giovedì 22 aprile 2010
second breakfast
"second breakfast" è un'espressione che ho imparato al tempo in cui insegnavo italiano agli stranieri alla british school della mia città d'origine (quella dei due mari). la dirigeva suzanne marchington, una signora canadese vagamente somigliante a camilla parker bowles da giovane, altissima, titolare, nel vestire, di un'anglosassone eleganza (da brividi, indeed, con questi foularini corti attaccati al collo). sposata con un italiano lazzarone di dieci anni più giovane, rozzo ma prestante, e che per diritto nuziale, pur non sapendo mettere insieme una frase in nessuna lingua conosciuta (compresa la sua madre) si faceva chiamare "direttore" – la sua disperazione: non faceva che tradirla –, arrivava la mattina intorno alle dieci, ora in cui proponeva agli astanti, per l'appunto, un second breakfast. quando non era di cattivo umore per le malefatte del lazzarone, suzanne mi faceva molto ridere raccontandomi di sua nonna, una signora molto eccentrica che, non avendo pazienza di cucire e detestando le camicette sotto le maglie, aveva una serie di finte camicie consistenti nei soli colli che attaccava ai vari maglioni servendosi di spilli. a questo pensavo poc'anzi, mentre mi sollazzavo con uno dei miei rari second breakfasts domestici. in casa editrice, ieri, mi hanno consigliato di vivere oggi, ché da domani, ahimé, la mia vita editoriale sarà troppo intensa per prevedere amene colazioni e flâneries.
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