La copertina della prima edizione di Jane Eyre |
Propongo di seguito, per festeggiare il genetliaco della figlia dell'ecclesiastico sparatore, un brano da Jane Eyre (Smith, Elder and Co., London 1847), da cui si evince che i libri possono anche fare molto molto male.
John non voleva molto bene né alla madre né alle sorelle.
Io poi gli ero antipatica; mi maltrattava e mi puniva, non due o tre volte la settimana, non due o tre volte al giorno, ma sempre; ognuno dei miei nervi aveva paura di lui, ogni brano della mia carne e delle mie ossa fremeva allorché egli si accostava a me.
Vi erano momenti in cui divenivo selvaggia per il terrore che mi ispirava, perché non sapevo a chi ricorrere contro le sue minaccie e le sue punizioni. I servi non avrebbero voluto prendere le mie difese per non offendere il loro giovine padrone, e la signora Reed su quell’argomento era cieca e sorda, ella fingeva di non accorgersi quando mi picchiava o m’insultava, benché egli ciò facesse spesso in presenza di lei, ma più spesso quando non c’era.
Essendo assuefatta ad ubbidire a John, mi accostai alla seggiola sua. Egli stette tre minuti a mostrarmi la lingua, allungandola quanto più poteva, sapevo che stava per picchiarmi e spiavo sulla sua brutta faccia il momento in cui la collera gli avrebbe fatto allungare la mano.
Credo che s’accorgesse del mio pensiero, perché a un tratto si alzò senza dir parola, e mi colpì duramente.
Barcollai e poi rimettendomi in equilibrio, mi allontanai di un passo o due dalla sua sedia.
— Questo è per l’impudenza con cui avete risposto alla mamma, — mi disse, — e per esservi nascosta dietro la tenda e per lo sguardo che avevate negli occhi poco fa, talpa!
— Assuefatta com’ero agli insulti di John, non mi venne neppur l’idea di rispondergli; ponevo ogni cura invece nel sopportare coraggiosamente il colpo, che avrebbe tenuto dietro all’insulto.
— Che cosa facevate dietro la tenda? — mi domandò.
— Leggevo.
— Fatemi vedere il libro.
— Mi diressi verso la finestra per prenderlo.
— Non c’è bisogno che prendiate i nostri libri; dipendete da noi, dice la mamma; non avete quattrini, vostro padre non vi lasciò nulla; dovreste andare ad accattare invece di star qui con noi, che siamo figli di signori, di mangiare i medesimi cibi che mangiamo e di esser vestita alle spese della mamma. Ora v’insegnerò a frugar nella mia biblioteca, perché questi libri sono miei, tutto mi appartiene in casa, o mi apparterrà fra pochi anni. Andate vicino alla porta, lontano dallo specchio e dalla finestra.
Ubbidii senza sapere che intenzione avesse; ma quando vidi che alzava il libro e far atto di gettarmelo contro, mi tirai istintivamente da parte, mandando un grido d’allarme. Non fui però abbastanza pronta; il volume volò per aria e mi colpì nella testa; io caddi e battendo nello spigolo della porta mi ferii.
La ferita sanguinava ed io provai un gran dolore: ma il terrore era svanito per dar luogo ad altri sentimenti.
— Perfido e crudele ragazzo! — dissi, — siete simile a un assassino, a un guardiano di schiavi, a un imperatore romano!
Avevo appunto letto la storia di Roma di Goldsmith e mi ero fatta un concetto di Nerone, di Caligola, che non credevo di dover esporre mai a voce alta.
— Come! Come! — esclamò. — Dice a me forse? L’avete sentita, Eliza, Georgiana? Vado a dirlo a mamma, ma prima...
Egli si slanciò contro di me, e mi sentii afferrare per i capelli e per le spalle con disperato furore. Io vedevo realmente in lui un assassino, un tiranno. Sentii scendermi dalla testa e cadere sul collo una o due gocce di sangue e provai un’acuta sofferenza; queste sensazioni per un momento dominarono la paura e mi resero furente.
Non so dire quello che io facessi con le mani, ma John mi chiamava: “Talpa!
Talpa!” e continuava a insultarmi. Egli fu subito soccorso.
Eliza e Georgiana erano corse a chiamar la mamma, che era salita al piano superiore. La signora Reed entrò durante quella scena, seguita da Bessie e da Abbot, la cameriera. Ci separarono ed io sentii dire:
— Dio mio, che orrore! Percuotere il signorino John!
— Avete mai visto una rabbiosa come questa?
Allora la signora Reed soggiunse:
— Portatela nella camera rossa e chiudetevela dentro.
Quattro mani mi afferrarono e io fui trascinata su per le scale.
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