. Lei è russo? Rimanevo incerto. Cominciavo a spiegare ansioso: sono nato in Russia, ma ci sono stato solo fino a sei mesi di età, mia madre era italiana. […] Più tardi trovai anche un tipo di sinistra che mi chiese duro se mi vergognavo ad essere russo, visto che insistevo tanto a spiegare che ero italiano. Gli avrei messo la testa in un cassetto e poi chiuso con forza, perché questo capiva ancora meno degli altri. […]”
poi vladimir/giorgio trova un’occupazione presso la croce rossa:
“Nella caserma della Croce Rossa […] passavo le giornate leggendo e scrivendo, fra un servizio e l’altro. Di giorno non c’era quasi niente da fare […] Ma di notte la città cominciava a smaniare. […] Un’altra notte andammo a prendere un ubriaco alla guardia medica […] fu un’impresa metterlo in barella e caricarlo sull’autoambulanza: non ho mai visto niente di più vivo, di più sfrenato di quell’ubriaco. Diverse volte, poi, ho tentato di mettere nelle mie novelle qualcuno di questi avventurosi episodi, ma venivano ‘falsi’. Nelle novelle la verità sembrava una stonatura. […]”
poi zavattini, da rizzoli, gli accetta una novella e giorgio va all’incontro indossando una camicia ma non una cravatta:
“Così vestito facevo molto futuro scrittore, sembravano tutti convinti che io avessi grandi possibilità, e dopo qualche tempo fui assunto in redazione. Ero in un giornale, gli inizi erano finiti. […] Ero arrivato fin lì dopo troppa, troppa miseria. […] La miseria avvilisce, per lo meno a me rimpiccolisce, e chi scrive, invece, non deve aver timori, e deve vedere in grande”.
e a guerra finita, al ritorno dalla svizzera:
“Arrivai a Milano senza un soldo e che sparacchiavano ancora […] Ma questa volta avevo molti amici a Milano, Milano mi era già amica […] Avevo già passato i trent’anni e avrei dovuto imparare qualche cosa da quello che mi era successo. Ma solo più tardi imparai che non s’impara quasi mai niente. Noi rimaniamo sempre gli stessi. Le esperienze della vita […] ci impolverano un poco […], ma basta soffiare su quel po’ di polvere perché noi ritorniamo tali e quali eravamo prima di ogni insegnamento. Così continuai a commettere gli stessi errori. Per fortuna, lavorando quattordici, sedici ore al giorno, scrivendo quattro, cinque romanzi e centinaia di racconti all’anno, avevo poco tempo per commettere errori. Ma ne commettevo sempre.”
da Giorgio Scerbanenco, Io, Vladimir Scerbanenko, appendice a Venere privata, Garzanti, Milano 1990.
è un brano lungo, e forse l’ho riprodotto illegalmente. ma ne valeva la pena.
lunedì 11 gennaio 2010
musthave 5_il sogno di una vita
christmas in wales 2_hen wlad fy nhadau
ah, la sensazione di un’eccellente worthington in corpo, la mattina di natale, gustata al salty pub, al molo di mumbles, wales.
come si diceva (vedi post del 5 gennaio), dei nostri ospiti lin e mary, lui è gallese e lei è inglese, perciò gli accordi sono che il pranzo di natale comincerà dopo le tre, DOPO il discorso della regina, ci dice mary, “after the christmas broadcast”. alle tre in punto, sulla bbc, elizabeth II, in uno splendente abito turchese, tiene il suo discorso: sul divano ci sono mary, la sua amica liz, anna, la cameriera slovacca (una donna meravigliosa: sessantenne, è andata in galles dalla slovacchia cinque anni fa, stufa di un marito idiota e desiderosa di cambiare vita. impeccabile nelle sue funzioni professionali, dopo sessanta mesi non ha ancora imparato l’inglese) e la sottoscritta. john, il marito di liz (inglese) è gallese. “he respects the queen”, mi riferisce liz, ma preferisce non assistere al discorso. dopo che la regina ci ha augurato, ovunque noi siamo, un felicissimo natale, ci ritroviamo tutti intorno a una tavola rossa, verde e oro. mary ha preparato regali per tutti: sono sui piatti, insieme con i christmas crackers, tubi di cartone contenenti corone di carta velina, piccoli giocattoli e barzellette stupide che a coppie si tirano per le estremità: quello che si aggiudica la metà più lunga si tiene il contenuto. presto ciascuno dei commensali ha la sua propria corona, che indosserà per tutta la durata del pranzo.
john ha preparato le mille verdure che accompagnano il tacchino e la salsa di mirtilli, fatti da mary; liz ha prodotto il christmas pudding più buono che ci sia, da accompagnare con lo zucchero o con una crema fresca al drambuie. e adesso vi svelo il segreto del christmas pud avanzato, così come me l’ha comunicato lizzie: si prende il pudding, lo si taglia a fette e si adagiano le stesse su un letto di burro riscaldato.
in sottofondo, mentre mangiamo, un coro gallese di voci maschili canta carole di natale e anche, a un certo punto, l’inno nazionale. giunti a quest’ultimo, john si alza e comincia a cantare, emozionatissimo; la sua pelle rosea, sensibilissima, diviene di un bel rosso bargiglio, complice, non v’ha dubbio, anche una buona dose di sparkling wine.
passato il momento topico, mentre sorseggiamo l’amaretto di saronno servito in nostro onore, john mi racconta che negli anni trenta molti italiani emigrarono nel galles meridionale per lavorare nelle miniere, alcuni dedicandosi anche a lavori diversi, come il signor cascarini, antenato dell’attuale proprietario della catena “joe’s ice cream” (“everything else is just ice cream”, recita la loro pubblicità), che diffondeva i propri gelati trasportandoli su un carretto trainato da un cavallo. Il padre di john, al tempo, era disoccupato, e mr. cascarini, giunto davanti alla loro porta, immancabilmente regalava un cono al biondo e riccioluto john.
intanto altri nostri commensali parlano di dylan thomas, discutono progetti editoriali e musicali riferiti al bardo gallese, si comunicano le rispettive preferenze. mentre, in cucina, ci salutiamo, john mi confessa a bassa voce “i don’t like dylan thomas, i think he was just a drunkard”. così termina la nostra riunione, che aveva visto la presenza in pectore del più grande poeta nazionale. e questo è stato il mio natale a mumbles, wales.
martedì 5 gennaio 2010
io come greg
christmas in wales 1_feat. dj thomas
annie haden, adepta di thomas e attuale proprietaria dell'edificio edoardiano, l'ha comprata e restaurata; le stanze si possono anche affittare per dormirci. annie prepara personalmente un superbo ginger ale, che ci serve nel salotto di dylan prima di offrirci tè e biscotti al burro. mentre restaurava la casa annie ha disseminato qua e là, nei punti più impensati, versi e citazioni da thomas, che spetta agli ospiti della casa individuare. nel corso della nostra conversazione dipinge il padre del sommo poeta, david john, come un uomo rigido ed egoista. sentirlo citare più volte come d.j. thomas produce sulle mie orecchie fuorviate un effetto assai singolare: il mio pensiero corre, che dio mi perdoni, a francesco facchinetti o a dj angelo.
e insomma annie ci racconta che il poeta non è troppo considerato nella sua città natale, dove molti lo ricordano più per le sue intemperanze alcoliche che per i suoi versi. mentre la visita volge al termine le cose si fanno decisamente serie: archiviato il tè, annie riempie i nostri bicchieri di una robusta dose di whisky mac, vale a dire ginger ale con aggiunta di molto, molto whisky: delizioso, aromatico, inebriante. ci congediamo, non prima di aver ascoltato l'inno gallese su un vecchio grammofono, ciò che conferisce alla nostra uscita un che di trionfale.
con tutto quel whisky mac in corpo siamo molto più che allegri, così ci rechiamo – prudentemente a piedi – nel centro di swansea, per un po' di christmas flavor. sulla via di casa rinfocoliamo l'ebbrezza prenatalizia con una sosta al white rose, pub dove dobbiamo fendere una folla di teste ornate di corna di renna e cappelli natalizi di varia foggia per degustare un'eccellente birra di cardiff, sponsor della nazionale di rugby e dotata dell'affascinante titolo "brains"– molto opportuno, data la natura culturale della nostra missione nel galles del sud. e questa è stata la mia christmas eve a mumbles, wales.
affinità_sherlock house
per non parlare di quel gran pezzo d'uomo di robert downey jr.
lunedì 4 gennaio 2010
se milano avesse il mare_ let it snow
stamani, a milano, pareva che la marea si fosse appena ritirata lasciando sull'asfalto una patina salmastra. era il sale preventivo di letizia, che tuttavia, almeno fino a ora, preventivo è rimasto, poiché di neve, salvo qualche fiocchetto ornamentale e nonposantesi, non se ne è vista affatto. così stamani il tram numero due, che prendevo per il primo appuntamento di lavoro dopo il santo natale, pareva un bastimento con le ruote, sfolgorante di giallo su un grigio mare invernale. un bastimento praticamente deserto, se si escludono due signore filippine il cui dialogo mi dava la sensazione di trovarmi in una voliera, un centenario gentiluomo con bastone e un bel ragazzotto con borsa professionale piquadro (però dalla borsa non ha cacciato neanche un libro e ha trafficato col telefonino per tutto il tempo, il giovinastro). a riscattare l'atmosfera totalmente antintellettuale è salita una famigliola di giapponesi. i genitori consultano attentamente una mappa di milano e riconoscono via fabio fiRzi; il figlio porta la permanente e tiene un fumetto nella tasca posteriore dei multitasche billabong che ricoprono il nipponico deretano: si auspica che tra una foto e l'altra lo leggerà. il pesce è un paleomanga di utagawa hiroshige. buon anno.