"Così il dottor Johnson propose di definire la parola 'avena': 'Un cereale che normalmente in Inghilterra viene dato ai cavalli, ma in Scozia serve a nutrire gli uomini'. E io risposi: "Certo, ed è per questo che l'inghilterra ha cavalli eccellenti, e la Scozia uomini eccellenti".
James Boswell, The Life of Samuel Johnson, LL.D., 1791
Ricorre oggi il compleanno dello scozzese Jamie Boswell, che compirebbe 271 anni. Incontrò il dottor Johnson ("Dictionary Johnson") all'età di ventitré anni, nel retrobottega della libreria di Tom Davies, al numero di di Russell Street, a Covent Garden. Da allora rimase costantemente al suo fianco, prendendo appunti per la sua insuperata biografia monstre del bizzarro intellettuale. Si deve a lui la nostra conoscenza ravvicinata (tic, irascibilità, amenità ed effluvi di varia natura compresi) dell'uomo che ci ha consegnato l'imperituro Dictionary of the English Language.
The Life of Samuel Johnson non può assolutamente mancare sui nostri comodini: si gusta in pillole o in lunghe sedute, come si crede e come suggerisce l'estro. Enjoy.
sabato 29 ottobre 2011
venerdì 28 ottobre 2011
gerarchia celeste
Gli uomini non possono vivere insieme in condizione di uguaglianza; è pertanto necessario che alcuni comandino e altri obbediscano […]. Ma ognuno degli ordini della società è a sua volta suddiviso in ordini subalterni, sull’esempio della gerarchia celeste”.
Charles Loyseau (1566-1627), Traité des ordres et simples dignités
tartarughe shakespeariane
Duca Orsino mentre tenta la fuga dalla sua sede provvisoria |
adolescentina: mi piace l'idea di averla in casa.
chi scrive: come la chiamiamo?
adolescentina: duca orsino.
da quando ha letto La dodicesima notte non è più la stessa.
parole trite
la parola trita del giorno, ormai da molti giorni, è "indignato". qualunque manifestazione, protesta, espressione antigovernativa viene sistemata, da parte di giornalisti reali e virtuali, sotto l'ombrello dell'indignazione globale. così si indignano tutti: precari, licenziati cinquantenni, adolescenti molto desiderosi di lanciare estintori o di procurarsi qualche device elettronico attraversando comodamente una vetrina che è stato facile spaccare, mario draghi (pierluigi bersani meno), il sindaco e l'assessore alla cultura di milano. si indignano pure in inghilterra, dove, davanti alla saint paul's cathedral, nel quadro di occupy london, il non adolescente ashley bignall ha eretto una tendopoli-biblioteca e dichiara molte cose sensate sull'importanza dei libri. si occupa pure westminster, sulle cui vetuste mura qualche aspirante libertario ha attaccato un cartello con la seguente dicitura: "Tahrir Square EC4M - City of Westminster". ora, vorrei ricordare a questi signori cui si consente di lordare monumenti risalenti al 1245 (e che se io fossi nella polizia di londra farei tornare a casa a furia di calci nel sedere) che in quella glorificata piazza è più verosimile che i libri vengano bruciati, pertanto direi che sarebbe meglio farsi ispirare da più nobili modelli, magari il canone occidentale.
bookfast (writers for breakfast)_alemán
CLICK ON THE PIC |
[…] Mi accorsi allora quanta differenza passa fra l’affamato e il sazio. Mangiando, tutti gli affanni passano in seconda linea; dove manca il pane, non c’è bene che s’affacci né male che non sia di troppo, non c’è piacere che duri né soddisfazione che regga; tutti litigano senza sapere perché, nessuno ha colpa e ciascuno l’attribuisce all’altro, tutti fanno piani chimerici e tutto è allora anarchia e sofisma… Era un anno di carestia a causa della siccità e Siviglia, che anche nelle annate felici se la passava male, in quell’epoca stentava penosamente.
se per caso passaste da parigi (o quivi risiedeste)
non perdete i quindici anni di Paris Photo in mostra al Grand Palais (e osservate il copricapo di quest'uomo).
on transfiguration, tim rollins & k.os.
Questo tronco con gli occhi, collocato sul pavimento di una delle sale della mostra, è Pinocchio |
tim ha fatto decisamente un buon lavoro. lui e la sua banda di giovani mascalzoni del bronx hanno allestito alla gamec di bergamo "on transfiguration", una mostra – curata dall'ottimo alessandro rabottini – che è l'esito di un percorso educativo ispirato alla letteratura messo in atto molti anni fa da rollins in una scuolaccia popolata di energumeni (alcuni di questi energumeni erano con rollins all'inaugurazione, enormi, orgogliosi e felici). copio e incollo dal comunicato stampa della galleria, non potrei aggiungere di più: "L’esposizione, realizzata in collaborazione con il Museum für Gegenwartskunst di Basilea – dove si sposterà a partire dal 21 gennaio 2012 – ospiterà una selezione di opere che coprono un ampio spettro di ricerca condotta da Tim Rollins (Pittsfield, ME, Stati Uniti, 1955), dal 1982 ad oggi, sull’arte come forma di collaborazione e sulla creatività individuale come agente di cambiamento sociale. ...
Qui e sotto: Tim Rollins & K.O.S., Giordano Bruno, De maximo et immenso |
Quando nel 1982, a Tim Rollins viene proposto un periodo di insegnamento alla Public School 52 del South Bronx di New York, frequentata da ragazzi provenienti da contesti problematici e pertanto considerati soggetti a rischio, l’artista affronta l’incarico introducendo un metodo di insegnamento basato sullo sviluppo delle capacità individuali attraverso la lettura e il disegno. Per Rollins, infatti, l’emancipazione sociale e la liberazione del potenziale creativo insito in ciascuno di noi passano necessariamente attraverso una forma di auto-consapevolezza resa possibile dall’accesso alla cultura.
A partire da quel momento, autori classici e moderni della letteratura, della filosofia e della teoria politica diventano la materia prima di Tim Rollins e del suo gruppo di lavoro che sceglie come nome K.O.S. (Kids of Survival), ovvero “i ragazzini della sopravvivenza”.
Scritti di Eschilo, Martin Luther King, Aristofane, Lewis Carroll, Dante, Gustave Flaubert, Franz Kafka, Omero, William Shakespeare, Malcom X e Carlo Collodi solo per citarne alcuni, vengono letti e discussi dall’artista e dal gruppo al fine di inventare, a partire da quelle pagine, un’iconografia trasposta successivamente su grandi tele.
Qui e sotto: Tim Rollins & K.O.S., Macbeth |
Tim Rollins e i K.O.S. – attraverso il workshop “Art and Knowledge” istituito in seguito come struttura di formazione permanente – hanno realizzato una serie di opere che mettono in discussione il concetto di arte intesa come processo individuale e coniugano tra loro esperienze diverse. Il loro lavoro, infatti, riesce a unire erudizione e spontaneità, e a mettere insieme molteplici referenti storici: la delega dell’esecuzione e l’utilizzo della parola scritta come materiale artistico tipici dell’Arte Concettuale, la connotazione politica data ai materiali della quotidianità che troviamo nell’Arte Povera italiana, il concetto di estetica come dimensione del cambiamento sociale teorizzato da William Morris.
Trent’anni dopo la formazione del gruppo, Tim Rollins continua a lavorare con i K.O.S. anche se molti dei singoli membri sono cambiati nel tempo, lasciando spazio a ragazzi più giovani.
Il titolo dell’esposizione alla GAMeC di Bergamo "On Transfiguration" chiarisce il legame che esiste tra le opere in mostra, ovvero il fatto di tematizzare in modi differenti il concetto di trasformazione. È questo il filo rosso che unisce tutta l’esperienza creativa del gruppo e lega tanto la scelta dei testi da studiare quanto i risultati visivi dei singoli lavori.
Pinocchio è un esempio di questo metodo: nel suo essere “potenzialmente” un bambino nascosto in un tronco di legno, la figura di Pinocchio rappresenta la metafora del processo pedagogico, e allo stesso tempo, la storia di un personaggio fantastico che descrive il passaggio da uno stato all’altro dell’identità, un’immagine estrema di cambiamento che racchiude la principale caratteristica dell’eroe epico: il pieno conseguimento di sé attraverso una serie di prove formative.
Nel lavoro di Tim Rollins e K.O.S. il concetto di ‘trasfigurazione’ è sia di natura concettuale e simbolica – relativo all’identità individuale – sia più strettamente inerente ai materiali e ai processi impiegati in pittura, che talvolta diventano momenti performativi. In molte delle opere esposte la metamorfosi è rappresentata dall’utilizzo di inchiostri sintetizzati a partire dall'uso di metalli, whisky, succo di mela, china e mostarda, e ancora sangue animale impiegato come pigmento."
giovedì 27 ottobre 2011
le bisbetiche non domate (niente a che fare con liz taylor)
le case editrici possono essere luoghi molto tristi. non esiste una vera differenza di clima tra specializzazione e specializzazione: capita di avvertire tristezza e ansia in una casa editrice d’arte, ma anche in una di narrativa e varia. due ambiti in cui il contenuto dovrebbe diversamente deliziare, presieduti invece in larga parte da individui di cultura mediocre che privilegiano l’aspetto tecnico e cronologico della produzione (è anche vero che, poveracci, in un certo qual senso vi sono obbligati: tuttavia esiste una grazia che si può profondere anche nell’esercizio della funzione più mediocre), funzionali all’editore poiché di fatto trainano il carrozzone al costo ridottissimo di uno stipendio ridicolo. non funzionali, però, né alla qualità dei libri né all’armonia dei rapporti. trattasi sovente di gente priva di qualsivoglia senso dell’umorismo, che crede fermamente nel dramma e in un costante pathos. duole dirlo, l’amplissima maggioranza è costituita da signore. donne che confermano, in quel particolare ruolo di “coordinamento” delle attività editoriali (nell’ambito del quale non possono decidere nulla) il loro supposto destino biologico di cura. come custodi zelanti dell’ordine domestico controllano tempi, consegna di materiali, fissano date di scadenza, presiedono la dispensa per vedere quel che c’è e quel che manca. sono le badanti degli autori, degli editor e dei maschi che le circondano, che si guardano bene dal ricondurre alle proprie responsabilità: fanno loro, fanno tutto. il risultato è un clima irrespirabile, un puzzo di sante martiri o bisbetiche, a seconda della conformazione delle varie personalità. tutto ciò è uno spreco immenso: è l’incredibile paradosso di avere a che fare, tutti i giorni, con testi (di alto o basso valore), immagini (di diversa bellezza), questioni di struttura e di fattura dei volumi da affrontare, autori (molti con molto da insegnare) e non imparare nulla.
giovedì 20 ottobre 2011
come martin
Milano, piazza Duomo: neopunk |
mercoledì 19 ottobre 2011
il rosa e il nero
questa mattina, sul tram numero trentatré, leggevano solo le signore. la passeggera con caschetto ramato in alto a sinistra legge, di Patrick Fogli, Lentamente prima di morire: deve avere, in questo romanzo, una qualche importanza il gatto, se una lettrice così commenta su ibs.it: “Ho comprato il libro di Fogli una domenica sera che non avevo nulla da leggere, tranne solo il mio manuale di storia delle superiori ed ero disperata. Non è un capolavoro, diciamocelo, e definirlo un noir, come fa Lucarelli, mi sembra addirittura esagerato, ma tutto sommato mi ha divertito, anche se è inverosimili e stereotipato, ma forse proprio per quello. Avrei solo una domanda: ma il gatto, che fine ha fatto?”.
la disinvolta signora con la giacca bianca legge Il signore delle anime di Irène Némirovsky; la signora in total jeans è immersa nel Gusto della vendetta, scritto da Amanda McCabe e collocato nella collana I grandi romanzi di Harmony. Eppure le spicce sneakers Fila bianche e turchesi non parlerebbero di una signora interessata a un romanzo così riassunto sul sito della casa editrice: “Caraibi, 1532. Il capitano della leggendaria Calypso sbarca a Santo Domingo e per uno strano scherzo del destino entra nell'unica taverna dell'isola che dovrebbe evitare. Bianca Simonetti, la padrona del locale, aspetta infatti da molti anni l'occasione per vendicarsi di lui, ma Baldassarre Graziano è cambiato, ora è un uomo ricchissimo e stimato e la giovane donna, come tutti, ne resta subito conquistata. Risoluta però a non soccombere al suo fascino e a ottenere giustizia, si imbarca di nascosto sulla Calypso, senza sospettare che quell'avventata decisione innescherà una serie di complicati eventi, costringendola a mettere in gioco se stessa e a scegliere tra passato e futuro.”
martedì 18 ottobre 2011
le parole sono importanti
mi ha fatto molto ridere questa parte dell'articolo che massimiliano parente dedica sul "Foglio" alla manifestazione degli indignados di sabato scorso: "Il povero David Parenzo, in collegamento dalla piazza ancora rovente per In Onda su La7, dai leader raccolti intorno al suo microfono non riusciva a cavargli un costrutto che fosse uno, due parole messe in croce, tre neuroni in grado di sostenere una spiegazione del loro essere indignati. Stessa fatica per Bianca Berlinguer, sempre in collegamento con i giovani indignati al Tg3 Linea notte, che non riusciva a farsi dare una frase di senso compiuto da questi avanguardisti. ... Certo, troppo comodo fare gli stronzi, come stiamo facendo, con dei ragazzi precari che non hanno potuto coltivare la consecutio temporum a causa dei tagli imposti alla scuola pubblica dalla Mariastella Gelmini. Troppo comodo, forse, fare dei paragoni storici perché, insomma, se non hanno la caratura degli Adriano Sofri e dei Tino Vittorio, se non si sono esercitati nella traduzione dall’italiano in latino dei “Pensieri” di Mao nelle aule di Ettore Paratore, se non hanno alle spalle “Gioia e Rivoluzione” degli Area ma sono soltanto pecorelle della farneticazione global, amplificata tanto da Internet quanto dagli incappucciati, indignados assai impazienti, ecco: non solo fa impressione vedere quanto siano ignoranti, ma non sono neppure antagonisti. ... E vederli, come si vedono, con quel puzzolentissimo libretto di Stéphane Hessel, Indignatevi, li condanna definitivamente alla pochezza del gregge, tutto un belare in sottovuoto marketing. E sono ignoranti a un livello tale che se lo meritano di essere precari, altrimenti sarebbero come i loro coetanei d’India, di Cina e di Corea che spadroneggiano nella tecnica e nelle invenzioni e non certo in Scienze della comunicazione." il sottolineato è di chi scrive.
la cultura fa sempre fico_4 (collaborazioni inconsuete)
chi si recasse in questi giorni in corso di porta ticinese, a milano, nei pressi della chiesa di sant'eustorgio, vedrebbe nella vetrina di un negozio di scarpe questo insolito abbinamento calzature-libri antichi veri (allorquando, e accade spesso, i vetrinisti decidono di usare i libri per i loro scopi estetici normalmente si tratta di volumacci di cui a nessuno importa un fico): le scarpe sono a cura del negozio di scarpe, i libri sono della serissima libreria Alfea Rare Books, la cui sede è nella vicina via scaldasole. una collaborazione di quartiere, insomma, inedita per la distanza tra i prodotti proposti. mi chiedo quanto desiderio di acquistare libri instillerà questa vetrina nei passanti (augurandomi che accada), e mi rammarico di non essere andata a verificare se nella vetrina di Alfea, tra una cinquecentina e l'altra, ci fosse in questo periodo un bel paio di stivali.
albanacco_choderlos de laclos
"Taranto, lunedì 11 luglio 1803
Cara amica,
Da due giorni, riceviamo come ospite nel nostro palazzo, il Generale Laclos. Vi vedo già sorridere, cara amica, alla notizia che l'autore delle "Relazioni pericolose" dimori nella nostra casa. Non vi dovete ingannare. Credo, difatti, che sia stato versato molto veleno su questo povero Laclos e non vedo in lui niente del truce Valmont. È un uomo di alta statura, di bell'aspetto, ma dagli occhi sognanti. È arrivato in questa casa con molta stanchezza e un po' malato. Gli abbiamo fatto trovare le pietanze più fresche e più delicate, ma non dimostra un grande appetito. È molto discreto e riservato. Torna la sera, cena leggermente e passa il resto del tempo a scrivere lunghe lettere alla sua amata sposa. Vedete, dolce amica, quanto la brutta fama di questo libro abbia potuto nuocere alla carriera di questa persona. Lo hanno accusato della stessa malizia di Monsieur De Sade. La regina Maria Antonietta non fece scrivere il suo nome, né il titolo del romanzo sulla copertina dell'esemplare che possedeva. Il Generale Laclos è stato sconfessato dalla nobiltà francese che si è rifiutata di riconoscersi sotto i tratti dei suoi personaggi. Ieri sera abbiamo avuto una lunga conversazione. Mio marito l'aveva accompagnato per fare alcune spese per la sua famiglia. È tornato apparentemente soddisfatto e ci ha ringraziati dei doni ricevuti. Per sua moglie abbiamo pensato a un paio di guanti di lana pinna. Il Generale Laclos mi ha detto che i dintorni di Taranto sono molto belli, ma che non riesce a capire perché la città stessa è così sporca e maleodorante. Giudicando dall'eccellente qualità e manodopera dei guanti, mi ha comunicato il suo stupore che non esista una fabbrica di bisso e che il lavoro sia fatto interamente a mano dalle donne dei pescatori. Peccato che un lavoro così perfetto non sia più conosciuto e meglio sfruttato. Ciò gli ha fatto pensare a se stesso, ha aggiunto. Il suo destino è stato sempre quello di lavorare sotto il nome di altri. L'ho trovato un poco melanconico: sua moglie e i suoi figli gli mancano, profondamente. Mi ha mostrato il ritratto di sua moglie, chiuso all'interno di un medaglione. È adorabilmente carina, bruna, lo sguardo scuro ma vivace, molto più giovane del Generale. Mi ha detto che si rallegrava ogni giorno di averla incontrata e che ella sola gli dava felicità. Vedete, cara amica, come è innamorato il Generale Laclos.
La vostra amica Baronessa Teresa de Sinno."
Pierre-Ambroise-François Choderlos de Laclos, l'autore della Liaisons dangereuses, compirebbe oggi 270 anni. sono molto fiera di provenire dal luogo in cui lui è morto, per quanto non possa fare a meno di rilevare che i suoi commenti sulla città sporca e maleodorante si potrebbero applicare a tutt'oggi a una serie di zone dell'ameno loco dei due mari. con la contemporanea aggravante del cancro da italsider.
studenti con allure
milano, metropolitana verde, fermata stazione centrale. dalla tasca del blazer di questo giovane uomo, assai glamorous nel suo cappelluccio quadrettato, spunta la copertina rossa di una Grammaire italienne facile.
godibili duetti_schnabel e lartigue
chi ama la fotografia amerà senz'altro le due mostre in corso allo spazio Forma di Milano, le polaroid di Julian Schnabel e "La scelta della felicità" di Jacques Henri Lartigue, due piccoli gioielli che valgono tutti i sette euro che si spendono per accedere a entrambi. delle polaroid di Julian ho adorato i ritratti (uno straordinario Mickey Rourke, Christopher Walken, Lou Reed),
di Jacques Henri il ritratto di Deni, fresco padre e autentico ritratto di una estatica felicità. in mostra, di Lartigue, ci sono anche i cosiddetti album: una serie di taccuini su cui il fotografo annota immancabilmente il tempo atmosferico della giornata, attacca immagini, produce il corrispettivo disegnato delle immagini che ha scattato ma minuscolo: persone, cani in movimento, barchette sospinte da un improvviso forte vento nello spazio di un centimetro quadro.
la felicità di Lartigue mi fa pensare a quella di Wodehouse, e in effetti li separano solo tredici anni (nato nel 1881 Wodehouse, e nel 1894 Lartigue): con tutta evidenza, da una sponda all'altra della Manica, i due si parlavano.
Jacques Henri Lartigue, Deni e suo figlio, Parigi, 1944 |
la felicità di Lartigue mi fa pensare a quella di Wodehouse, e in effetti li separano solo tredici anni (nato nel 1881 Wodehouse, e nel 1894 Lartigue): con tutta evidenza, da una sponda all'altra della Manica, i due si parlavano.
bookfast (writers for breakfast)_lewis carroll
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“Stavo così bene a casa!”, pensò la povera Alice, “senza diventar grande o piccola e sentirmi comandare dai sorci e dai conigli. Ah; se non fossi discesa nella conigliera!... e pure... e pure... questo genere di vita è curioso! Ma che cosa mi è avvenuto? Quando leggevo i racconti delle fate, credevo che queste cose non accadessero mai, ed ora eccomi un perfetto racconto di fate. Si dovrebbe scrivere un libro sulle mie avventure, si dovrebbe! Quando sarò grande lo scriverò io... “Ma sono già grande”, soggiunse afflitta, “e qui non c’è spazio per crescere di più. Ma come”, pensò Alice, “non sarò mai maggiore di quanto sono adesso? Da una parte, sarebbe un bene non diventare mai vecchia; ma da un’altra parte dovrei imparare sempre le lezioni, e mi seccherebbe! Ah sciocca che sei!”, rispose Alice a sé stessa. “Come potrei imparare le lezioni qui? C’è appena posto per me! I libri non c’entrano!”
giovedì 13 ottobre 2011
bookfast (writers for breakfast)_balzac
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La prostituzione e il furto sono due proteste viventi, maschio e femmina, dello stato naturale contro lo stato sociale. Sicché i filosofi, i novatori attuali, gli umanitari, seguiti dai comunisti e dai discepoli di Fourier, senza accorgersene giungono a queste due conclusioni: la prostituzione e il furto. Il ladro non mette in discussione, in libri sofistici, la proprietà, l’eredità, le garanzie sociali: egli le sopprime d’un colpo. Per lui rubare è rientrare in possesso di ciò che gli appartiene. Non discute il matrimonio, non lo accusa, non chiede, in utopie stampate, questo stretto legame delle anime, impossibile a realizzarsi: si accoppia con una violenza simile a una catena i cui anelli sono incessantemente rinsaldati dal martello della necessità. I novatori moderni scrivono delle teorie famose, contorte, o dei romanzi filantropici; ma il ladro è pratico! È chiaro come un fatto, logico come un pugno. E che stile!...
mercoledì 12 ottobre 2011
ristoranti e trattorie
perché poi, mi dice l'illustre collega cosimo grieco da taranto mentre siamo impegnati in una colta conversazione telefonica sui quotidiani nostrani, ci sono queste periodiche campagne del "manifesto" sulla sua morte imminente, che ti inducono a comprarlo almeno una volta all'anno. poi tu vai in edicola e scopri che quei quattro fogli costano, poniamo, un euro e ottanta oppure due euro: che è come andare al ristorante – avevi fame, hai speso molto e non hai mangiato niente. altro che quella bella trattoria della "repubblica", che non si riesce neanche a finire per quanto è corposa. se poi ti va proprio male, continua, nel "manifesto" c'è un articolo di rossana rossanda, proverbiale per la sua incapacità di comunicare. perché, allora, continua grieco, dovremmo sempre ricordarci del catechismo che abbiamo studiato e tendere la mano a chiunque? noi dobbiamo soccorrere chi più può esserci utile [grasse risate e clic.]
lettrici forti
mia madre era iperattiva, affetta da horror vacui dell'azione. con un'unica eccezione: il giorno dell'Assunzione della Vergine.
"ah, io a ferragosto in casa non faccio mai nulla."
"ah. e come mai?"
"leggo sempre un libro intero, tutto in un giorno. lo scorso ferragosto ho letto Quo Vadis. l'ho preso su una bancarella, al mercato, un bel libro vecchio."
"ah, io a ferragosto in casa non faccio mai nulla."
"ah. e come mai?"
"leggo sempre un libro intero, tutto in un giorno. lo scorso ferragosto ho letto Quo Vadis. l'ho preso su una bancarella, al mercato, un bel libro vecchio."
lunedì 10 ottobre 2011
bookfast (writers for breakfast)_gobetti
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[qui il ms. risulterebbe interrotto].
Quattordici ore di lavoro al giorno tra tipografia, cartiera, corrispondenza, libreria e biblioteca (perché l’editore dev’essere fondamentalmente uomo di biblioteca e di tipografia, artista e commerciante) non sono troppe anche per il mio editore ideale. L’importante é ch’egli non debba aver la condanna del nostro pauperismo, non debba vivere di ripieghi tra le persecuzioni del prefetto, il ricatto della politica attraverso il commercio.
Penso un editore come un creatore. Creatore dal nulla se egli è riuscito a dominare il problema fondamentale di qualunque industria: il giro degli affari che garantisce la moltiplicazione infinita di una sia pur piccola quantità di circolante. Il mio editore ideale che con una tipografia e un’associazione in una cartiera controlla i prezzi; con quattro librerie modello conosce le oscillazioni quotidiane del mercato, con due riviste si mantiene a contatto coi più importanti movimenti d’idee, li suscita, li rinvigorisce, non ha bisogno di essere un Rockefeller. La sua forza finanziaria deve esser tutta nella sua capacità di moltiplicare gli affari.
Il mio editore stampa collezioni, trova i competenti dove sembra che non ci siano, può creare una storia universale, un’enciclopedia...
Basta che egli sia stato logico; non abbia fatto transazioni coi suoi principi di uomo colto, che pubblico e scrittori siano sicuri di lui. Un paese in cui ci fossero tradizioni, che non si debba improvvisare come succede a noi, la potenza di un editore antico è praticamente illimitata. Paravia e Sonzogno in Italia possono fare ciò che vogliono. È un peccato che si siano dedicati soltanto alle edizioni scolastiche e alla divulgazione corrente.
* * *
Il centro della crisi del libro dunque è la crisi dell’editore. In Italia non si crede all’editore. Quasi tutti gli editori sono tipografi o librai...
L’amico Ferrari, uno dei più intelligenti librai d’Italia, ha sollevato le ire dicendo che non ci sono editori in Italia...
[…]
Se il discorso si riferisce soltanto all’Italia, l’Italia non ha crisi libraria: voglio dire che la produzione non è diminuita né peggiorata in confronto ad altri periodi della nostra storia intellettuale. La crisi è sempre esistita e continuerà se si paragona la qualità e la quantità della nostra produzione editoriale con quella dei paesi civili, specialmente Germania, Francia, Inghilterra. (In Bulgaria, in Svezia, in Cecoslovacchia, La pace di F. Nitti si è venduta due volte più che in Italia, dunque proporzionalmente col numero degli abitanti 8, 15, 20 volte più che in Italia: e bisogna aggiungere che nel 1925 La pace di Nitti è la più alta tiratura del libro politico raggiunta in Italia).
Il nostro commercio librario, dicono, non è bene organizzato, i dazi doganali sulla carta e sulle macchine tipografiche pesano due volte sul prezzo del libro, non sappiamo esportare nell’America del Sud ecc. ecc. ecco tante ragioni della crisi che è più vecchia delle tesi del Bonghi e del Martini sull’impopolarità della letteratura e l’inesistenza del teatro italiano. Il libro di cultura in Italia si stampa normalmente in 2.000 copie, in Germania in 5.000; la prima edizione di un nostro romanzo importante è di 5.000 copie, in Francia di 20.000; l’edizione italiana della Storia di Cristo ha toccato 100.000 copie, le edizioni americane quasi 1.000.000 di copie.
La verità è che paragonata colla cultura europea moderna l’Italia manca di autori, di editori, di librai, di pubblico.
diritti espressivi per tutti
[la sottolineatura è dell’autore della mail. un signore piuttosto conosciuto per essere l’editor di un supplemento culturale]
Revisione testo editato
nomecognome@libero.it < nomecognome @libero.it> 21 settembre 2011 12:03
Rispondi a: "nomecognome@libero.it"
A: aa@gmail.com
Gentile AA,
come da accordi telefonici aggiungo all'ultima versione corretta del mio testo un paio di osservazioni in vista della composizione:
1) L'esergo, e i testi delle poesie incolonnate dentro il saggio, vanno in corpo minore
2) La nota n. 42 va sistemata così: [seguono istruzioni]
3) Problema virgolette. Capisco l'esigenza delle norme tipografiche dell'editore, però l'eliminazione delle virgolette semplici alte, o apici ( ' ...'), che lei mi ha sistematicamente cambiato in doppie ("...") toglie non poco al senso del mio discorso, specie in alcuni casi: passi per la normalizzazione delle virgole basse nelle citazioni («...»), ma quelle alte semplici ( '...' ) rispondono oltretutto a precisi criteri scientifici adottati e condivisi in tutto il mondo dai latinisti. E questo è un testo che parla anche a loro.
Si può fare qualcosa in proposito? Si tratta di una decina di casi, che non altererebbero affatto il sistema di base adottato dall'editore, semmai lo integrerebbero. Credo si tratti di un diritto espressivo che dovrebbe essere garantito all'autore del saggio.
Grazie per la disponibilità,
Nome Cognome
sabato 8 ottobre 2011
cosedalibri per vitedalibri
per celebrare degnamente l'autunno che marcia a grandi passi a spegnere l'incandescente estate 2011, niente di meglio che leggere gli ultimi fuochi della stagione nel minireportage francese di vitedalibri, che comincia qui. per i francesisti e amanti dei formaggini francesi: godetevi il titolo della libreria "la vache qui lit": fa-vo-lo-so.
l'editing di faccio testo_malick sidibé
Malick Sidibé |
Malick Sidibé è un fotografo maliano eccezionalmente dotato per i ritratti, che in Mali è nato e in Mali da sempre risiede, nel suo laboratorio di Bamako. A breve su Malick sarà pubblicato un libro con testi di Sabrina Zannier, Laura Serani e Laura Incardona, per i tipi di Skira editore. Il volume sarà presentato a Venezia il 26 novembre, presso la Fondazione Claudio Buziol. L'editing del libro, in italiano, inglese e francese, è stato affidato a Faccio Testo.
Dice Laura Serani: " La fotografia africana – per quanto, considerate le tante realtà del continente, sia difficile generalizzare – si è ... sviluppata in molte altre direzioni, dalla fotografia documentaria a quella creativa, con una presenza crescente sulla scena africana e internazionale, grazie a varie iniziative tra le quali, manifestazione più importante di tutte, i “Rencontres de Bamako”, la biennale africana dell’immagine creata nel 1994.
...
Memoria visiva del Mali, Sidibé ha ritratto senza sosta la società maliana a partire dai primi anni sessanta.
Facciamo un passo indietro.
1960: la maggioranza dei paesi africani, dopo il Ghana nel 1957, ottiene l’uno dopo l’altro l’Indipendenza. Il 22 settembre il Mali, ex Sudan francese, proclama l’indipendenza, rompe con la Francia e si orienta verso i paesi socialisti.
Come in tutto il continente africano, la libertà conquistata alimenta grandi speranze di sviluppo economico e progetti di unione panafricane. L’avvenire è tutto da costruire.
La gioventù è in prima linea, il sentimento di libertà invade la sfera privata, dai grin1 di quartiere nascono i club, la musica europea e americana fa da colonna sonora alla trasformazione della società. Si balla notte e giorno, nei surprise parties, le surpat’, nei cortili delle case, all’aperto nei bals poussière, o in occasione dei pic-nic domenicali organizzati sulle rive del Niger, al ritmo dei 33 giri importati, della chitarra di Kar Kar o del suo famoso Mali twist diffuso da Radio Mali, la radio dell’indipendenza.
Una Venere ska di Malick Sidibé, fotografata di spalle |
Allora giovane reporter, Sidibé diventa il fotografo della gioventù dell’indipendenza e un testimone attento del cambiamento.
Nel corso degli anni, nel suo studio è passata tutta Bamako; non c’è festa a cui Malick non sia invitato. “Prière de nous honorer de votre présence”: dalla sua presenza, come da quella del suo amico Garrincha, grande collezionista di dischi e disc jockey ante litteram, ne dipende la riuscita. Troppo timido per ballare ma impareggiabile nel rendere twist, slow e rock and roll in immagini, Malick Sidibé segnala il suo arrivo con un colpo di flash e alterna snapshot e ritratti in posa, seguendo il ritmo delle serate."
Ditemi voi se l'allure di questi ritratti non restituisce un inequivocabile, intenso profumo di ska.
robi, ci avevano già pensato nel 1776
"We hold these truths to be self-evident, that all men are created equal, that they are endowed by their Creator with certain unalienable Rights, that among these areLife, Liberty and the pursuit of Happiness. That to secure these rights, Governments are instituted among Men, deriving their just powers from the consent of the governed, That whenever any Form of Government becomes destructive of these ends, it is the Right of the People to alter or to abolish it, and to institute new Government, laying its foundation on such principles and organizing its powers in such form, as to them shall seem most likely to effect their Safety and Happiness. […]".
meno male che c'è "la repubblica”, che si fa anticipare da roberto saviano il senso del suo originale intervento (dirò di più, videointervento: a me i videointerventi mi danno i brividi) in occasione della manifestazione di "libertà e giustizia" che avrà luogo oggi a milano, all'arco della pace (scopo: fare cadere il governo e "rimettere insieme i lembi stracciati di dignità e diritti, certezze e valori"). e cosa dice di eccitante questo lugubre abatino buono per tutte le manifestazioni buone? ecco: "Questo governo da lungo tempo è politicamente finito, ma questa lunga agonia si regge sull'incapacità di coinvolgere un nuovo grande e trasversale consenso popolare in nuovi progetti, in riforme credibili. Non ci resta altro che osare di più dinanzi a questa ossidata quotidianità che sembra immutabile, per scorgere ancora una possibilità di bene e dargli spazio. Sul brandello di stoffa vorrei scriverci come diritto da difendere: "il diritto alla felicità", ora manca ovunque e spesso coincide, per meridionali e più in genere italiani, con l'emigrazione". yummi, spazio al nuovo con parole nuove detto.
concorrenza
cosa pensava di fare, l'individuo di spalle che, armato di cellulare, fotografava qualche mattina fa le vetrine della libreria rizzoli in galleria vittorio emanuele? forse di fare concorrenza alla spiona par excellence?
che il pianeta vada in malora
le lampadine a basso consumo sono tristi quanto il neon che illuminava (si fa per dire) la cucina di mia nonna. e i sacchetti al mais si scassano appena ci infili un litro di latte.
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