Maurycy Gottlieb, Ebrei ashkenaziti in preghiera in occasione dello Yom Kippur, 1878. Tel Aviv, Museum of Art |
Oggi mi scrive
rabbi Zalman Shmotkin ed esordisce così: “Dipende tutto da te”. Mi dice che
tutto, nel venturo Yom Kippur (la ricorrenza ebraica dell’espiazione, che
comincerà venerdì notte), indica proprio me. Mi narra che un tempo, in
occasione di questa festa, i sacerdoti si recavano al tempio per chiedere a Dio
la redenzione per il mondo intero. Al giorno d’oggi una persona purchessia,
girando la pagina del proprio libro personale, attraverso il compimento di una
azione degna, o mediante il pronunciamento di un buon proposito, può cambiare
per sempre il corso del mondo.
Perciò, continua
rabbi Shmotkin, in questo Yom Kippur le chiavi del futuro del mondo sono mie:
mio è il potere di far pendere l’ago della bilancia a favore dell’umanità. La
mia buona azione, il mio pentimento, il grido originario che si leverà dalle
profondità della mia anima attraverserà i Cancelli del Cielo e solleciterà la
risposta di Dio.
Questa visione è
figlia di quella di rabbi Menachem M. Schneerson, il fondatore del movimento
Chabad, convinto che un’innata bontà risieda nell’animo di ogni essere, che
nessuno sia insignificante o indegno di attenzione.
In
giorni particolarmente densi, pieni di questioni da dipanare, congestionati al
punto da non lasciare tempo per qualunque attività che non sia un lavoro matto
e disperatissimo, ricordare di essere responsabili in prima persona della
propria vita aggiunge allo stesso tempo peso e leggerezza.
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